Sotto la cenere
Poche cose oggi possono interrompere il flusso indistinto delle abitudini e di colpo farci sentire, vedere e pensare. All’opera di Claudio Parmiggiani non si può negare questo potere: la bellezza e la forza poderosa dei suoi lavori attestano l’opera di un artista che mette in gioco tutto sé stesso, senza compromessi. La verità che si sprigiona dalla sua arte ti guarda e ti interpella, ti inchioda e ti incanta. Ti disarma e poi ti innalza sopra le cose, sopra il mondo affaccendato, a vedere la sua grande tragedia, il suo disegno di luce. Palazzo Fabroni (Pistoia) pare fatto apposta per i lavori dell’artista che ha sempre scelto con cura i luoghi più suggestivi in cui far vivere le proprie opere. Le sale si susseguono in una prospettiva incalzante; eppure in ciascuno di questi luoghi il tempo pare fermarsi. Porto: le onde si infrangono sulle pareti: un naufragio di vetri in frantumi tanto seducenti nel loro verde smeraldo quanto tragici in questo spettacolo che ha il sapore della catarsi. La massiccia àncora non poggia a terra; sospesa così a mezz’aria comunica la incompiutezza di un viaggio (quello dell’umanità?) che sbaglia la propria meta. Campo dei fiori: una campana di bronzo grava con il proprio peso su una catasta di libri bruciati. Il pensiero va immediatamente al rogo pubblico che in quella piazza consumò il corpo di Giordano Bruno, ma in tutti quei libri possiamo vedere altre memorie e altre idee: tutte quelle che vengono sacrificate in nome del potere e di una presunta giustizia. Un’altra sala e l’odore di bruciato si fa più lieve, senza scomparire. A terra tanti contenitori messi insieme come in una grande cassettiera. In altre occasioni e altri tempi, Parmiggiani l’aveva riempita di coloratissimi pigmenti in polvere, colore allo stato puro e al massimo della brillantezza. Qui ed ora, invece, in ogni scomparto troviamo lo stesso grigio e la stessa cenere; non sappiamo da dove provenga, di che oggetto sia il residuo ultimo; può essere la cenere di tutt’un po’, e insieme la cenere di niente. Ovunque si voglia fuggire con lo sguardo o con la mente, l’immagine in bianco e nero restituisce una consapevolezza che non lascia vie di scampo: quella cenere è il nostro tempo, è ciò che eravamo e ciò che ritorneremo ad essere. In altre sale una croce di latte e di sangue, quasi che il nutrimento primo possa accompagnarsi solo al sacrificio; in un angolo un cumulo di grosse forme di pane, in realtà calchi in ferro che nonostante la fragranza del colore si rivelano ormai troppo pesanti e intaccati dal tempo, come di tanti piccoli tesori inutilmente accumulati e messi da parte. Sculture d’ombra: l’odore di bruciato ritorna prepotente a graffiare le narici e lo stomaco. Sulle pareti della sala vuota è impressa in negativo l’impronta di grandi scaffali carichi di libri. Come fantasmi i profili chiari emergono lentamente sullo sfondo annerito dal fumo. Impietriti dalla forza e dalla bellezza di tale visione si resta in silenzio e ci si comincia a spostare piano, con rispetto. Sullo sfondo bruciato, le silhouette di luce vibrano in tutto il loro mistero: una grande sindone di parole, pensieri, storie, di ciò che è stato e che ora non è più. Eppure come testimoni muti ma vivi, i muri hanno la forza di restituire ciò che gradualmente ma inesorabilmente hanno assorbito: l’azione tragica e sublime del fuoco che per una notte intera ha distrutto, consumato e purificato. Questa potente icona dell’assenza diventa una radiografia cosmica: le sue ombre, ribaltate in disegni di luce, trasudano il loro segreto di morte e vita. È così che i lavori di Parmiggiani si aprono sulle profondità di un universo tragico in cui nulla è completamente svelato; la oscurità custodisce e appena sussurra un segreto che per essere colto deve essere seguito fino al fondo dell’abisso. L’artista conosce ed afferma questo segreto celato nella opera d’arte: La sua notte è la sua luce. Volgendo lo sguardo al mondo ritroviamo le solite tragedie, quelle commercializzate dai media e quelle nascoste nel silenzio. Nonostante la fretta e il tran tran, la coscienza non le può più ignorare. Lo sguardo rallenta per posarsi su quei fatti, si infila nel dramma che si sta consumando, fino in fondo, fino a scorgere ciò che brilla sotto la cenere.