Spiritualità di comunione e dialogo interreligioso
Alcuni fatti
Questa esperienza è iniziata e, da principio, si è diffusa in aree tipiche per la presenza di una o dell’altra di queste religioni: il Maghreb, il Giappone e
Da dove nasce tutto questo? La risposta è semplice: da un carisma! Porta, quindi, con sé tutte le caratteristiche di un dono di Dio e alla luce di queste cerchiamo di leggere il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari.
Sorpresa e profezia
Il dialogo interreligioso non è, dunque, un progetto, ma piuttosto una profezia che si sta realizzando passo passo. Un esempio. Il 16 dicembre del
Dialogo interreligioso e unità
Un carisma offre una sua lettura tipica del messaggio di Cristo e quella del Movimento dei Focolari può essere sintetizzata nella parola unità, la realizzazione, attraverso la pratica dell’amore evangelico, della preghiera di Gesù: “Padre, che tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21). Qui stanno la finalità e la chiave della spiritualità di comunione, che porta tutte le caratteristiche della fisionomia ecclesiale, emersa dal Concilio. È una spiritualità che offre una sua visione dell’umanità che Chiara esprimeva ancora nei primissimi tempi della sua nuova esperienza: “Puntare sempre lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi, guardare le creature tutte, come figli dell’unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e con l’affetto del cuore ogni limite posto dalla natura umana e tendere costantemente, per abitudine presa, alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio”[6].
Era una scoperta, ma anche un impegno e un programma di vita: la fratellanza universale e l’unità. Dall’idea dell’unità della famiglia umana nasce e si sviluppa una metodologia dialogica che si fonda soprattutto sull’arte di amare, che si ispira alla regola d’oro, presente in ogni tradizione religiosa e alla vita delle rispettive scritture. Non solo. Questo richiede una scoperta ed una scelta di Dio che è amore ed un immediato impegno a fare la sua volontà. L’amore se vissuto è destinato a diventare reciproco e con questo merita la presenza di Cristo nella comunità con i doni dello Spirito. Proprio il formare quelle che i Padri definivano piccole chiese, perché vere fraternità di amici che si amano e che hanno il Salvatore presente fra loro, ricorda la vocazione di Maria, che ha generato Gesù e lo ha donato al mondo. Infine, l’amore richiede spoliazione, vuoto interiore, capacità di morire a se stessi e questo non è possibile senza una scelta radicale ed un’identificazione costante con Gesù in croce che grida l’abbandono dal Padre.
Questi, insieme all’Eucarestia, sono i dodici capisaldi della spiritualità di comunione[7], che hanno una forte valenza dialogica, come confermava
Si tratta, quindi, di una vita che dà testimonianza: “Una convinzione, infatti, che ci siamo fatti in questi decenni di dialogo, è che ciò che si aspettano da noi le persone di altre religioni, è soprattutto una testimonianza concreta di questo amore attinto direttamente al Vangelo, che tutti accolgono quasi fosse la risposta alla connaturale vocazione all’amore di ogni essere umano”[9].
Risposte alle istanze del mondo contemporaneo
In Terra Santa, il Movimento è presente dal 1977 e si è diffuso prima fra i cristiani e, più tardi, fra ebrei e musulmani. Durante il conflitto di Gaza a cavallo del 2008 e 2009, accanto a terribili ferite riaperte, un rabbino, un imam ed un prete cattolico hanno invitato le loro rispettive comunità a pregare e a credere alla pace. L’esperienza si è approfondita durante le vacanze estive, quando un gruppo composto di rappresentanti delle tre religioni trascorre, da due anni, vari giorni insieme, costruendo ponti di comprensione e fraternità: un microcosmo, ma una cellula viva che permette la speranza.
In Italia, il rapporto fra l’Islam e la cultura locale viene percepito come un potenziale detonatore di violenza. In varie città si sono stabiliti rapporti di amicizia, che si arricchiscono della diversità, favorendo la stima reciproca. Si sono organizzate iniziative mettendo alla base di ogni evento la fraternità universale e la “Regola d’oro”. “Importante – raccontano – l’esperienza tra noi, musulmani e cristiani: le difficoltà superate insieme sono state un’occasione per conoscerci ed apprezzarci nella nostra identità.” Un imam ha dichiarato: “Con Chiara Lubich e il suo Movimento, anch’io ho imparato a scommettere sull’unità della famiglia umana, a non arrendermi alla logica amico-nemico, a guardare all’altro con la certezza che vi troverò qualcosa di buono e di importante”. Recentemente, nella cittadella di Loppiano 600 cristiani e musulmani, residenti nel nostro Paese, hanno trascorso una giornata per una valutazione di queste esperienze, coscienti del contributo che possono portare per favorire l’integrazione.
