Sorellina venuta dal fuoco

Dolorosa, ma aperta alla speranza la vicenda di Juliana e di quanti le hanno ridato una famiglia
Juliana e Cristhian Abrahao

Era assicurata al letto con delle cinghie, braccine e gambette fasciate, per il resto nuda. Sembrava una bambola rotta, abbandonata da una bambina capricciosa. Non una parola, non un lamento. Cristhian, scosso nell'intimo, contemplava quel visetto contorto dalla sofferenza in cui solo gli occhi si muovevano intorno spauriti.

«Cosa le è capitato?», domandò a una infermiera di passaggio. «Poverina, s'è ustionata cadendo su un mucchio di letame in fermentazione…». «Ma allora deve provare dei dolori terribili. Come mai non piange, non urla?». «È traumatizzata. Credo abbia due anni ed è vissuta sempre in campagna, quasi una piccola selvaggia. Non ha visto altri all'infuori dei suoi, gente sciagurata da cui è stata abbandonata. Ed ecco che d'un tratto si trova tra estranei, in un posto sconosciuto. Dev'essere per questo, anche, che rifiuta di alimentarsi».

Tra estranei… A dire il vero, per Cristhian era chiaro che non poteva rimanere indifferente alle sorti di quella creaturina. In qualche modo lei era entrata nella sua vita. Era fine agosto quando il giovane aveva varcato la porta di quell'ospedale, un centro per la cura delle ustioni all'avanguardia in Brasile. Ci arrivavano malati da tutto il Paese. Pure il famoso pilota di Formula 1 Niki Lauda era andato a curarsi lì dopo l'incidente che l'aveva sfigurato.

Motivo della visita: il piccolo Lucas, ricoverato per ustioni varie. Era un cugino acquisito, per così dire, figlio di una figlia adottiva della nonna materna. E proprio nella sua cameretta Cristhian aveva trovato anche Juliana. Che pena gli faceva! Avevano dovuto amputarle tutte le dita della mano sinistra e alcune falangi della destra. Si prospettavano inoltre vari interventi di trapianto dell'epidermide e di plastica, senza parlare del lungo calvario per la riabilitazione che l'attendeva.

Neanche un mese prima, a Brasilia, egli aveva sentito parlare dei dolori non tanto fisici, ma morali, provati da Gesù sulla croce. E di come ogni sofferenza umana fosse un'eco, un riflesso di quella prova terribile, da cui però era sgorgata salvezza per l'umanità intera. Ne era stato toccato fin nel profondo. Di fronte a quel modello inarrivabile di abnegazione, generoso com'era, poteva rimanere insensibile? Nemmeno a farlo apposta, s'imbatteva ora in una immagine vivente dell'Uomo dei dolori: quella bambina crocifissa al suo letto, menomata, senz'altra prospettiva che di andare a finire, una volta guarita, in qualche istituto per orfani o bambini abbandonati.

Ne era così attratto che ogni qualvolta andava a trovare Lucas passava più tempo accanto al lettino di Juliana che a quello del cugino, cui del resto non mancava la compagnia. In quelle visite Cristhian le portava biscotti, bibite e altri regalini: attenzioni che la piccola inferma, sempre molto timida e timorosa, accettava in silenzio. Poi Lucas fu dimesso e, dato che i suoi abitavano troppo lontano da Goiãnia, all'intemo del Goiás, venne ospitato per la convalescenza a casa del cugino. Non per questo il giovane interuppe le visite a Juliana, che pian piano si abituò a quella presenza, anzi sembrava aspettarla.

Cristhian era deciso a fare qualcosa per lei, ma cosa? Era solo uno studente del primo anno di Farmacia, che per di più dava lezioni serali per mantenersi all'università. Di tempo gliene restava ben poco. Anche suo padre l'aveva messo in guardia: «Attento, Cristhian. Ne hai già abbastanza a cui pensare». «È bello questo tuo interessamento per quella bambina – era intervenuta a sua volta la madre –. Se non avessimo da badare a Lucas magari la prenderemmo noi, per i primi tempi. Ma ora come ora…».

Era vero, Cristhian non poteva pretendere da lei che si sobbarcasse un onere aggiunto. Doveva esserci un'altra soluzione. E mentre pregava fiducioso che gli si aprisse una strada, parlava di Juliana a chi gli capitava a tiro.

«Va bene, appena la dimettono la prendo a casa io». «E Olivio?». «Oh, lui sarà d'accordo, non ci sono problemi». «Ma Zélia, avete già due figli…». «Dove mangiano due, può mangiare anche un terzo… E poi, ci crediamo o no alla provvidenza? Vorrà dire che mi aiuterai e, quando sarà il momento delle fisioterapie a casa, imparerai tu a fargliele».

