Spotorno, il pittore poeta
Prima che chiuda, troppo presto, il 7 dicembre, vale la pena non lasciarsi sfuggire l’opera di un pittore-poeta qual è Guglielmo Spotorno, alla Fondazione Stelline di Milano.
In una interessante esposizione dei lavori, dagli anni Settanta ad oggi su tela e su carta, la poetica del nostro artista si dipana come un sussulto di attimi presenti mai abbastanza colti, eppure sempre nella tensione di raggiungerli e di fermarvisi. Se guardo La tana del 1975 vedo nel ghirigoro di forme marine e di pesci la fatica e l’ansia di raggiungere un posto fisso, rappresentato dall’oculo celeste che è allo stesso tempo luogo sottomarino e apertura verso una luce lunare, riempita di tinte pastose e violente.
Se passo all’Armonia e silenzio del 1980 la trama grigia del flusso di forme, come pianeti che si rincorrono a incontrarsi, non mi trasmette pace, ma una sottile angoscia. E se poi mi soffermo di fronte alla Vanità del 1989, scopro una interconnessione di forme viaggianti dalle tinte acute – verdi, rossi, rosa – su sfondi neutri in corsa in uno spazio impazzito: cercando cosa?
Spotorno non si arresta. L’uomo al computer del 2011 è un lividore bianco di forme elettriche appena accennate, disegnate quasi, dove è tutto uno zigzagare meccanico di moti e di linee: l’uomo al computer è vibrazione in fuga, elettricità: ma dov’è finita l’anima?
Che desiderio di libertà! Ed ecco Freedom del 2012, girandola bellissima, aerea di sottili linee e delicatissimi colori, un canto agli spazi incontaminati di un’anima forse ritrovata, di una innocenza per un attimo raggiunta. Fino a quelle Trasparenze marine del 2014 dove la pittura, liberata dall’ansia, si fa poesia lirica, incantamento azzurro, che certo ricorda Monet, ma per Spotorno è solo occhi blu, macchie dove cielo e mare sono un’unica cosa. Bellissimo. Da non perdere.
(Catalogo Fondazione Stelline)