Sophia: cultura e Sapienza

Intervista a Declan O’Byrne, nuovo rettore (f.f.) dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano

Chi è Declan O’Byrne?
Sono irlandese e focolarino, ho insegnato teologia alla Dublin City University, poi per 5 anni in Kenya alla Tangaza University, infine in Italia all’Urbaniana (a Roma) e a Sophia. Nel 2020 sono stato nominato vice-rettore e due mesi fa rettore facente funzione fino ad inizio 2024.

Come vive questa nomina?
Ho meno tempo per ricerca e didattica, a causa degli impegni amministrativi, ma sento forte la libertà e la responsabilità, insieme agli organi collegiali (Senato, Consiglio Accademico e Consiglio di Amministrazione), di attivare nuovi processi e collaborazioni utili per la crescita di Sophia. Vorrei aumentare la sussidiarietà, definendo con precisione cosa compete al rettore e cosa ai componenti della comunità.

Sophia è nata per formare giovani studenti magistrali, ma oggi sono di più gli adulti e i professionisti che vi chiedono dottorati. Cambia la vostra mission?
Ci stiamo riflettendo. In effetti potremmo, in teoria, privilegiare dottorati per adulti, ricerca avanzata, web academy e convegni redditizi. Certo, per attirare più giovani Sophia potrebbe sviluppare l’offerta formativa privilegiando corsi più riconoscibili e professionalizzanti. Ma non credo sia la strada giusta. L’approccio che preferisco ritiene invece necessario rimettere a fuoco lo specifico di Sophia, recuperando la visione che aveva Chiara Lubich quando ha fondato il nostro Istituto, rendendola attraente e adattandola al momento storico nuovo in cui viviamo.

Quale dovrebbe essere lo specifico di Sophia?
Un’offerta formativa di studio, Sapienza e scienza, in un contesto interculturale, con un percorso inter e trans disciplinare, che comunica e costruisce la cultura dell’unità, insieme con la capacità critica di leggere la complessità del mondo. Ancora però non ci siamo. Ritengo che offriamo troppe lauree ed indirizzi per i pochi iscritti che abbiamo, con una tendenza a ridurre l’interdisciplinarietà. Risultato: ci sono studenti che fanno fatica a capire alcuni aspetti della proposta di Sophia che sono quelli che più contraddistinguono la nostra formazione. Forse non abbiamo imparato a comunicare in modo efficace l’essenziale. Venire a Sophia significa imparare a collaborare con persone di formazione culturale e professionale diversa dalla propria, per una preparazione globale, per essere attori creativi in un mondo in rapido cambiamento. Penso che dobbiamo fare il possibile per dare questo ai nostri studenti.

In questi 15 anni quanti laureati avete avuti?
Circa 450 studenti da 50 Paesi. A un anno dalla conclusione del percorso accademico quasi il 90% degli studenti di Sophia ha trovato un impegno accademico o professionale qualificato. E non pochi sono diventati docenti. Quasi tutti gli studenti rimangono in contatto, ma dobbiamo sviluppare di più la rete che li collega.

Com’è la situazione del corpo docente?
Nei prossimi 3 anni alcuni docenti, tra i fondatori, andranno in pensione. Ma ci sono molti giovani studiosi validi che condividono la nostra “visione” e vogliono costruire la loro carriera accademica a Sophia. Quanti e quando inserirli è un problema di fondi. Stiamo lavorando con la Fondazione per Sophia per diversificare le fonti di finanziamento e migliorare la sostenibilità della nostra università.

 

Una caratteristica di Sophia dovrebbe essere la vita comunitaria. Quale governance è più adatta?
Per tutti gli attori dell’università (studenti, docenti, amministrativi) è essenziale la qualità dei rapporti, nell’unica comunità accademica. Per esempio, se studi la fraternità, la devi trovare non solo in aula, ma anche quando vai nell’ufficio della segreteria o in biblioteca. Non si può dire che ci siamo già: ci sono anche tensioni interne, ma tutti crediamo in questo obiettivo e stiamo studiando percorsi per migliorare l’organizzazione. Come ci ha chiesto Margaret Karram (Vice Gran Cancelliere), Sophia dovrà adottare sempre più un modello di governo sinodale, nel giusto rapporto tra autorità personali e collegiali a servizio della collettività.

Cosa significa che Sophia insegna cultura e Sapienza?
Non sono i “professori sapienti” che insegnano la Sapienza. Compito di Sophia è offrire condizioni ottimali perché possa essere “l’unico Maestro” a dare la Sapienza. Concretamente questo si traduce in una condivisione di “studio e vita”, in un patto d’amore e d’unità tra docenti, studenti e staff. Sapendo che la Sapienza si esprime in tutte le tradizioni umane, anche quelle non religiose, e che il mondo ha bisogno di visione, di unità, di senso. Sophia mira a creare una rete di persone “motivate” ed “accademicamente attrezzate”, di varie provenienze religiose e culturali, che abbracciano questa visione perché ne hanno sperimentato la bellezza, e la vogliono portare nel mondo. Sophia come modello di università del futuro.

Vi state aprendo al territorio e ai continenti?
Sono tanti i progetti in corso: l’università online Sophia Web Academy; le prime collaborazioni accademiche in Africa (progetto Together for a New Africa) e sud America (Sophia ALC); la prospettiva di rafforzare la presenza nella città di Firenze; la rivista online Polyhedra, con i risultati della ricerca di esperti e docenti che collaborano con noi. Questo è importante perché anche chi è lontano sappia cosa si fa a Sophia. Ma bisogna procedere gradualmente, senza fretta. E comunque anche Sophia online dovrà riprodurre, nella misura del possibile, la dimensione della condivisione e dell’unica comunità.

Dopo la fase carismatica di fondazione, come vede Sophia tra 5 anni?
Ancora carismatica. Il carisma è importante nella fase di fondazione, ma anche dopo, come un lievito che offre sempre cose nuove. Dobbiamo lasciarci fondare carismaticamente nel presente e nel futuro, in una tradizione aperta al nuovo. Il fondamento non è nel passato, è nel futuro.

 

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