Questo colloquio avveniva tra Cristhian e una vicina di casa con cui era nato un rapporto fraterno, sulla base di un comune cammino di fede. Il problema più impellente, giacché la piccola tra breve sarebbe stata dimessa, sembrava dunque risolto. Ma subito se ne presentava un altro: per guarire definitivamente, avrebbe avuto bisogno di una tuta speciale, che comprimendola avrebbe impedito una crescita non omogenea della pelle. Bisognava farla venire su misura per lei dagli Stati Uniti: un'attrezzatura quindi molto costosa. Come pagare le spese? Soldi, loro due non ne avevano; potevano solo confidare nell'amore di un Padre che si prende cura fin degli uccelli dei campi.

Ed ecco, il giorno stesso in cui fu accolta dalla sua nuova famiglia, arrivò la telefonata di una conoscente che s'era interessata al caso della bambina: con gioia annunciava l'arrivo di una somma imprevista, che aveva deciso di destinare in beneficenza. Alla tuta, dunque, avrebbe pensato lei.

Quella tuta… indossarla per due mesi, rimanendo assolutamente immobile, equivaleva ad una prova eccessiva per una bambina così piccola: eppure Juliana la sopportò con coraggio e forza di volontà superiori alla sua età. Durante tutto quel tempo, Cristhian la accompagnò in ospedale tre volte la settimana, per i necessari controlli e medicazioni; poi, cessato il martirio di lei per quella specie di seconda pelle, trovò il tempo di farle fare tre volte al giorno la dolorosissima riabilitazione, perché riprendesse l'uso normale degli arti.

All'arrivo del giovane, Juliana veniva invasa ogni volta da un terrore invincibile, come di fronte al proprio tormentatore. Cristhian soffriva con lei, ma simponeva di continuare, pur con la maggiore delicatezza possibile, per il suo stesso bene. Fu un anno estremamente duro, impegnativo per tutti coloro che Juliana se l'erano presa a cuore; ma alla fine la bambina guarì. Ed anche certe ferite interiori sembravano risolte o in via di guarigione. Chi la vedeva ora stentava a riconoscerla, tanto era cambiata. Su quel visetto era finalmente spuntato il sorriso, timidezza e ritrosia s'erano mutate in socievolezza, vivacità, gioia di vivere. Piena di slanci affettuosi verso i nuovi genitori e in modo speciale Cristhian, che considerava alla stregua di un fratello maggiore, divenuto intanto anche suo padrino di battesimo.

Due anni erano passati senza avvenimenti particolari. Poi quel settembre, che doveva mutare il corso tranquillo di due famiglie con una prova durissima. Fu quando, coinvolti nello stesso incidente, persero la vita Livio, uno dei due figli di Zélia e Olivio, e la cognata di Cristhian, madre di tre bambini. Zélia, facendo appello alla sua fede, riuscì a restare in piedi e a sostenere anche il marito, riversando tutto l'affetto sulla figlia e su Juliana, cui voleva bene come all'altra, senza distinzioni, considerandola un dono di Dio. Ma non era finita. Due mesi dopo, di ritorno da una messa celebrata in suffragio del figlio, pure Zélia perse la vita, investita sul marciapiede da un autista che aveva perso il controllo del suo veicolo.

C'è chi, davanti alle avversità, si ribella, prendendosela con Dio e con la religione; e chi, pur nello strazio, pur gridando al cielo il suo «perché?», sa – come Cristo nel momento culmine della sua passione – riabbandonarsi al Padre, intravedendo un suo misterioso disegno dietro a un assurdo apparente.

E proprio questo fu l'atteggiamento di Olivio e anche di Cristhian, che aveva condiviso tutte le ultime vicende di quella famiglia. Quando poi i genitori del giovane, per sollevare il vicino da un peso, gli prospettarono di prendere Juliana a casa loro, sia Olivio che la figlia rifiutarono: ora che erano rimasti soli, non volevano più separarsi da lei, ormai considerata della famiglia. Risoluzione, questa, trasformatasi poi in adozione a tutti gli effetti.

Oggi Juliana ha dieci anni, frequenta la scuola con grande profitto; nonostante le menomazioni, riesce a usare le mani: lo si vede dalle lettere e dai disegni che invia di tanto in tanto al suo padrino, attualmente a Curitiba, sempre in Brasile. Sono lettere, piene d'affetto e di gratitudine, di una creatura che ha ritrovato la gioia di vivere e può guardare al futuro con serenità. Lo conferma la foto sorridente di lei che Cristhian, raccontando questa storia, mostra godendo della sorpresa altrui, quasi si trattasse di un miracolo.

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