Il problema etnico è venuto in particolare evidenza negli Stati Uniti, quando Chiara Lubich, donna, cristiana e bianca, fu invitata dall’imam W.D. Mohammad, leader carismatico dei musulmani afro-americani, a rivolgere il suo messaggio ai fedeli riuniti nella Moschea Malcolm X ad Harlem. “Oggi qui ad Harlem,
La globalizzazione ha ormai avvicinato Oriente ed Occidente e la sensibilità della cultura greco-giudaico-cristiana, di cui l’Europa è figlia, a quella nata dalle radici plurimillenarie delle culture dell’Asia. In questo ambito il dialogo aperto da Chiara Lubich ha una sua valenza. Durante un soggiorno nella cittadella di Loppiano, vicino Firenze, due monaci del buddhismo therawada della Thailandia hanno avuto un contatto vitale con il cristianesimo, cogliendo nella categoria dell’amore il suo vero specifico. Al ritorno nel Sud Est Asiatico hanno comunicato le loro scoperte. Sono caduti pregiudizi e timori e
I frutti del dialogo interreligioso
Fra i risultati dell’esperienza interreligiosa di questi anni due costituiscono una costante: l’approfondirsi del rapporto con Dio o l’Assoluto e quello che, in termini cristiani, potremmo definire lo sperimentare i frutti dello Spirito.
Un rabbino di New York, al termine di un convegno, affermava di aver imparato che “l’incontro con Dio consiste nella nostra capacità di amare l’altro, e non tanto in quello che crediamo sul piano intellettuale o teologico”. Un eco che troviamo in una giovane buddhista giapponese che confessava di aver avuto la conferma che nel cuore c’è Dio-Buddha: “Ho sentito per la prima volta la sua presenza dentro di me”.
Ovviamente la presenza di Dio porta gioia, entusiasmo, pace e luce per una nuova comprensione delle proprie Scritture: sono i doni dello Spirito. Si tratta di un dialogo non superficiale, come notava un monaco, vicerettore dell’università buddista di Bangkok: “Qui si dialoga con la parte più essenziale della propria fede”. Quanto un rabbino ha comunicato al simposio ebraico-cristiano di Gerusalemme, può essere una chiave riassuntiva di lettura dei frutti fin qui descritti. Non è “una forma di simbiosi, e nemmeno un superamento o la negazione della sua identità. Si tratta, piuttosto, di riconoscere e di ancorarsi nella propria spiritualità più profonda per incontrare l’altro anche lui nella sua spiritualità più profonda”.
Conoscere la propria fede più profondamente
Rispetto per le differenze e attenzione ad evitare la tentazione di pericolose confusioni per costruire una pseudo-religione universale, sono aspetti del dialogo che portano ad approfondire la propria tradizione. Ognuno si trova impegnato ad andare alla radice della propria fede.
È l’esperienza di una dottoressa omeopata ed insegnate di yoga, che non esita a dichiarare che l’esperienza del dialogo l’ha aiutata a “diventare una indù migliore e a scoprire più profondamente la [sua] religione”. Una coppia ebrea di Tel Aviv, ammette: “L’interesse nella nostra tradizione giudaica e nella sua storia ha cominciato a risvegliarsi con il nostro incontro con il Focolare”. Una giovane buddhista racconta che, dopo aver incontrato giovani cristiani che gli hanno proposto di vivere la “Regola d’oro”, attraverso l’arte di amare, ed aver cercato di viverla per anni, ha progressivamente sentito di “aver ricevuto una luce che mi aiuta a capire ancora più profondamente la mia religione”.
Anche una dei leaders dei Focolari a Chicago, impegnata nel dialogo con vari gruppi di musulmani afro-americani, sottolinea come, vedendo pregare, la mattina presto, tutti i figli di un imam – persino un piccolo di quattro anni – abbia avvertito il desiderio di migliorare la sua vita di preghiera come cristiana: “Questo rapporto di dialogo tende a fare dei cristiani dei veri cristiani e dei musulmani dei veri musulmani”. Le fa eco una studentessa universitaria, che, al termine di una esperienza di dialogo con un gruppo di coetanei buddhisti, affermava: “Mi ha colpito il loro bellissimo rapporto con Buddha e ho capito che anch’io come cristiana devo dare la priorità a mantenere il rapporto personale con Dio”. Ma ci sono anche altri frutti.
