Spagna: Senior housing in aumento
Negli ultimi anni, e in particolare dopo le lezioni che ci ha dato la pandemia di Covid, si assiste a un’emergente tendenza a cambiare standard di convivenza e modelli di urbanismo. In questo senso, ogni volta trovo più spazio, notizie e anche pubblicità sul fenomeno di abitare insieme. Abbiamo sempre abitato insieme, ma col termine inglese coliving (o cohousing) si vuole dire un’altra cosa.
Per dare una definizione, ho trovato questa di un’agenzia specializzata: «Interessa principalmente a professionisti, solitamente stranieri, o persone che vivono fuori dalla propria città di origine e che cercano un alloggio temporaneo». Detto così sembra poca cosa. In pratica, soluzione di emergenza per situazioni transitorie. Invece, il fenomeno mostra prospettive di futuro se si pensa alle grosse quantità di soldi, miliardi, che alcuni settori immobiliari sono pronti a investire. Perché il coliving può rivolgersi non solo a quella fetta di popolazione menzionata, ma anche ad altri, in particolare alle persone che hanno raggiunto la “terza età”; anziani, insomma.
Per questo gruppo di popolazione, sopra i 65 come me, sono sorte già da anni nei Paesi anglosassoni formule orientate verso gli anziani autosufficienti. Le più sviluppate sono queste: senior cohousing (persone con interessi comuni, normalmente in regime cooperativo), senior coliving (nelle aree urbane) e senior resort (nelle zone costiere o di villeggiatura). La finalità di tali modelli è facilitare la socializzazione e offrire servizi adeguati ai bisogni di queste persone. Cioè, un luogo dove vivere bene l’anzianità con persone affini e ancora in buona salute, offrendo servizi come lavanderia, cucina o piscina, senza essere un classico istituto geriatrico come le comuni residenze per anziani (Rsa: Residenze Sanitarie Assistenziali).
Queste ormai sono sempre più rifiutate dai nuovi anziani. Per la Spagna, alcune proiezioni statistiche parlano di una prospettiva di aumento a medio termine del 60% della popolazione oltre i 65 anni rispetto al decennio appena trascorso. Ecco il grande interesse immobiliare a investire in queste soluzioni urbanistiche, per ora appena sviluppate in gradi città spagnole come Barcellona, Málaga, Madrid o Valencia, e rivolte a persone con buone capacità economiche.
Riflettendo sul fenomeno, Josep de Martí, fondatore del portale inforesidencia.com e autore anche di articoli di opinione sul web dependencia.info, si mostra piuttosto scettico: «Quasi nessuno sa cosa sia il senior cohousing, ma quando viene spiegato, una persona su tre dice che lo prenderebbe in considerazione. Addirittura il 60% sostiene che dovrebbero esistere. Naturalmente, la maggioranza apprezzerebbe l’opzione se quel tipo di alloggio fosse nel proprio quartiere o nelle vicinanze, poiché apprezzano molto la prossimità e le relazioni». E mettendo il dito nella piaga, aggiunge: «Vorrei sapere quante persone sarebbero disposte a vendere la propria casa per pagare quella nuova con servizi o quale percentuale del proprio reddito sarebbero disposte a spendere».
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