Spinelli 24 ore su 24 in farmacia
Una legge molto controversa prima, durante e dopo il suo dibattito in aula – approvata dopo una sessione finita a notte fonda il 10 dicembre 2013 – ne permette la coltivazione moderata (6 piantine e un raccolto annuo di 480 grammi al massimo) e l’acquisto (fino a 10 grammi a settimana) da parte di maggiorenni uruguayani o stranieri residenti, riuniti in “club cannabici”. La produzione è affidata a privati, controllati dallo Stato. 40 grammi è il limite per il possesso legale di questa droga (cf. http://www.cittanuova.it/luruguay-legalizza-le-droghe-leggere/)
Il progetto – che vede ancora contrari più del 60% dei cittadini – era stato un cavallo di battaglia dell’ex presidente José “Pepe” Mujica (il “presidente povero”, fiorista ed ex guerrigliero), convinto del fallimento totale della lotta frontale al narcotraffico. Il suo successore, Tabaré Vázquez –oncologo che proibì con gran successo “di critica e di pubblico” il fumo di tabacco in luoghi pubblici (e per giunta vinse lo storico giudizio che ne conseguì contro la multinazionale del settore Philip Morris) – ne fu subito critico, e ne rallentò finché poté l’applicazione.
Per combattere il commercio illegale, che si svolge in antri dove l’accesso a droghe pesanti e più dannose è sempre una tentazione a portata di mano, “el Pepe” aveva personalmente promosso una legge che puntava a creare un’offerta di un prodotto controllato, sicuro dal punto di vista sanitario e a un prezzo conveniente perché accompagnato da meccanismi di minimizzazione del lucro (sui quali i detrattori erano e sono alquanto scettici. In particolare, circa la possibilità di battere sul prezzo la merce paraguayana).
Tra le tesi dei promotori, quella dell’“antiproibizionismo”: se all’epoca della “legge secca” degli Usa, i superalcolici fossero stati legali, non sarebbe mai esistito un Al Capone, e neppure un Pablo Escobar in Colombia, se la cocaina fosse stata di lecito consumo. Molti storcevano (e storcono) il naso. «Siccome posso sconfiggere il traffico di droga, lo legalizzo?», aveva ironizzato uno dei leader dell’opposizione. E non parliamo dei farmacisti, indicati sin dall’inizio come distributori in questo nuovo circuito commerciale.
«Noi vendiamo cose che fanno bene alla gente, non che fanno male», ebbe a dire uno di loro, mentre è ancora quasi unanime il rifiuto di crearsi nemici facendo concorrenza agli spacciatori di quartiere, che conoscono e dai quali sono conosciuti.
L’aumento dell’insicurezza e della violenza proprio a causa del maggiore mercato conquistato da droghe pericolose e alienanti come l’economicissimo crack (venduto dagli stessi “piccoli commercianti illegali”) erano un motivo in più per non volerci aver nulla a che fare con spinelli e cose simili. Intanto, dal 2013, cominciarono anche nelle periferie urbane di Montevideo le guerre di bande armate fino ai denti per il controllo del territorio e del mercato.
Delle oltre 1.200 farmacie dell’area metropolitana, solo 50 hanno accettato di vendere il nuovo “prodotto” – per ora, sono 30 quelle regolarmente abilitate a tali effetti –. Venderanno cannabis 24 ore su 24, mentre rimane proibito tra le 22 e le 6 la commercializzazione di alcolici, responsabili di un altissimo tasso di intossicazione fra gli adolescenti (oltre il 50% ne fa uso).
Dal 2 maggio i clienti potranno registrarsi come consumatori, a norma di legge, secondo la quale inizierà nella stessa la campagna per la coscientizzazione dei danni del fumo della sostanza. Sono 4 i “club cannabici” già attivi, poche decine i coltivatori di piantine e due le ditte autorizzate alla produzione. Sono già pronti 400 kg di marijuana, coltivati sotto il controllo statale dalle aziende ICCorp e Simbiosys. La cannabis non sarà gravata dell’Imesi, imposta applicata invece al tabacco e all’alcol. Il grammo costerà così circa 1 euro e 20. Il 10% del ricavato dalla vendita finanzierà tuttavia l’Istituto statale di regolazione e controllo della cannabis (Ircca), già attivo, dipendente dal ministero della Sanità.
Intanto i numeri sembrano dare torto al governo: il consumo è aumentato del 3% dal 2011, epoca in cui si cominciò ad teorizzare una legge a riguardo. Oggi il 9,3% della popolazione adulta fuma marijuana (dati governativi). Nel Paese, il problema principale è, come detto, costituito dall’alcol, il cui consumo problematico (ovvero, a rischio dipendenza) incide ancora sul 48,2% della popolazione, dato comunque in forte calo, dopo il 60% registrato nel 2011.
Secondo l’Osservatorio uruguayano della droga (Oud, organismo statale) autore del sondaggio, il 16,7% dei consumatori dell’anno 2016 «presenta segni di uso problematico», ovvero l’1,6% del totale della popolazione oggetto dello studio. La Giunta internazionale di fiscalizzazione degli stupefacenti, tra i primi enti a biasimare e accusare l’Uruguay di violazione di trattati internazionali della riduzione delle dipendenze, ha ribadito recentemente lo stesso concetto.
Una buona notizia, invece, è che, sempre secondo l’Oud, la maggioranza dei consumatori si rivolgono al mercato legale, e solo il 13% di essi si rivolgono ai canali “tradizionali” di vendita.
Il 98% del campione considera che la legge non motiverà l’iniziazione di nuovi fumatori.