Solphia, una università nuova

Il primo dicembre 2008 a Loppiano (Firenze) è stato inaugurato l’ Istituto Universitario Sophia, fondato da Chiara Lubich. Alcuni religiosi e religiose, che vi partecipano come docenti e studenti, ci raccontano le loro impressioni.
Sophia

 

“Siate quelli che siete”, diceva il prof. Anthony Cernera degli USA, Presidente della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche, una delle varie personalità del mondo accademico e di molteplici discipline che hanno partecipato all’inaugurazione di Sophia. Essere “luogo di fiducia” per la scienza, ma anche per la politica, come sottolineava il prof. Ugo Amaldi, fisico italiano, perché a Loppiano “la fiducia intellettuale ha le sue radici nell’amore reciproco”. “Rimanere fedeli all’intuizione di Chiara, vedendo nelle piaghe dell’umanità un volto di Gesù abbandonato da abbracciare”, affermava il giornalista Sergio Zavoli nel suo intervento alla tavola rotonda conclusiva.

“Favorire un raccordo qualificato e innovativo tra le diverse conoscenze, che, altrimenti, rischiano un isolamento contrario alla razionalità e nocivo per l’uomo”, affermava Santiago Gonzalez Silva, già Preside del Claretianum, che nel 2004 ha conferito a Chiara il dottorato h.c. in Teologia della Vita Consacrata. E aggiungeva: “Sophia è nata da un’intuizione spirituale, quindi, nettamente carismatica e più ricca di qualsiasi programma. Solo attendendo a quell’impianto, avrà vitalità rigogliosa e non scadrà in organizzazione da gestire”.

L’avventura degli studenti

Queste sollecitazioni mi hanno reso ancora più consapevole della grazia e della responsabilità di vivere a Loppiano e di collaborare nell’insegnamento alla Sophia. Gli studenti dell’università mi hanno aiutato e sono stati per me una vera scoperta. Li conoscevo, due di loro abitano con me e altri religiosi nel Centro internazionale di spiritualità “Claritas”, e gli altri li incontro nelle due ore di “metodologia scientifica”. Eppure non avevo mai sentito quali passi avevano fatto per buttarsi nell’avventura di una università nascente.

Un giovane imprenditore del Messico ha chiuso la sua impresa per approfondire l’economia di comunione1. Una venezuelana, impegnata nella sezione giovanile d’un partito, ha rifiutato le allettanti offerte di una carriera politica, per conoscere meglio le fondamenta e le prospettive della cultura dell’unità. Una coppia argentina, ambedue avvocati e sposati da due anni, ha lasciato patria, casa e lavoro per allargare i propri orizzonti nella direzione della transdisciplinarietà e per costruire una “casa per tutti”, come recita l’inno dell’università che gli stessi studenti di Sophia hanno realizzato e poi cantato all’inaugurazione.

Ascoltando i loro racconti, mi è nato una specie di timore reverenziale per il lavoro che la Sapienza ha preparato in queste persone, e quasi mi vergognavo di parlare loro su come leggere un libro scientifico, come preparare una tesi o citare l’articolo di una rivista. “Eppure anche di quello ho bisogno – mi dice un ingegnere brasiliano – perché finora ho lavorato solo con formule e non ho mai letto qualcosa di altre discipline”.

Il senso d’imbarazzo, che per un momento mi ha assalito, è stato cancellato da Bruna Tomasi, una delle prime focolarine, che, ricordando l’esperienza di Chiara, ha messo in risalto l’importanza della vita illuminata dall’ideale dell’unità, concludendo: “Facendo nell’attimo presente quello che ognuno è chiamato a fare, avete fatto tutto, e Gesù, da buon Maestro, realizzerà il suo disegno sull’Istituto Universitario”.

