Spazio, materia e spirito
Lo spazio, con il tempo, costituisce la fondamentale dimensione nella quale viviamo e continuamente ci vediamo. Se consideriamo ciò che vediamo, osserviamo che appaiono alla nostra vista persone e oggetti molteplici, fisicamente separati gli uni dagli altri e aventi ciascuno una forma compiuta che lo rende realtà a sé stante. È la visione delle cose che l’uomo possiede in comune con il mondo animale.Ma una tale visione è sufficiente a veicolarmi l’esatto concetto di materia e di spazio? I recenti studi nell’ambito della fisica hanno rivelato che la realtà non è proprio così come noi la vediamo. La mia persona, ad esempio, che appare al mio sguardo unitaria nella sua immagine esteriore, è in realtà la risultante di un complesso intreccio di cellule in continuo movimento tra loro. Un tale movimento crea nel mio fisico tanti punti vuoti, sì che in me è più il vuoto del pieno. E ciò si osserva perfino nell’infinitamente piccolo, nella cellula, ove è verificabile un vuoto che ne distanzia il nucleo dagli estremi. Il mio fisico si presenta così come un sistema di relazioni, di leggi completamente interdipendenti fra loro. Se poi allarghiamo il nostro sguardo, notiamo che le leggi che regolano il rapportarsi degli elementi all’interno del mio corpo sono le stesse che determinano la relazione del mio corpo con gli altri corpi e con la Terra, sì da costituire con essa un’unica realtà fisica. Tanto che se, per ipotesi, volessi uscire dalla Terra, dovrei raggiungere un punto non solo al di là dell’attrazione terrestre, ma dove tutte le attrazioni si annullano, poiché ciò che ho detto di me in rapporto alla Terra vale per la Ter- ra in rapporto al sistema solare, di cui la Terra è parte, e, ancora oltre, vale per la galassia, di cui il sistema solare è parte, e vale quindi per il sistema di galassie formanti un unico cosmo. La realtà fisica mi manifesta dunque l’esistenza di una materia in virtù della quale io sono parte di un tutto e il tutto è legato strettamente a me. Verità profonda che getta una luce particolare sulla nostra comprensione di realtà spirituali che qui enuncio soltanto. Il Corpo mistico di Cristo: espressione mirabile dell’umanità una. L’incarnazione del Verbo: abissale realtà di un Dio che, assumendo un corpo, assume in sé l’umanità intera e l’intero cosmo, incarnandosi così nello spazio totale, per portare tutto alla sua realizzazione piena, divina. Questo tutto, che il Cristo ha riassunto in sé, è dunque il tuttouno, così come Dio lo ha creato. Esso si rifrange ai miei occhi in una molteplicità di aspetti, che il peccato originale ha ancor più segnato in divisione e separatezza. Ma, se penetro oltre la visione fisica delle cose ed entro nel mondo delle leggi che le regolano e, di più, nel mondo della metafisica, vedo il cosmo quale realmente è: creazione di Dio che, perché semplicità assoluta, crea con un atto unico una realtà unica, che Egli riversa fuori di sé e che a sé mantiene unita. Cerchiamo allora di penetrare ulteriormente il senso e il significato dell’unità del cosmo. Come abbiamo detto, il cosmo appare primariamente ai nostri occhi come una realtà composita e distinta nella molteplicità delle cose che lo compongono. Eppure un profondo rapporto di unità, esistente nella materia, lega una cosa all’altra, sì da manifestare il cosmo come realtà una, sebbene non una come può esserlo un corpo umano in sé considerato. Questo particolare modo di essere uno e molteplice a un tempo ci rimanda ad una verità di fondo, che è la condizione di possibilità di un tale modo di essere, ma da cui si differenzia anche essenzialmente. Questa verità è: solo in Dio esiste l’unità e la distinzione assoluta. In lui, infatti, l’Essere assoluto viene a coincidere con la Relazione pura assoluta, in certo senso col Non-essere, in quanto è l’Essere che si dona. Nella materia, ultima forma di una sorta di espressione dell’essere, si ritrova la traccia di questa unità e di questa distinzione: non dunque una vera unità, poiché il cosmo non è un unico corpo, né una vera distinzione, perché, di fatto, le cose sono legate fisicamente tra loro. La distinzione emerge più chiaramente quando dal mondo inanimato passiamo a quello animale. Qui si manifesta qualcosa di ontologicamente diverso. Dal punto di vista metafisico, infatti, l’essere degli enti animati è qualitativamente diverso da quello degli enti inanimati. Ed è ciò che distingue i primi dal resto del cosmo, pur rimanendo essi interamente legati al cosmo. Ora, nel cosmo stesso vi è il principio di una possibile distinzione, in quanto è insito in esso il principio di una elevazione, di una interiore trascendenza – ed è ciò che non fa del cosmo una identità assoluta. Essendovi quindi una certa divergenza, ciò consente ad una parte del cosmo di esserne in qualche modo distinta, pur rimanendone unita. In tale visione, gli esseri animati costituiscono qualcosa di intermedio fra il cosmo inanimato e l’uomo, qualcosa che non potrebbe esservi se non vi si aggiungesse, per così dire, una nuova qualità di essere. Si tratta di una questione metafisica che, proprio perché tale, non intende evocare alcuna problematica inerente l’evoluzione dell’universo. Se, infine, guardiamo all’uomo, vediamo che anch’egli partecipa dell’intero cosmo e, in particolare, che condivide con il mondo animale molte sue caratteristiche biologiche. Eppure in lui traspare evidente qualcosa che tutto trascende e che lo diversifica radicalmente dal resto. Questo qualcosa è lo spirito. Esso si innesta soltanto in questa parte del cosmo che è l’uomo. E ciò proprio in virtù di quella particolare capacità di distinzione insita – come abbiamo spiegato – nel cosmo stesso. Se infatti il cosmo fosse una unità assoluta, lo spirito di ognuno si innesterebbe in tutto il cosmo, mentre in realtà si innesta, individualizzandolo, in un corpo specifico, il quale però, a sua volta, è innestato in tutto il cosmo. Qui è davvero il vertice della creazione: stupefacente dinamica di unità e distinzione cui il Cristo, nel suo mistero di Verbo incarnato, da pieno compimento.