Sondaggi sorprendenti in Europa
Come faremo per capire verso dove cammina l’umanità se un giorno venissero a mancare i sondaggi? Roba da sociologhi, certo, che cercano di offrirci un abbozzo più o meno aggiornato sulle varie dimensioni che costituiscono le persone, gli esseri umani. È il loro lavoro e lo devono svolgere il meglio possibile. Dal 1977 e poi dal 1981 si realizzano rispettivamente l’European Values Survey (Evs) e il World Values Survey (Wvs), ricerche basate sui dati che emergono dai sondaggi a gruppi rappresentativi della popolazione dei diversi Paesi. Lo scopo: capire i valori e la fede indagando su varie altre componenti di portata sociale, come il lavoro, la famiglia, la politica, l’economia, la moralità…
L’ultima Evs, la quinta, si è svolta l’anno scorso e ora cominciano a essere pubblicati i risultati. Tra i primi, quelli sulla Francia, che mostrano i francesi «più tolleranti e altruisti ma anche più critici», così lo riassume Anne-Sophie Boutaud in un articolo pubblicato da Le Journal.
Tra le citazioni cui ricorre Boutaud, interessante questa di Frédéric Gonthie, professore ordinario di scienze politiche a Grenoble, che rileva l’attualità di questo tipo di studi: «Questo sondaggio è nato su iniziativa di un gruppo internazionale di ricercatori che hanno messo in dubbio l’unità dell’Europa. In realtà, temevano che il loro cemento morale e religioso sarebbe crollato a causa della maggiore secolarizzazione e dall’individualismo». I francesi oggi sono preoccupati per le loro libertà individuali, ma allo stesso tempo si percepisce una richiesta di autorità a vari livelli. Un paradosso che Pierre Bréchon, professore emerito di scienze politiche, formula così: «Fai quello che vuoi nella tua vita privata, ma rispetta l’ordine pubblico». E cioè, atti come non pagare il biglietto sul treno o sull’autobus, accettare una bustarella, imbrogliare sulla dichiarazione dei redditi sono sempre meno tollerati nella società. Per consentire l’espansione delle libertà individuali, è necessario rispettare le regole comuni.
Un lato indicativo di questo sondaggio è la dimensione religiosa dei francesi. L’hanno approfondito Bréchon, Gonthier e Astor nel rapporto “La France des valeurs. Quarante ans d´évolutions”, dedicando un capitolo all’argomento. Tra i giovani di età compresa tra 18 e 30 anni, i fedeli dell’Islam sono numerosi quasi quanto i cattolici: 13% musulmani e meno del 15% cattolici. Riguardo poi ai cattolici, quelli che hanno lasciato il sistema educativo più avanti negli anni, sono in gran parte praticanti. Ciò fa affermare agli autori che «la relazione tra progresso nel livello di conoscenza e religione è meno sistematica di quanto postulano gli attuali approcci al processo di secolarizzazione», giacché di solito si pensa il contrario, cioè che a maggior livello di conoscenza corrisponda una minore religiosità. Un altro aspetto che mettono in questione questi tre autori è la tesi secondo cui la migrazione dall’ambiente rurale alle città sia motivo di abbandono della religione da parte dei migranti. Secondo i dati raccolti, le città con oltre 500 mila abitanti sono più religiose rispetto al resto della Francia. «I cattolici praticanti –dicono– pesano di più nei grandi agglomerati che nelle aree rurali: il 15% contro il 13%». Per “praticanti” intendono coloro che dicono di frequentare un servizio religioso, almeno in alcune festività religiose, e “non praticanti” coloro che non frequentano più di una volta l’anno.
Comunque, siamo nel terreno dei sondaggi, sempre limitati e seminatori di dubbi. Sembra che gli individui abbiano sviluppato sofisticate forme cognitive per acclimatarsi a valori che gli sono utili, anche se opposti.