“Lui in mezzo a noi ha già operato molto più di quanto potevamo aspettarci”, affermava con soddisfazione e gratitudine Piero Coda, Preside di questa neonata creatura, alla quale una studentessa africana ha applicato un proverbio della sua terra: “Finché un bambino è nel grembo, appartiene alla madre; una volta nato appartiene al villaggio”, al villaggio grande come il mondo. Con grande curiosità, allora, lascio volentieri la parola agli studenti.

Perché avete scelto di studiare alla Sophia?

Risponde per primo Marco Bernardoni, dehoniano, laureato in Ingegneria delle telecomunicazioni e baccelliere in Filosofia e Teologia: “Volendo approfondire gli studi teologici in vista di un mio inserimento nell’ambito del servizio culturale della Provincia (in particolare il Centro Editoriale Dehoniano di Bologna) ho pensato a una licenza che mettesse insieme le competenze finora acquisite, quella teologica e quella scientifica. L’ambito che si delineava era quello delle possibilità di dialogo tra la teologia e la scienza, cioè, il tema sempre attuale della relazione tra fede e ragione.

Proprio mentre ero impegnato nella non facile ricerca di una realtà accademica in grado di accogliere un progetto del genere, ho conosciuto Sophia in maniera piuttosto casuale. Sono stati prima il Preside, Piero Coda, poi il prof. Sergio Rondinara a farmi conoscere questa esperienza e a convincermi della proposta. Ritengo che nella decisione mia e dei miei superiori siano stati importanti tre fattori: l’investimento del Movimento dei Focolari, coraggioso e promettente; la proposta accademica del tutto adeguata a quanto desideravo; il clima di forte “motivazione” da parte di tutti (studenti e professori) che avrebbe accompagnato la partenza di un simile, innovativo progetto. Insomma, distaccandosi dai canoni di una licenza tradizionale era un po’ una ‘scommessa’, ma si poteva contare sulla ‘grazia delle origini’”.

Romina Perrotta, sbg, educatrice professionale, gli fa eco: “Per me la scelta di Sophia è nata dal desiderio di voler studiare teologia, dopo aver ascoltato la presentazione dell’università fatta dalla Vice-preside Judith Povilus. Mi ha colpito immediatamente questo nuovo modo di vivere lo studio legato alla vita e la unitarietà dei saperi”.

Aggiunge Yeonhak Lee (Jonas), monaco benedettino della Congregazione Olivetana, licenziato in Teologia patristica e Storia della Teologia: “La convivialità che la Sophia mette in risalto mi pare la ‘destinazione’ della Parola che mette la ‘tenda’ anche nelle carni dei discepoli di Gesù: all’interno di questa esperienza genuinamente ecclesiale non solo i vari ambiti dei saperi, ma anche, e soprattutto, gli ambiti quali il vivere (anche come un membro della polis), il pensare, il pregare, trovano l’intima connessione, superando così quel male tipico anche dei cristiani cioè quello in cui ‘tra dire e fare c’è di mezzo il mare’”.

Qual è la novità di Sophia?

“Dopo questi mesi di vita ‘dentro’ l’esperienza – risponde Marco – mi sto convincendo che Sophia, rispetto a una proposta accademica tradizionale, ha due novità e potenzialità rilevanti. Anzitutto, l’impegno condiviso da tutti di costruire una comunità di vita e di studio, mediante una convivenza in cui tanti momenti, oltre a quello dello studio, sono comuni. Il clima fraterno che inevitabilmente, e con tutte le fatiche del caso, si costruisce, diventa così il terreno sul quale si innesta la proposta propriamente accademica. Tale proposta non può che giovarsi del confronto tra le diverse prospettive culturali presenti in aula (gli studenti provengono da 16 paesi e hanno competenze che spaziano dalla psicologia al diritto, all’economia, all’ingegneria e alla teologia). In secondo luogo, lo scambio continuo e informale coi docenti permette una reale conoscenza reciproca e una personalizzazione, corso per corso, della proposta formativa. All’offerta di base delle lezioni è possibile, infatti, affiancare un percorso di letture e approfondimenti adeguato al livello e agli interessi particolari di ciascuno studente”.

