Spensierate baruffe
È un godimento la musicalità dei dialetti che s’intrecciano nelle Baruffe chiozzotte nell’edizione di Pierluca Donin. Riunendo un cast di attori veneti, friulani e istriani, egli punta a recuperare un teatro dalle comuni origini linguistiche e culturali. Ed è un divertimento assicurato il dispettoso chiacchericcio, il ribollire e l’acquietarsi delle collere, le liti furibonde alimentate da equivoci e gelosie; o le ripicche e gli slanci trattenuti tra innamorati, che nelle Baruffe contrappongono le donne e gli uomini di due famiglie dirimpettaie: ciascuna col suo carico curioso e petulante di soprannomi. Goldoni spinge l’intricata trama fin sull’orlo del dramma, subito fermato per un finale lieto e festoso che lui stesso, identificandosi nei panni dell’uomo di giustizia, ricompone facendosi addirittura regista dell’intrigo e avviandolo, non senza fatica, a una conclusione inevitabilmente provvisoria. Strehler ne fece una memorabile edizione venata di malinconia. Questa di Donin, nella fedeltà al testo, concede un po’ troppo al folklore. Ampliando, con ovvietà, gli effetti comici, sono comunque bravi tutti gli attori, i quali, sulla scena funzionale di casse di legno sullo sfondo di una grande vela, recitano a metà strada fra naturalismo e commedia dell’arte. Al Teatro Valle di Roma