Spagna: stop alla vendita di bombe all’Arabia Saudita
Il governo spagnolo bloccherà la vendita di 400 bombe di precisione all’Arabia Saudita. La notizia, come riporta il quotidiano “El Mundo”, è presente su tutti i principali media del Paese. Tale misura è stata preceduta da una nota diffusa il mese scorso, in cui il Ministero degli esteri spagnolo aveva dichiarato di voler rivedere l’export di armi verso la monarchia del Golfo. Pochi giorni prima, il 9 agosto, durante un raid condotto sulla città di Dahyan nel nord-ovest dello Yemen, l’aviazione saudita aveva bombardato uno scuolabus provocando oltre 50 morti di cui 40 bambini.
L’esecutivo guidato da Pedro Sanchez mostra ora di voler fare sul serio. Secondo il quotidiano spagnolo, infatti, Il Ministro della difesa Margarita Robles avrebbe deciso di congelare il contratto risalente al 2015, impegnando il proprio governo a restituire ai Sauditi i 9,2 milioni di euro equivalenti all’anticipo versato per l’acquisto delle bombe.
L’accordo era stato siglato dall’allora Ministro della difesa popolare Pedro Morenés e ratificato successivamente da María Dolores de Cospedal, titolare del medesimo dicastero nel governo Rajoy. Gli ordigni, attualmente in dotazione all’esercito di terra spagnolo, sarebbero ancora depositati presso una base militare in Aragona.
Il Regno Saudita è il principale cliente della industria della difesa spagnola al di fuori dell’Unione Europea e della Nato. Secondo Amnesty International la Spagna si posiziona al quarto posto nell’elenco dei principali esportatori di armi verso l’Arabia Saudita: tra il 2015 e il 2017 l’export di armamenti tra Madrid e Riad ha raggiunto un valore pari a 932 milioni di euro. Tra i contratti stipulati di recente, il più significativo prevedeva la consegna di cinque corvette per 1,8 miliardi di euro.
Nel frattempo il bilancio delle vittime del conflitto nello Yemen si aggrava ulteriormente: 22 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, mentre sono stati registrati oltre un milione di casi di colera. Dal 26 marzo 2015 al 9 agosto scorso, secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Liz Throssell: «Il nostro ufficio ha documentato 6.592 morti fra i civili e 10.470 feriti. La maggior parte risultano da attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita».
Secondo il quotidiano “Sicurezza Internazionale” diretto dal professore Alessandro Orsini della Luiss, a seguito della decisione annunciata dal governo Sanchez, aumentano le probabilità che la Spagna si unisca a paesi quali Svezia, Canada, Finlandia, Norvegia, Belgio e Germania che hanno bloccato le esportazioni di armi verso la coalizione.
Quanto all’Italia, finora è mancata una presa di posizione da parte del governo giallo-verde riguardo alla cancellazione della commessa pluriennale da 411 milioni di euro che l’azienda RWM Italia S.p.a. si è aggiudicata per la vendita di bombe all’Arabia Saudita. L’osservanza del Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) e della legge 185/1990 che vieta l’export di armi a Paesi in guerra o responsabili di violazioni dei diritti umani, sarà un importante banco di prova per un governo che promuove il rispetto della legalità e afferma di voler agire sulle cause dei flussi migratori, fra cui vi sono senza dubbio le guerre.
La decisione dell’esecutivo spagnolo è un segnale incoraggiante per quelle realtà come il Comitato Riconversione della RWM, che in Sardegna, sostenuto a livello nazionale da diverse reti, propone il dialogo tra lavoratori, cittadini e istituzioni per individuare prospettive alternative ad un’“economia che uccide”. Nel solco di una politica in grado di generare processi di pace, è emblematico l’appello del sindaco di Assisi, Stefania Proietti, rivolto l’11 agosto agli organizzatori della Marcia Perugia-Assisi, affinchè il tema centrale della Marcia che si svolgerà il 7 ottobre, diventi l’impegno a fermare l’invio di bombe italiane verso l’Arabia Saudita e la riconversione economica del Sulcis Iglesiente.