Spirito di Assisi, spirito di Wojtyla
«Su una tavola uno dei condannati a morte aveva inciso con le unghie una sola parola: vendetta». Le parole dell’anziano rabbino Lau Meir, sopravvissuto di Buchenwald, risuonano solenni nel silenzio di Birkenau. «Ma quale dev’essere la nostra vendetta?». Un interrogativo che provoca. «Stamattina alle sette – continua – sono stato svegliato da una telefonata. Era mia nipote: “Nonno, ti ho appena dato una bellissima nipotina”. Questa è la nostra vendetta. È l’annuncio che, nonostante Auschwitz e Birkenau e tutti gli stermini, la vita continua». Le parole scolpiscono nei cuori un messaggio di speranza, quella speranza che Auschwitz parrebbe negare.
La “carovana della pace”, come la Comunità di Sant’Egidio ama chiamare il suo progetto di mantenere vivo e diffondere lo “spirito di Assisi” del 1986, è passata da Cracovia e Auschwitz, nel ricordo del conflitto iniziato il 1° settembre di settant’anni fa proprio in Polonia. Ma sono stati tre giorni che hanno voluto ribadire più che mai la volontà e l’impegno alla pace nel nome di Wojtyla.
«Mai più la guerra!», hanno ripetuto in tanti, facendo eco a Giovanni Paolo II. Proprio lui, il papa polacco, è stato con la lezione dei lager il grande protagonista dei tre giorni trascorsi a Cracovia. “Lo spirito di Assisi a Cracovia”, recitava il tema di quest’anno. Al di là di cerimonie e dibattiti, lo spirito di Assisi è stato lo spirito di Giovanni Paolo II. Non c’è stato momento in cui non sia stato ricordato, ringraziato, citato o rimpianto. Wojtyla è stato presente con la sua capacità profetica che aveva preso forma, quasi impensabile per i più, in quel “pregare insieme” di leader di diverse religioni: un gesto che ha cambiato la storia forse, possiamo azzardare, ben più dell’11 settembre. Rabbi Rosen ricordava che, se Paolo VI aveva definito il dialogo come un nome nuovo dell’amore, è stato Giovanni Paolo II ad incarnarne lo spirito.
Andrea Riccardi ha ricordato: «Invece di meravigliarsi che la provvidenza permetta una tanto grande varietà di religioni, ci si dovrebbe piuttosto stupire dei numerosi elementi comuni che in esse si riscontrano». Un monito per tutti noi che, nelle società multietniche e multireligiose, ci troviamo di fronte al grande bivio tra lo scontro o l’incontro con l’altro, col “diverso”. È proprio questa scelta che può trasmettere, come sottolineava Benedetto XVI nel suo messaggio, «una cultura e uno stile di vita improntati all’amore, alla solidarietà e alla stima per l’altro».