Spagna: contatti Stato-Generalitat

Per la prima volta dopo molti anni, si sono incontrati i due presidenti del governo centrale spagnolo e del governo regionale catalano. Ma il “diritto all’autodeterminazione” non esiste

Dieci anni sono passati dall’ultimo incontro tra un presidente del governo regionale catalano, la Generalitat, e il presidente del governo centrale. In quell’occasione il catalano Artur Mas chiese a Mariano Rajoy un patto fiscale simile a quello stabilito con altre regioni (Paesi Baschi e Navarra), e cioè di poter gestire le proprie tasse e imposte, contribuendo alle spese dello Stato con una data somma. Ma erano tempi di acuta crisi economica e Rajoy non cedete.

Quell’incontro è passato alle cronache come il momento in cui “Mas abbracciò l’indipendentismo”, dando inizio al “procès” (processo) che fini nel referendum del 1º ottobre 2017, dichiarato illegale dal governo centrale, referendum che fornì abbondanti immagini di violenza viste in tutti i media del mondo. Venne poi la sospensione dell’autonomia catalana e i membri del governo regionale, tranne quelli che decisero di andarsene all’estero, finirono in prigione accusati di ribellione.

Gli avvenimenti accaduti dal 1º ottobre fino ad oggi sono stati osservati con la lente d’ingrandimento, suscitando interesse dentro e fuori i confini della Spagna. Forse perché l’indipendentismo non è patrimonio esclusivo della Spagna, da molti qualificata come stato plurinazionale. La terminologia al riguardo è sempre più confusa: Paese, Stato, Nazione?

Tante ferite nell’ambito sociale e tante cause in quello giudiziario sono ancora aperte. Nel clima di estrema tensione tra un governo centrale che non ha saputo aprire vie di dialogo politico e un governo regionale di nuovo indipendentista (dopo le elezioni legali del 21 dicembre), è avvenuta la caduta del presidente Rajoy, che non è sopravvissuto alla prima mozione di censura presentata nella storia della giovane democrazia spagnola. Col succeso della mozione, il 1º giugno, il socialista Pedro Sánchez è diventato presidente e mettendo tra le sue priorità il problema catalano.

Lunedì 9 luglio è dunque iniziata una tappa che per alcuni è foriera di grandi speranze, mentre in altri suscita interrogativi di difficile soluzione. L’attuale presidente della Generalitat, Quim Torra, è andato al Palazzo della Moncloa a Madrid, sede del presidente del governo centrale. Lo aspettava Pedro Sánchez con in mente l’obiettivo di “normalizzare” i rapporti tra Stato e Generalitat. Per capire la buona volontà del catalano, diversi osservatori hanno messo in evidenza un gesto: la bottiglietta di liquore “Ratafía” che Torra ha portato a Sánchez. «Il regalo – secondo il quotidiano catalano La Vanguardia – nasconde un forte messaggio simbolico: si tratta di un digestivo che ha la sua probabile origine etimologica nella formula latina rata fiat, usata per ratificare patti e accordi».

Un primo accordo, dopo due ore di riunione, è stato quello di riattivare la Commissione bilaterale Stato-Generalitat, che non funzionava dal 2011. Sánchez si è anche detto pronto a rivedere i ricorsi che il governo di Rajoy aveva presentato al tribunale costituzionale, riguardanti certe leggi catalane di carattere sociale. Ma di indipendenza non si parla. La vicepresidente, Carmen Calvo, nella conferenza stampa al termine dell’incontro, ha voluto chiarire che “non c’è margine” per discutere il diritto all’autodeterminazione o la situazione dei carcerati a motivo del “procès”. L’autodeterminazione “non esiste” come diritto nella costituzione spagnola, e riguardo i carcerati “non sono prigioneri politici”, ha affermato la Calvo.

Le reazioni dopo questo primo incontro meriterebbero un altro artícolo. A seconda della loro posizione politica e ideologica, c’è chi applaude l’inizio di questo dialogo, da continuare a settembre, e chi vede una inevitabile rottura della Spagna. Come la pensano gli spagnoli, inclusi gli indipendentisti di ogni regione, non solo i catalani? Forse si dovrebbe chiedere con un referendum. Non è una formula, il referendum, a cui si ricorre molto in Spagna. In fatti l’ultimo risale al 1986, quando si domandò sulla permanenza nell’Otan. Ma se siamo davanti a “una decisione política di speciale trascendenza”, dice l’articolo 92 della costituzione, allora forse è il caso di “sottometerla a un referendum consultivo di tutti i cittadini”.

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