La fratellanza universale è possibile
L’apertura al “diverso”
Un secondo elemento è l’apertura verso l’altro che, spesso dopo aver superato ostacoli e difficoltà, diventa un atteggiamento di vita, come sottolineava un rabbino: “Non si tratta di convincere l’altro o di essere d’accordo su tutto quanto egli dice. È piuttosto accettare che può pensare diversamente da come penso io. Il punto è credere nella possibilità dell’altro”[10].
In questo spirito e prospettiva, inizialmente si comunicano esperienze personali, difficoltà familiari e, successivamente, sempre più si comincia ad aprirsi su problemi di grande respiro e su questioni scottanti e delicate, che coinvolgono le religioni, le culture, i leaders religiosi, i luoghi comuni o gli stereotipi che si hanno gli uni degli altri. Tutto questo porta una crescente fiducia nell’altro e nella sua fede e tradizione religiosa.
A conferma, un episodio personale, legato alla questione, in Asia assai delicata, delle conversioni. Nel maggio del 2006 alcune frasi di Benedetto XVI, in occasione della presentazione delle credenziali dell’Ambasciatore indiano presso
Crollo di idee preconcette
L’approccio fondato sulla “Regola d’oro” ha, inoltre, progressivamente contribuito al crollo d’idee erronee e preconcette sulle religioni ed i rispettivi seguaci. Momenti di dialogo e di comunione, infatti, favoriscono la possibilità di comprensione di certi atteggiamenti dell’altro, delle sue idee, delle tradizioni e anche dei suoi modi di esprimere la sua fede, lontano dagli stereotipi e delle generalizzazioni che circolano. Durante un programma di formazione per teen-agers, al termine della visita ai rispettivi luoghi sacri (moschea, chiesa, gurudwara sikh e tempio indù), un ragazzo indù commentava: “Mi hanno sempre detto che i musulmani sono terroristi, ma oggi visitando la moschea e vedendo come pregavano, mi sono detto che nella vita non potrò mai più pensare qualcosa del genere”.
Lo stesso cristianesimo è spesso visto in Asia come una religione protagonista di proselitismo. Una figura gandhiana di spicco non nasconde che l’esperienza di dialogo ha contribuito “ad eliminare gli errori commessi dal Cristianesimo in India. È un’esperienza che porta a pieno compimento la potenzialità del nucleo centrale della predicazione di Gesù”[11].
Riconoscimento delle differenze
Quando fondato su esperienza di vita, sul rispetto reciproco e sulla fiducia dell’altro, il dialogo, sebbene capace di mettere in evidenza comunanze, non porta alla confusione delle credenze, ma fa emergere diversità con fratelli e sorelle di altre tradizioni. Esse, in questo spirito, non costituiscono un ostacolo, piuttosto un arricchimento ed un invito al rispetto della fede e della tradizione dell’altro per quello che è.
Lo esprime bene la responsabile della sezione femminile della comunità islamica di Verona, che, alla luce dell’esperienza di collaborazione con donne cristiane, riconosce di scoprire sempre più di appartenere ad “una fede diversa”, cosa che, tuttavia “non ostacola il rapporto, ma semmai è un incentivo per farlo crescere e anche per vivere meglio la propria religione”. Altrettanto stimolante la riflessione dell’ebreo di Chicago, che, a fronte della proposta di dialogo nello spirito della comunione, si è posto delle domande fondamentali: “C’è un precetto nella Torah che dice che un ebreo dovrebbe impegnarsi nel dialogo interreligioso?”. La risposta a queste domande ha cominciato a trovarla lui stesso: “Il dialogo interreligioso è stato un processo di riscoperta della mia voce come voce ebraica”.
Il dialogo contribuisce, poi, ad un risanamento del tessuto sociale, guarendo tensioni, lenendo ferite ed integrando comunità tradizionalmente in conflitto o in costante stato di tensione reciproca. È quanto si sta notando, soprattutto, in Europa dove, con i recenti flussi migratori le tensioni sociali continuano a crescere.
