Sostegno incrociato alle quote rosa
Il 25 ottobre il Parlamento europeo, in seduta plenaria, si è pronunciato a stretta maggioranza (325 a 300, 25 astenuti) contro la nomina del banchiere centrale lussemburghese Yves Mersch al Comitato esecutivo della Banca centrale europea (il Comitato esecutivo, composto da sei membri, tra cui il presidente Draghi, è un po’ il cda della Bce, cuore del Consiglio direttivo di cui fanno parte anche i governatori delle banche centrali nazionali dei 17 paesi dell’area dell’euro).
Mersch era stato indicato a giugno dal Consiglio europeo (i capi di Stato e di governo dell’Ue) per succedere allo spagnolo Gonzalez Paramo e al Parlamento era richiesto un parere non vincolante. Ora spetta al Consiglio (i ministri delle finanze dell’Ue) passare oltre il veto del Parlamento, oppure proporre – come chiedono i deputati – altri candidati, tra cui una donna. Il problema infatti, non sono le competenze, assai solide, di Mersh, alla guida della banca centrale lussemburghese dalla creazione dell’euro: il problema è l’unanimità di cravatte scure e completi blu ai vertici dalla BCE, da quando la signora Tumpel-Gugerell ha lasciato il direttivo della BCE a maggio 2011.
Sono due anni che il Parlamento chiede un maggiore equilibrio tra i sessi ai vertici della banca centrale, e negli ultimi mesi ha lasciato passare, brontolando, le nomine di Peter Praet, Mario Draghi, Jorg Asmussen e Benoit Coeuré, tutti rigorosamente uomini.
Questa volta ha detto basta, non avendo ricevuto nessuna garanzia che in futuro sia assicurata una maggiore uguaglianza nelle nomine. In modo clamoroso, all’indomani del voto, il gruppo maggioritario in Parlamento, il Partito popolare europeo, ha stilato un comunicato in cui invita il Consiglio a nominare ugualmente Mersch per completare l’organico del direttivo della Bce, viste le “circostanze economiche attuali e il bisogno di stabilità” che ne consegue.
Intanto anche la Commissione europea si prepara ad alzare il tiro per promuovere le quote rosa: da varie settimane la commissaria Viviane Reding (nella foto) – pure lei del Lussemburgo, questo piccolo paese con tanta influenza nell’Ue… – ha annunciato l’intenzione di proporre una direttiva (legge europea che, se adottata, deve essere integrata nella legislazione nazionale) per rendere obbligatoria la presenza del 40 per cento di donne nei cda delle società quotate. La proposta è vista con favore dal presidente Barroso e da alcuni Paesi, tra cui l’Italia – hanno dato il loro esplicito sostegno sia Monti che il ministro Fornero. Un chiaro disaccordo è venuto invece da un nutrito gruppo di Stati, capitanati – senza sorprese – dal Regno Unito e, questo sì è più sorprendente, da quattro colleghe commissarie della Reding. Reding che ha dovuto, davanti ai contrasti interni, posporre la presentazione della direttiva, che sarà probabilmente all’agenda della riunione della Commissione il 14 novembre.
La Reding ha già annunciato che non demorderà. Conoscendola, possiamo crederle: è lei che ha voluto, con caparbietà, alcune legislazioni europee di grande impatto, come quella che abbassato notevolmente le tariffe di roaming. Le prossime settimane ci diranno se l’Europa è pronta ad un po’ più di uguaglianza.