Speriamo nel “Tora Tora”

Sovrasta i castagneti (a rischio) di Roccamonfina una vera oasi di pace e di spiritualità: il santuario della Madonna dei Làttani  
Santuario della Madonna dei Làttani - Roccamonfina

Mi trovo a respirare aria leggera e balsamica sul Monte Làttani, uno dei tanti crateri del vasto comprensorio vulcanico del Roccamonfina, ora spento ma attivissimo in epoche remote. Sono in compagnia dell’amica Giò, che da Teano mi ha scarrozzato fin qui per mostrarmi un gioiello del luogo: il santuario della Madonna dei Làttani.La sua è una storia iniziata tra la fine del 1300 e gli inizi del 1400, quando un pastore, conducendo al pascolo il suo gregge di capre, trovò in una grotta una statua della Madonna, ivi nascosta probabilmente al tempo della persecuzione iconoclasta per evitarne la distruzione. Scolpita in un blocco monolitico di pietra vulcanica locale, raffigura con arte popolare la Vergine in trono che regge Bambino sulle ginocchia. La prima chiesa costruita in suo onore era in stile romanico: oggi alcuni resti sono inglobati nell’ampliamento in stile gotico del 1448, riportato alla semplicità e linearità delle origini dagli ultimi restauri. Accanto è il convento col bellissimo chiostro della stessa epoca, circondato da ventidue colonne monolitiche.


Prima però di visitare l’armonioso complesso architettonico del santuario, affidato ai francescani minori, dal vasto piazzale antistante ci affacciamo sullo spettacolo mozzafiato che si spalanca sotto di noi. Dall’alto (siamo a 850 metri di altitudine) i fertili pendii dell’antico vulcano appaiono completamente ammantati di boschi di castagni, a perdita d’occhio. Boschi infestati, secoli fa, da briganti che terrorizzavano i dintorni: ciò che giustifica il muro di cinta eretto nel 1676 dai religiosi attorno a quest’oasi di pace e di spiritualità per difendersi dalle loro violenze.


Giò m’informa che le castagne che qui si raccolgono sono l’oro di queste zone, in assoluto le migliori d’Europa e una coltura doc apprezzata in tutto il mondo. Ogni anno il territorio compreso tra i comuni di Roccamonfina, Teano, Marzano Appio, Tora e Piccili, Conca della Campania, Sessa Aurunca, Mignano Monte Lungo e Caianello è in grado di produrre oltre 400 mila quintali di castagne. Cinque le varietà, fra cui spicca la cosiddetta “primitiva”, che è praticamente unica al mondo.


Purtroppo quest’oro è insidiato da un parassita venuto dall’Oriente, e  precisamente dal Giappone: il Cinipide galigeno. Per aumentare gli introiti, infatti, in questi boschi secolari erano stati piantati giovani castagni nipponici capaci di produrre frutti in tempi più ridotti rispetto a quelli nostrani: il risultato è che, a distanza di tempo, decine di ettari sono infestati da questo parassita, per cui sono a rischio quintali di pregiato prodotto. Un vero incubo per migliaia di famiglie e decine di imprese che si reggono sulla produzione e il commercio della castagna. Per evitare l’impiego di agenti chimici, che fra l’altro risulterebbero dannosi per tutto l’ecosistema, si spera nell’efficacia di un altro piccolo insetto, anch’esso proveniente dall’Oriente, antagonista di quello nocivo: il  Torymus Sinensis Kamijo, che a Roccamonfina chiamano “Tora Tora”.


Ecco un flagello che prima ignoravo. E di colpo il magnifico panorama sui boschi che si gode da questo belvedere mi pare ancora più bello, di una bellezza struggente perché minacciata.
 

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