«Sono venuto a parlare di Dio»

Il Papa apre il tavolo del dialogo tra ebrei e cristiani in una Berlino secolarizzata e ricorda ai politici il valore della solidarietà  
Il Papa in germania

Se ti metti di fronte al Parlamento tedesco, e guardi in direzione del fiume Sprea, vedi chiaramente la sinagoga che si staglia tra milioni di altri tetti. Una distanza piccola, che si copre in dieci minuti. E che i rappresentanti della Comunità ebraica di Berlino hanno percorso per andare a incontrare Benedetto XVI, coprendo simbolicamente una distanza che in molti considerano insormontabile. E invece ebrei e cristiani si incontrano, e anche frequentemente (Benedetto XVI ricorda tutti i passi avanti fatti nel dialogo tra mondo ebraico e cristiano, e Dieter Graumann, presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, parla di «passi avanti eccezionali»).

 

In Germania, poi, hanno sorte comune: proprio a Berlino fu pianificato lo sterminio degli ebrei, Proprio a Berlino fu aperto il primo campo di concentramento, quello di Theresienstadt, i cui primi ospiti furono preti, gay, portatori di handicap e zingari. Il Papa ricorda la solidarietà che legò i cristiani agli ebrei sotto il nazismo, sotto «l’idolo pagano Adolf Hitler». Durante la notte dei cristalli, fu solo Bernhard Lichtemberg, prevosto di Berlino, gridò: «Fuori il Tempio è in fiamme, è anch’esso una casa di Dio». 

 

Il Papa tedesco torna in Germania, e appena scende dalla scaletta dell’aereo mette subito in chiaro le cose: «Sono venuto a parlare di Dio». Lo fa in una città sempre più secolarizzata, ancora divisa a metà da un muro che non esiste più, ma che è ben presente nella storia dei berlinesi. Una città quasi indifferente: non ci sono i bagni di folla, la sicurezza è pervasiva, ma discreta, le proteste annunciate sono poche e sparute.

 

Benedetto XVI comincia  la giornata incontrano le autorità: prima il presidente della Repubblica Federale Christian Wulff, al quale ricorda che non c’è liberta senza solidarietà , perché «posso realizzarmi come persona libera solo usando le mie forze anche per il bene degli altri»; poi l’incontro con la Cancelliera Angela Merkel; e quindi il discorso al Bundestag, attesissimo.

 

Ci sono una quarantina di scranni vuoti, ma i membri del Parlamento tributano due standing ovation a Benedetto XVI, che li ripaga con un discorso che parte dalla figura di Salomone. Che cosa deve chiedere il buon politico? Come rispose il re Salomone a Dio: «un cuore docile che sappia rendere rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male». Ma cosa è la giustizia, cosa è giusto oggi in un mondo cresciuto nel positivismo giuridico? Benedetto XVI paragona i cristiani dei primi secoli a quanti hanno resistito al nazismo. Per loro era evidente che «il diritto vigente era in realtà un’ingiustizia. Perché se la legge positiva – che oggi domina la società – può essere utile, ma rischia di limitare l’uomo e renderlo come un grattacielo con senza finestre, un mondo autoreferenziale».

 

Ultima tappa di una giornata densa, la messa all’Olympiastadion di Berlino. Ai giovani di ogni parte della Germania, arrivati con i vessilli delle loro università e a tutti i presenti, il Papa ricorda come molti non si riconoscono nella Chiesa, all’interno della quale c’è un  «malcontento» che va diffondendosi, se non si vedono realizzate le proprie idee superficiali ed erronee di «Chiesa» e i propri «sogni di Chiesa»! Eppure, basterebbe guardare a Cristo. «In ogni necessità e aridità, Egli è la sorgente che dona l’acqua della vita che ci nutre e ci fortifica. In questi momenti di bisogno, a volte ci sentiamo come finiti sotto un torchio, come i grappoli d’uva che vengono pigiati completamente. Ma sappiamo che, uniti a Cristo, diventiamo vino maturo».

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