Spagna: i numeri allarmanti dei grandi incendi

Nel primo semestre di quest’anno in Spagna si sono verificati 11 grandi incendi e più di 5mila altri roghi. Non succedeva da 10 anni. In più le forte ondate di caldo hanno lasciato, secondo le statistiche dell’Istituto di Salute Carlos III, oltre 1.000 vittime in nove giorni, che si aggiungono alle 829 di giugno. Come leggere questi e altri dati allarmanti? Le osservazioni di Francisco Toro, esperto di agricoltura da 40 anni, aiutano a leggere la situazione.
Un residente locale combatte un incendio boschivo a Tabara, nel nord-ovest della Spagna. (Foto AP/Bernat Armangue)

Erano dieci anni che non si verificavano in Spagna grandi e numerosi incendi forestali. Per “grandi” il ministero competente in materia intende quegli incendi che bruciano oltre 500 ettari di terreno di diversa entità e categoria forestale. Nel primo semestre di quest’anno si sono scatenati 11 grandi incendi. Complessivamente, però, secondo i dati del Ministero spagnolo per la Transizione Ecologica, durante questo periodo gli incendi boschivi hanno ridotto in cenere 69.859 ettari di superficie, il che significa oltre il 56% in più della media degli ultimi dieci anni. In totale sono stati registrati 5.143 incendi, di cui 3.466 si sono estinti prima di interessare 1 ettaro di superficie, mente altri 1.666 hanno bruciato tra 1 e 499 ettari. A questi si aggiungono quegli 11 grandi incendi di cui si diceva.

Siamo ancora lontano dai 484 mila ettari arsi nel 1984 e dai 25.557 incendi registrati nel 1995, ma le ondate di caldo verificatesi nei mesi di giugno e luglio destano grande preoccupazione su come sarà il computo finale della superficie bruciata nel 2022. Alla data del 18 luglio, i programmi di monitoraggio satellitare di cui si serve il Sistema europeo d’informazione sugli incendi forestali (Effis) parlano di 140 mila ettari bruciati, cioè quasi sette volte più della media annuale nell’ultimo decennio e quattro volte più dell’anno scorso. Il caldo estremo (fino a 45 gradi in alcune regioni) attribuito ai cambiamenti climatici, l’imprudenza umana e anche certi intrecci criminali mettono a rischio la popolazione dei piccoli nuclei urbani vicini ai roghi e pure la vita dei vigili del fuoco. Due persone sono morte nell’ultima settimana in Spagna.

Prestare attenzione ai dati permette di vedere quanto siano grandi le dimensioni dei fatti, ma ciò che è veramente importante è capire perché. In questa consapevolezza ci aiuta Francisco Toro, un imprenditore con lunga esperienza in agricoltura, fondatore quaranta anni fa di un’azienda che offre consulenza tecnica e soluzioni fitosanitarie e nutrizionali agli agricoltori nel sud della Spagna. Le sue osservazioni intrecciano in modo semplice problemi molto legati tra di loro, conseguenza gli uni degli altri: industrializzazione dell’allevamento di bestiame, spopolamento degli ambiti rurali, mancanza di cura dei boschi, aumento delle temperature, e incendi…

Ecco cosa dice Toro: «Non è stato fino alla fine degli anni ’60 che i piccoli aerei sono stati utilizzati per estinguere gli incendi, e i pochi che si verificavano, erano più piccoli (degli attuali). Cosa è cambiato? Prima la foresta era viva, abitata da persone che allevavano bestiame, e quei bovini mangiavano l’erba che veniva prodotta dalla foresta. In inverno gli allevatori usavano la legna da ardere della foresta e la prima cosa che raccoglievano erano i rami caduti a terra. Era una foresta pulita di erba e rami. Poteva succedere che a un certo punto un fulmine provocasse un incendio, ma poiché il luogo era abitato, rapidamente veniva rilevato. Un fuoco all’inizio è facile da controllare, la cosa difficile è quando prende forza. E poi, quando una foresta è abitata, gli incendiari non si arrischiano a darle fuoco».

Da queste osservazioni è facile giungere alla conclusione che mancano politiche capaci di armonizzare le misure che tengono conto di quanto siano legati i vari problemi che affliggono la campagna.

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