“Sicuramente – conferma con grande intensità Romina – l’unità fra la vita e lo studio che studenti e docenti insieme realizziamo, alla luce della Parola di Vita, e il patto dell’accoglienza reciproca. Iniziare la giornata in università indossando l’abito giusto, quello dell’amore reciproco, mi permette, e ci permette, un ascolto delle lezioni dove a parlare è la Sapienza, il Maestro presente tra di noi, che ci fa capire dal di dentro ciò che il professore sta spiegando. Ne faccio esperienza nelle lezioni di Etica e di Filosofia, dove sento una unità profonda tra ciò che viene trasmesso e gli studi fatti in precedenza: i diversi saperi ritrovano un’unità, ogni disciplina, pur mantenendo la propria peculiarità e il proprio metodo di ricerca, si ritrova nell’altra.

Questo avviene grazie ad una continua ginnastica: perdere ciò che io so, il mio pensare, per fare spazio all’altro, e ritrovare, nell’accoglienza reciproca, la sapienza di Gesù. Tutti i momenti della giornata diventano importanti per fare quest’esperienza: la condivisione dei pasti tra studenti e docenti, per esempio, dove si continua a dialogare e parlare di ciò che si è scoperto durante la lezione. Tante risposte alle domande che ci portiamo dentro emergono proprio in queste occasioni. Facendo il vuoto in noi uno con l’altro, incontriamo Gesù fra noi che ci spiega e ci illumina, aprendoci il cuore e l’intelligenza alla realtà totale.

Un’altra esperienza molto bella è la comunione profonda fra le diverse vocazioni (sposati, giovani, religiose/i) ed esperienze (Istituti di vita consacrata, Movimenti ecclesiali) che gli studenti rappresentano. Gesù, l’unico maestro, ci fa uno e la vocazione specifica di ognuno diventa ricchezza e lo specchio dove si riflette la bellezza della Chiesa intera”.

Jonas, esprimendo la bellezza della sua tradizione monastica, dice: “Essendo un monaco benedettino, ero sempre piuttosto convinto del fatto che le riflessioni teologiche dovessero partire dall’esperienza di preghiera, cioè, che la teologia dovesse essere una ‘teologia in ginocchio’ piuttosto che quella ‘in scrivania’ (Jean Leclercq). Però mi mancava sempre un altro fattore nel fare la teologia: il tessuto ecclesiale concretamente e seriamente vissuto e aperto a tutto il mondo. Una vita in comune secondo il radicalismo evangelico deve essere il vero humus sia delle preghiere che del pensare teologico. Solo così il silenzio adorante e il ‘teo-logos’ possono essere convincibili”.

Cosa si può aggiungere a queste parole? Forse una conferma che troviamo nelle parole del messaggio che Benedetto XVI ha inviato per l’inaugurazione di Sophia: “Il nuovo centro accademico, promuovendo un autentico pensiero cristiano capace di coniugare fede e ragione, favorisca una visione più ampia e integrata del sapere tesa al dialogo con le altre religioni e culture e alla crescita intellettuale e interiore delle giovani generazioni”.

 

NOTE

 

1 L’Istituto è stato eretto dalla Santa Sede con decreto della Congregazione per l’Educazione Cattolica del 7 dicembre 2007. Offre una Laurea magistrale (Master’s) in Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità, della durata di due anni, e il corrispondente dottorato (www.iu-sophia.org).

2 L’Economia di Comunione (EdC) è un progetto di imprenditori, lavoratori, dirigenti, consumatori, risparmiatori, cittadini, studiosi, operatori economici, lanciato da Chiara Lubich nel maggio del 1991 a San Paolo in Brasile, allo scopo di costruire e mostrare una società umana dove, a imitazione della prima comunità di Gerusalemme, “nessuno tra loro è indigente” (www.edc-online.org).

 

 

 

 
Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons