Sorprendente Expo

145 Paesi, ognuno con il proprio padiglione, grande o piccolo, le proprie tradizioni, le proprie architetture e idee, la propria bellezza. È partita l’esposizione universale su: Nutrire il pianeta – energia per il futuro. La grande sfida planetaria su come affrontare un problema complesso e spesso drammatico.
Expo

Nell’ultimo anno abbiamo digerito, pazienti, le polemiche di rito: sulla corruzione, i ritardi nei lavori, le multinazionali pigliatutto, gli sponsor opachi, fino all’ultima sui numeri effettivi di ingressi. Discussioni che continueranno probabilmente fino a fine ottobre, data di chiusura, visto che tanti (giornalisti e non) vivono solo di polemiche.

 

Nonostante questo, dal primo maggio l’esposizione ha aperto le sue porte. E la gente c’è, visita i padiglioni e si diverte. Diciamolo subito, a scanso di equivoci: l’Expo è proprio bello. Una fantasia di colori, architetture, cibi, eventi, volti, persone, stili di vita.

 

Siccome ogni Paese ha organizzato il proprio padiglione cercando di dare il meglio di sé, nella varietà delle scelte, delle proposte, delle culture, non c’è quella omogeneità asettica e rarefatta che si respira tante volte in certe esposizioni con stand tutti uguali e senza storia.

 

In ogni padiglione invece il visitatore trova: l’architettura esterna, l’allestimento interno, i contenuti, il cibo, le persone che accolgono. L’architettura esterna è la prima cosa che colpisce, perché ogni Paese ha cercato di interpretare la propria cultura dando l’immagine di sé, quello che ritiene essere la propria essenza. A qualcuno sembrerà qualche volta uno spot pubblicitario, ma va bene così, si capiscono tante cose di un Paese vedendo come si presenta.

 

Poi l’allestimento interno: anche negli stand più piccoli è sempre una sorpresa. Nel momento in cui scosti la tenda ed entri non sai cosa troverai, cosa si sono inventati per sorprenderti e comunicarti il messaggio. Chi col multimediale, chi con una fantasia di colori, chi con pochi oggetti, semplici ma dignitosi, caratteristici del proprio Paese. Grandi, naturalmente, le differenze in creatività.

 

Terzo, i contenuti. Come affrontare il problema fame? Come organizzare, insieme, un futuro sostenibile per il pianeta? Una sfida da far tremare le vene. Bene, all’Expo di idee ce n’è per tutti i gusti, sia per il turista frettoloso che passa da stand a stand, sia per quello pensoso che ha voglia di approfondire. Vale la pena consumare una giornata (o meglio due) tra gli stand dell’esposizione anche solo per osservare come si possono comunicare, oggi, al grande pubblico contenuti importanti: visitate, per esempio, i padiglioni di Cina, Argentina, Brunei, Germania, Afghanistan e Israele, e alla fine confrontate cosa vi è rimasto (negli occhi e/o nella mente). Per i professionisti e gli specialisti della sostenibilità, ci sono anche eventi ed incontri ad hoc, previsti nelle sale riunioni all’interno dei padiglioni più grandi.

 

Quarto, il cibo: in ogni padiglione si può assaggiare qualcosa di caratteristico. Magari in un ristorante esotico (e costoso), o in un bar allegro tra musica e ballerine in costume, oppure in piedi con in mano un piatto di plastica contenente cibo cucinato nella piccola cucina da campo, ma offerto per pochi euro con tutta la dignità di una cultura millenaria. È la varietà, la bellezza, la ricchezza e la povertà del mondo; non sempre proporzionali ai soldi investiti.

 

Infine: le persone. In molti padiglioni si viene accolti da personale proveniente dal Paese organizzatore dello stand, spesso vestito nei costumi tipici. Proviamo a condividere con loro un ragionamento, una storia, un sorriso, una speranza. Può essere un’esperienza nuova per noi europei, così spesso cinici e decadenti.

 

Tutto bene dunque? Riuscirà la scommessa dell’Expo? Forse. In certi stand si capiscono più cose vedendo quello che manca che quello che c’è. Eppure la scommessa vale la candela: metti insieme la gente del mondo. Fai conoscere e avvicina volti, tradizioni, idee e culture. Il risultato non può che essere positivo. L’Expo è un’opportunità e una sfida. Per gente ancora capace di stupirsi e pensare.

 

La carta di Milano

È un documento, firmato dai visitatori dell’Expo, per «assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo». Chi lo sottoscrive, infatti, si assume la responsabilità di «mettere in atto azioni, condotte e scelte che garantiscano la tutela del diritto al cibo anche per le generazioni future».

Seguono una serie di impegni precisi per cittadini, imprese, governi, istituzioni e organizzazioni internazionali. Per tutti i «cittadini di questo pianeta».

A fine Expo il documento sarà presentato all’Onu in adesione agli Obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile promossi dalle Nazioni Unite. Perché «un futuro sostenibile e giusto è anche una nostra responsabilità».

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