“Sorella Sanità”: tangenti milionarie in Sicilia
Una riflessione su ciò che accade nella sanità siciliana è quasi d’obbligo. Una maxi operazione della Guardia di Finanza ha scoperto una maxitruffa di 600 milioni di euro ed un giro di mazzette per le forniture e le gare indette dalla Centrale Unica di Committenza. Tra gli arrestati (ai domiciliari) c’è Antonio Candela, coordinatore per l’emergenza Covid-19 in Sicilia. C’è anche il manager dell’Asp di Trapani, Fabio Damiani. Gli arrestati sono dieci, tutti accusati, a vario titolo, di corruzione. Sono manager di varie società siciliane interessate agli appalti milionari della sanità e faccendieri. Tra gli indagati c’è anche Carmelo Pullara, deputato regionale di centrodestra, originario di Licata (AG). Gli indagati sono 23. Ventitre società sono state sottoposte a sequestro preventivo.
La maxi operazione della Guardia di Finanza è stata denominata «Sorella Sanità». Scoperchiato un giro di tangenti per 1.800.000 euro (promesse o già versate) per gare d’appalto e forniture per un totale di 600 milioni di euro. Un bocconcino prelibato e appetito, oggetto di troppi desideri, quello della sanità siciliana, da sempre uno dei buchi neri del bilancio della regione. Un intreccio perverso, ma anche consolidato, segno che, negli anni, esso è stato sempre più considerato un “oggetto dei desideri” di chi agisce nell’illecito. Le indagini cominciano con vicende relative al 2016, ma proseguono anche negli anni seguenti.
Il nome di Candela spicca e lascia sorpresi. Era stato manager della sanità a Palermo nel periodo in cui era stato eletto il governatore Crocetta (da ottobre 2012) e durante il periodo in cui era stata assessore Lucia Borsellino. Aveva avviato una forte operazione di trasparenza e legalità sul fronte degli appalti, riuscendo a far risparmiare decine di milioni di euro. La notizia del suo arresto ha destato clamore e sorpresa. L’assessore regionale alla sanità, Ruggero Razza, non ha nascosto lo stupore, ma ha annunciato provvedimenti rapidi del governo. «La storia personale e le pubbliche considerazioni di tante istituzioni su alcuni dei soggetti coinvolti, a partire dal dottor Candela – ha detto Razza – stonano con le risultanze di questa attività investigativa. E per questo la vicenda lascia ovviamente attoniti. Ma saranno immediati, già questa mattina, tutti i provvedimenti conseguenti». Razza ha anche parlato di «un quadro disvelato dalle indagini della Guardia di Finanza che è impietoso e fa rabbia». Nell’ordinanza emerge anche il nome dell’attuale presidente dell’ARS, Gianfranco Miccichè, individuato da Damiani come lui che avrebbe detto l’ultima parola sulle nomine nelle Asp siciliane. Miccichè ha reagito pesantemente, dichiarando di non conoscere Damiani e minacciando querele nei confronti di chi potrebbe collegare il suo nome all’inchiesta. «Mi sono scocciato – scrive – di sopportare organi di stampa che, leggendo nell’ordinanza del gip il tentativo non riuscito di farsi sponsorizzare da me, scrivono tutto il contrario, affermando che io sarei lo sponsor di Damiani».
E da Catania rimbalzano le notizie di un’altra inchiesta che riguarda il fronte sanitario e previdenziale. Un’inchiesta dei carabinieri ha portato alla scoperta di dodici falsi invalidi. La Procura ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare: due medici sono finiti in carcere, tre sono stati posti agli arresti domiciliari, ad un altro è stato imposto il divieto di esercizio della professione. L’operazione né stata denominata «Esculapio». I reati contestati sono truffa, falsità ideologica di pubblico ufficiale in atti pubblici, falsa perizia e frode processuale. Ma le truffe sui falsi invalidi non sono una novità ed hanno spesso interessato anche altre procure.
Vicende che, al di là delle risultanze delle indagini e del prosieguo processuale, aprono uno squarcio inquietante sul sistema delle corruttele in Sicilia. Alto, troppo alto, che non risparmia settori importanti della pubblica amministrazione. La sanità è tra questi ed è anzi uno dei settori più appetiti. Da sempre. I rapporti tra politica e sanità sono inquietanti e, al di là delle responsabilità penali, emerge dalle indagini una correlazione fortissima che interessa, ovviamente, prima di tutto il settore “appetito” delle nomine dei dirigenti. Nomine affidate in gran parte, o totalmente, alle scelte politiche e, inevitabilmente, terreno fertile perché insieme al riconoscimento delle effettive attitudini professionali dei nominati prendano il sopravvento anche motivazioni di altro tipo, colleganze e criteri di scelta che guardino anche ad altre motivazioni. Questo accade al di là delle responsabilità penali. E su tutto questo bisognerebbe interrogarsi. Anche e soprattutto quando alla sanità si chiede efficienza, trasparenza, legalità, quando si chiede che essa sia funzionale al “bisogno di salute” del cittadino.