Sono unico per te
Da quanti anni aveva lasciato il villaggio e viveva ritirato nella sua cella? Il passare delle stagioni si era ripetuto così tante volte che il computo degli anni gli si confondeva.
Chissà se qualcuno laggiù al villaggio si ricordava ancora di lui. Era l’antico avversario che tornava all’attacco, ne era sicuro. Perché mai altrimenti quel pensiero gli insidiava la mente? Che demone era mai quello? Il demone dell’orgoglio
ferito, della nostalgia, del bisogno di rimanere nella memoria degli uomini?
Il demone che bisbigliava di far mostra di sé?
Quel demonio sornione gli riportava alla mente i monaci famosi che avevano lasciato un segno nella storia.
Chi non conosceva Antonio del deserto, che s’era inoltrato nella più profonda solitudine e ogni volta era stato raggiunto dalla fama? Più si allontanava, più era ricercato.
Chi non conosceva Simone lo stilita? Più la colonna cresceva e lo allontanava da terra, più attirava a sé carovane di beduini, messi dell’imperatore, consulenti di patriarchi.
Lui no. Pafnunzio rimaneva ignorato, una persona qualunque.
Da giorni il demone dell’orgoglio e dello sconforto lo assaliva, senza dargli tregua. Si insinuava nella preghiera, nelle prostrazioni, nel giaciglio del breve riposo, tra le mani intente al lavoro, perfino nel cibo.
Avrebbe voluto fare un gesto che lo avrebbe reso noto: forse guadagnando il primato nelle veglie, nei digiuni, precedendo tutti i solitari di tutti i deserti. Sarebbe stato pronto perfino ad affrontare il martirio. Tutto pur di diventare qualcuno. Apparire. Emergere. Rimanere.
Apa Giovanni gli aveva insegnato come fronteggiare il nemico antico: bisognava restare saldi, al proprio posto, compiere i gesti di sempre, come se quello lì non ci fosse.
Mai dargli soddisfazione e proseguire nell’adempimento del volere dell’Altissimo. Era quello che apa Pafnunzio tentava di vivere, senza mostrare quanto il cuore si ribellasse e quanto si sentisse lacerare.
Una notte, mentre inquieto si aggirava per la cella, ormai sopraffatto dall’avvilizione per la propria nullità, udì la Voce che gli diceva:
«Per il mondo
sei una persona qualunque.
Per me
tu sei il mondo».
Fu come una folgore.
Apa Pafnunzio rimase immobile, poi cadde in ginocchio:
«Sono unico per Te.
Tu sei Unico per me».
Da allora il demonio dell’orgoglio lo lasciò per sempre.
Fabio Ciardi, I detti di apa Pafnunzio, in cammino nel deserto (Città Nuova, 2014)