Sospeso il digiuno, è l’ora del confronto
Fissato un incontro tra operatori e rappresentanti di Comune, Asl e Regione Campania. I lavoratori non vengono pagati da due anni.
Dopo lo sciopero della fame del parroco di Pomigliano d’Arco, don Peppino Gambardella, e di altri 120 operatori del sociale della Campania, che chiedono alle istituzioni di pagare finalmente per i servizi forniti negli ultimi 2 anni a minori a rischio, disabili e anziani, finalmente qualcosa sembra che stia per sbloccarsi. Il prefetto di Napoli ha infatti convocato per mercoledì 29 dicembre un tavolo istituzionale, che riunirà i rappresentanti del movimento “Il Welfare non è un lusso” e quelli di Comune, Asl e Regione. Ecco, perché, dopo giorni di digiuno, lo sciopero della fame è stato momentaneamente sospeso.
La mobilitazione era cominciata per evitare la chiusura di servizi fondamentali quali l’assistenza domiciliare agli anziani, ai disabili, agli orfani, alle ragazzi madre e ai giovani tossicodipendenti. Nei giorni scorsi, don Peppino, che ha settanta anni, ha celebrato la messa di Natale nei magazzini dell’Enam, una società a capitale pubblico che si occupa dell’igiene urbana a Pomigliano d’Arco. Una messa di ringraziamento per l’accordo raggiunto tra i 37 lavoratori dell’azienda e gli amministratori comunali, che ha scongiurato il pericolo del licenziamento.
La situazione è drammatica. Solo in Campania sono 630 mila gli anziani non autosufficienti, 156 mila i disabili, 46 mila i malati psichici. E per ogni quattro famiglie una è in condizione di povertà. Mille i lavoratori licenziati e oltre 20 mila quelli che rischiano il posto di lavoro.
Il nascente movimento di mobilitazione sociale “Il Welfare non è un lusso” vuole sensibilizzare tutti i cittadini su questo grande disagio che si vive nei centri assistenziali, sottolineando con forza che una società che non si prende cura degli ultimi è una società priva di giustizia. E dove manca la giustizia, la pace sociale è sempre a rischio.
Dopo aver tentato tutte le strade istituzionali con richieste e sollecitazioni, di fronte al silenzio, don Peppino e i suoi venti amici hanno scelto la strada estrema dello sciopero della fame. Non come gesto disperato ma di amore, di un amore che chiede di «essere pronti a dare la vita per i propri fratelli». Un gesto che speriamo possa scuotere le coscienze dei politici chiamati, nei luoghi istituzionali del potere, ad ascoltare la voce dei più deboli e a soccorrerli con leggi adeguate e opportuni finanziamenti.