Solitudine e condivisione
In una società dove prevale l’individualismo e, di conseguenza, l’isolamento, in particolare dei soggetti più deboli, come è possibile affrontare e superare le difficoltà in cui ci si può trovare? C.M. – Roma ¦ Lei ha individuato, mi pare, il vero dramma in cui tutti noi possiamo trovarci. La soluzione o meno della condizione di isolamento determina il futuro di ogni persona e dell’umanità. La solitudine è il vero male sociale, se non quello più pericoloso, soprattutto nelle società economicamente più ricche. Non sono a rischio solo i soggetti più deboli, ma ogni persona. Nessun essere umano può vivere solo. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Una controprova è il fatto che quando si invoca l’eutanasia, l’aborto o il divorzio, è semplicemente perché è venuto meno qualcosa di essenziale come la solidarietà, la fraternità, l’amare e l’essere amati. Mi raccontava un amico ricoverato in ospedale che, stando nel suo letto, sentiva nella camera accanto un altro malato che gridava dal dolore e voleva morire. Questo mio amico si è alzato ed è andato da quel malato e senza dirgli nulla si è seduto accanto tenendogli una mano. Quel malato ha smesso di lamentarsi e si è calmato. Aveva bisogno che qualcuno gli stesse accanto. A volte può essere difficile anche stare vicino a chi soffre perché si ha l’impressione di essere impotenti di fronte al dolore. Ma quello stare accanto è tutto quello che possiamo fare: è vincere il dolore nel dolore che è la solitudine nel dolore. C’è Qualcuno che per primo ha fatto suo questo super-dolore prendendolo su di sé, spinto da un super-amore. Ogni persona che soffre si sente accolta anzitutto e capita pienamente da Gesù che sulla croce ha gridato la sua solitudine in quel perché?: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?. Ma occorre la nostra condivisione perché chi è solo e soffre abbia la forza di affidarsi e credere a Dio Amore. L’amore di chi condivide la sofferenza altrui rende credibile l’Amore, perché solo l’amore è credibile. Del resto è l’unica medicina che vince la solitudine ed è sollievo a chi invoca nel dolore la morte, è coraggio per la madre che aspetta un figlio e trova la forza di portare a termine quella gravidanza carica di incognite. È l’amore reciproco che, crescendo, forma comunità solidali capaci di camminare insieme alle coppie in difficoltà. Nella prima comunità cristiana era così vero questo amore reciproco che quanti vedevano come si comportavano i credenti pensavano che fossero tutti fratelli. Dovrebbe succedere anche per noi così; dovrebbero domandarci: Ma quello è tuo fratello?. Che non succeda che sia Dio invece a domandarci, come è successo a Caino: Dov’è tuo fratello?. N.B.: Per un approfondimento sulla necessità dell’amare per la vita dei singoli e della società, è di grande utilità la straordinaria lettera enciclica del papa Benedetto XVI Dio è amore. Nella stessa linea ne è un’ottima concretizzazione il testo di Chiara Lubich L’arte di amare (Editrice Città Nuova).