Speranza dal Sinodo
Durante il Sinodo più di un vescovo si è riferito al sacramento della riconciliazione come elemento per la Nuova evangelizzazione. Sembra strano, ma esiste un fondamento: il perdono di Dio è fondamentale per la riscoperta del Suo volto misericordioso nella conversione di chi evangelizza e di chi riceve l'annuncio della Buona notizia dell'amore del Padre. L'idea è stata ripresentata nella conferenza stampa della Santa sede il 18 ottobre e ho sentito che, da giornalista, potevo approfittarne. Il mio "peccato" si traduceva in un dubbio: serve a qualcosa questo Sinodo sulla Nuova evangelizzazione? Da 30 anni se ne parla, dopo che è stata lanciata da Giovanni Paolo II, e si rischia di ripetere sempre le stesse idee. Valeva la pena spostare per quasi un mese i vescovi dalle loro diocesi con una spesa non indifferente?
Avevo preparato una domanda in questo senso, ma l'incaricato a dare la parola non ha visto il mio braccio alzato. E a un certo punto ho desistito. Ma non perché sono stato ignorato. La ragione è che i vescovi al tavolo della conferenza, man mano che parlavano, hanno smontato le mie argomentazioni. L'arcivescovo di Los Angeles, José Horacio Gómez, ha detto con slancio che è stata un'esperienza meravigliosa, per vari motivi: la presenza costante del papa, vescovo fra i vescovi; il toccare l'universalità della Chiesa, ascoltando le diverse realtà vissute nei quattro angoli della terra, con la presentazione dei passi concreti con cui è realizzata l'evangelizzazione come risposta alle problematiche che sfidano l'annuncio del Vangelo. E questo è avvenuto non solo nell'aula, ma la condivisione è continuata anche nei colloqui personali.
La celebrazione del 50° del Vaticano II ha ravvivato la speranza accesa in quel momento, aiutando a valutare quanto la Chiesa ha fatto finora e a riflettere su cosa si può prospettare per il futuro. «Si avverte nel Sinodo un grande entusiasmo – ha esclamato Petro Herkulan Malchuk, arcivescovo di Kiev –. La Chiesa sta nelle fiamme dello Spirito Santo. Si sente l'entusiasmo per annunciare la Buona notizia».
L'Oriente cristiano è un grande testimone della risurrezione della Chiesa, e non solo la Slovacchia (era presente anche Jan Babjak, arcivescovo di Presov) e l'Ucraina, ma anche il Medio Oriente e addirittura la Siria, dove i cristiani resistono in forza della loro fede. «C'è libertà di parola», ha affermato Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa: i prelati parlano della situazione delle loro Chiese e pongono i diversi problemi che vivono. Il Sinodo abbraccia il mondo intero e questo porta ognuno a relativizzare i suoi problemi.
Infine John Tong Hon, cardinale di Hong Kong ha riassunto la sua esperienza al Sinodo in tre parole: «Meraviglioso, difficile, possibile». Meraviglioso perché è un consesso incredibile in cui si possono ascoltare e incontrare fratelli di tutto il mondo. Difficile perché l'edonismo e il secolarismo attaccano il messaggio del vangelo. E si vede che anche altre comunità stanno nella stessa situazione. Occorre quindi unire le forze per dare l'esempio vissuto che Cristo è felicità, dà gioia. Possibile perché c'è speranza per il futuro dell'evangelizzazione. Davanti a tutto questo, che senso aveva ancora la mia domanda?