Spettacolo a Barcellona, ma l’Italia è attrice non protagonista
È stato il primo Mondiale dell’era post-Phelps. Il primo, e forse l’ultimo, considerati i rumors riguardanti lo “squalo di Baltimora”, che avrebbe manifestato il desiderio di rientrare in vasca. Ma nonostante l’assenza del più grande nuotatore di tutti i tempi, capace di conquistare 22 podi olimpici (come mai nessun atleta in assoluto), a Barcellona lo spettacolo non è mancato.
Il nuovo re della farfalla, come i Giochi di Londra avevano fatto ampiamente presagire, è il sudafricano Chad le Clos, vincitore di 100 e 200 e destinato a dominare questo stile (Phelps permettendo) almeno sino a Rio 2016. Due ori individuali se li sono messi in tasca anche lo statunitense Ryan Lochte (che con quello della 4×200 stile libero ha portato a 15 il proprio bottino di trionfi iridati) e il brasiliano César Cielo Filho, che ha accompagnato il tris consecutivo nei 50 stile con l’ormai consueto fiume di lacrime al momento dell’inno nazionale.
Tre allori in altrettante edizioni dei Mondiali anche per l’ungherese Dániel Gyurta nei 200 rana, mentre chi ha saputo fare tripletta individuale in pochi giorni è il cinese Sun Yang, vero signore dello stile libero: 400, 800 e 1500 in un colpo solo, ma se si pensa alla frazione monstre che ha permesso alla sua staffetta di acchiappare il bronzo nella 4×200, qualcuno – in primis il francese Yannick Agnel, vincitore della gara individuale – dovrebbe iniziare a preoccuparsi. E a proposito di Francia, quello transalpino si conferma un movimento di prim’ordine, capace di conquistare due staffette maschili su tre e altrettanti titoli individuali (oltre all’oro di Agnel, è arrivato il successo di Camille Lacourt nei 50 dorso). Tra gli uomini, da segnalare infine il bis nei 100 stile libero dell’australiano James Magnussen.
In campo femminile, un nome su tutti: Melissa “Missy” Franklin. La giovanissima campionessa dal sorriso contagioso si è portata a casa sei medaglie d’oro, migliorando quanto di buono aveva già fatto 12 mesi fa a Londra e raccogliendo l’eredità del “cannibale” Phelps in seno al team a stelle e strisce. Tripletta individuale per lei e per la connazionale Katie Ledecky, la Sun Yang al femminile (400, 800 e 1500 uno dietro l’altro, con record del mondo nelle due distanze più lunghe), mentre a fare doppietta sono state la mistista ungherese Katinka Hosszú e la ranista russa Julija Efimova, un vero “animale da gara”, capace di rispondere alle avversarie che in semifinale avevano nuotato a suon di primato mondiale (la lituana Rūta Meilutitė nei 50 e la danese Rikke Møller Pedersen nei 200) andandosi a prendere entrambe i titoli. Belle conferme, poi, per la stessa Meilutitė nei 100 rana (anche qui con record del mondo) e, nei 50 stile, per l’olandese Ranomi Kromowidjojo, che ha invece dovuto lasciare lo scettro dei 100 all’emergente australiana Cate Campbell.
Detto che nei tuffi “tradizionali” la Cina ha conquistato nove titoli su dieci e che nel programma dei Mondiali hanno fatto il loro ingresso i tuffi dalle grandi altezze (disciplina per la verità ancora poco “esplorata”), il nuoto sincronizzato ha visto il consueto dominio russo (sette ori su sette), mentre nel nuoto in acque libere hanno fatto la voce grossa Germania e Brasile.
E l’Italia? Beh, quella di Barcellona si è rivelata un’edizione piuttosto deludente per i colori azzurri. Cinque soli podi su 204 medaglie assegnate rappresentano un bottino troppo magro per un Paese di buona tradizione come il nostro, e poco importa se si pensa che – ad esempio – ai Giochi di Londra erano arrivati solo l’argento del Settebello e il bronzo di Martina Grimaldi nella 10 km in acque libere, perché se ci limitassimo a considerare i podi ottenuti nelle discipline olimpiche, ci resterebbero il bronzo di Cagnotto-Dallapè nei tuffi sincronizzati e le due medaglie ottenute in piscina da Federica Pellegrini (200 stile) e Gregorio Paltrinieri (1500 stile).
Tante le controprestazioni, a partire dal nuoto di fondo (salvato dall’oro della Grimaldi nella 25 km) per arrivare a quello in piscina, sul cui bilancio ha pesato lo “zero” fatto registrare da Fabio Scozzoli, partito per la Catalogna con ben altre ambizioni. Più che soddisfacente, invece, il bilancio dei tuffi, con Tania Cagnotto che si è portata a casa anche l’argento dal trampolino più basso (oro sfuggitole di 10 centesimi…) e un ottimo quarto posto dai tre metri, sul cui podio ci sarebbe potuta invece salire Maria Marconi se non avesse fallito il quarto dei cinque tuffi di finale.
Delusione, infine, dalla pallanuoto: se il Setterosa non partiva con ambizioni da podio, ma avrebbe perlomeno potuto arrivare ai quarti di finale, il Settebello si è fermato a un passo dal podio, restando fra le migliori quattro Nazionali al mondo ma lasciando un po’ d’amaro in bocca se si pensa ai due anni precedenti (oro iridato e argento olimpico). Ma è dal nuoto che ci si aspettava di più: restare aggrappati agli exploit della Pellegrini, che come la Cagnotto è saputa andare a podio nonostante una stagione a scartamento ridotto, non è il miglior modo per iniziare il quadriennio olimpico.