La mano dello Spirito
Rileggendo l’esperienza di dialogo che i Focolari hanno vissuto in questi decenni si nota una consonanza con documenti ufficiali della Chiesa, da Ecclesiam suam a Nostra aetate, da Evangelii nuntiandi, a Redemptoris missio ad altri interventi dei Papi, che confermano quella co-essenzialità di cui parlava Giovanni Paolo II fra il profilo petrino e quello mariano, fra gerarchia e carisma. Ma c’è un fatto, in un certo senso, ancor più sorprendente.
Il dialogo che si è stabilito fra i Focolari e seguaci di altre religioni è, spesso, avvenuto attraverso la mediazione di movimenti di rinnovamento spirituale, nati e cresciuti in seno alle rispettive religioni. È stato così con il movimento giapponese della Rissho Kosei-kai (Rkk), per quanto riguarda il buddhismo mahayana, e con i seguaci dell’imam W.D. Mohammad in seno all’Islam afro-americano e con varie realtà del movimento gandhiano, che costituisce un fenomeno, non solo socio-politico che ha portato all’indipendenza dell’India, ma anche una rilettura dell’induismo stesso.
Sono fenomeni, che ricordano una nuova fase di quelli che Jasper ha definito “periodi assiali” nella storia dell’umanità, ed offrono un terreno fertile per lo sviluppo del dialogo interreligioso anche grazie ad alcune caratteristiche comuni. Nati, infatti, nel XX secolo hanno elementi che tendono a rispondere alle problematiche del mondo d’oggi. Sono fondati e diretti da laici che non si pongono in contrapposizione con le diverse autorità religiose delle proprie tradizioni, ma che, tuttavia, contribuiscono a popolarizzare la rispettiva fede fra la gente comune. Mettono una particolare attenzione all’aspetto comunitario. I rispettivi fondatori hanno avuto e continuano ad avere un’autorità carismatica, riconosciuta dai seguaci e ne costituiscono il punto di riferimento, oltre che un modello di vita. Si tratta di filoni di spiritualità che hanno una notevole incidenza su politica, vita sociale, mass-media, pedagogia, economia ed arte.
Il rapporto fra questi movimenti è stato, spesso fin da subito, di stima e fiducia. Nel
È un fenomeno che fa pensare ad una mano dall’alto che guida la storia, ad un’azione dello Spirito. Proprio lo Spirito è il protagonista della nostra esperienza di dialogo. È lo stesso Spirito, infatti, che, come accennato, lega l’aspetto carismatico e quello istituzionale della Chiesa e, forse, non è azzardato riconoscere nello stesso Spirito colui che ha suscitato movimenti di spiritualità in altre religioni per un incontro che aiuti a camminare davvero verso la fratellanza universale. D’altra parte, come affermava Chiara Lubich, nel dialogo nato dall’esperienza del Movimento “l’elemento decisivo e caratteristico è l’amore, l’amore diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Amore che trova un’eco spontanea ed immediata nelle altre religioni e culture”[13].
[1] Cf. Statuti generali dell’Opera di Maria, art. 6.
[2] Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi Amici del Movimento dei Focolari, 16 febbraio 1994.
[3] M. Zanzucchi – O. Paliotti, Chiara Lubich, il cielo e l’umanità, Città Nuova,
[4] C. Lubich, Possono le religioni essere partners sul cammino della pace?, intervento all’assemblea del Movimento Iniziativa e rinnovamento, Caux (Svizzera), 29.07.2003 (da manoscritto non pubblicato)
[5] Id., Incontri con l’Oriente, op. cit., p. 37.
[6] Id., L’arte di amare, op. cit., p. 29
[7] Cf. Statuti generali dell’Opera di Maria, art. 8.
[8] C. Lubich, Quale futuro per una società multiculturale, multietnica e multireligiosa?, in Nuova Umanità 37 (2005/6) n. 162, pp. ???.
[9] Id., La mia esperienza nel campo interreligioso: punti della spiritualità aperti alle religioni, discorso alla celebrazione dei Vespri in Duomo, Aachen (Germania), 13 novembre 1998.
[10] Cf. Editorial, in Gen’s Magazine, XV (2007) 3, pp. 1-4.
[11] Cf. AA.VV., Twenty five Years of the Focolare Movement in India, Focolare Movement –
[12] C. Lubich, Incontri con l’Oriente, op. cit., p. 192.
[13] Id., La mia esperienza nel campo interreligioso: punti della spiritualità aperti alle religioni, cit.