Albania, soli davanti al dramma del terremoto
Durazzo dista da Tirana 25 chilometri e mezz’ora di tempo. Ieri pomeriggio Marcella Ioele, fisioterapista e co‒responsabile dei Focolari in Albania, da noi raggiunta via telefono, ha percorso la distanza per andare a trovare alcune persone della locale comunità. Il caos era totale. Le molte persone che hanno passato la notte addiaccio non sanno a chi rivolgersi perché manca la cultura dell’emergenza per un Paese totalmente impreparato ad affrontare un sisma. Le uniche notizie si apprendono via Internet, sono poche le tende e mancano i bagni chimici. Lindita, ancora in pigiama e con indosso una tuta, ha avuto la casa danneggiata con vaste crepe orizzontali e verticali, ma è stata costretta a rientrare per usare i servizi igienici. Non sa ancora se la casa è inagibile perché non ci sono stati controlli di nessun tipo.
Il dramma nel dramma è che manca un punto di riferimento. Anche la Caritas locale e nazionale si sta organizzando e non può rispondere a tutte le domande e richieste. Gli unici luoghi di aggregazione, oltre i campi di accoglienza già allestiti, sono i bar non danneggiati dove la gente si riunisce anche dopo il sisma per cercare e scambiarsi informazioni. Gli unici aiuti arrivano da Paesi esteri: Francia, Italia, Turchia, Grecia e soprattutto Kosovo. Nel ’99 a causa della guerra molti kosovari erano sfollati in Albania dove erano stati accolti con generosità. «Ora ‒ spiega Marcella Ioele ‒ come segno di riconoscenza vogliono ricambiare».
«Con Lindita mi sono recata ‒ continua il suo racconto ‒ nel quartiere vicino allo stadio dove ci sono stati i crolli. Su 3 palazzi, 2 sono intatti e rimasti in piedi, un altro è completamente sbriciolato e ho visto persone scavare tra le macerie a mani nude, senza nessuna protezione ed esperienza». Già il 21 settembre una scossa aveva raggiunto magnitudine 5.4 e gli alberghi della costa avevano subito dei danni, ma avevano continuato la loro attività. Ora sono crollati. Le storie più toccanti narrano del tentativo di una mamma che ha cercato di proteggere con il suo corpo il figlio senza riuscirci e di una nonna che ha fatto da scudo al nipote salvandolo, mentre lei è deceduta.
Domani, 28 novembre, ricorre la festa nazionale dell’Albania con spreco di risorse in celebrazioni, danze, bandiere. Tutto per avere visibilità e non affrontare i veri problemi del Paese: la tutela dei diritti dei lavoratori, l’economia, l’educazione.
«Questo terremoto ‒ racconta Lindita a Marcella ‒ mi sembra un campanello d’allarme di Dio. Tutto passa. Spero che i nostri politici si convertano e imparino a lavorare per il vero bene del Paese».
«È un popolo in ginocchio ‒ commenta Marcella Ioele ‒ perché non ha più fiducia in niente e in nessuno. Noi stiamo cercando di andare a trovare le persone, di condividere le loro paure, il loro smarrimento e di aiutare nel tentativo, insieme ad altri, di mettere in rete le varie agenzie di diverse chiese e religioni per mettersi al servizio di tutti».
Stamane una scossa di magnitudo 6 in Grecia, vicino Creta. La scossa è stata registrata a 74 chilometri a Nord Ovest della città di Hania ma non si segnalano feriti o danni. Parlando con i media greci il sismologo Efthymios Lekkas ha detto che il sisma non è in relazione con quelli che sono stati registrati in Albania e Bosnia.
Al termine dell’odierna udienza generale papa Francesco ha espresso la propria vicinanza «al caro popolo albanese che ha sofferto tanto in questo giorni». «Che il Signore benedica questo popolo a cui voglio tanto bene». Il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin ha inviato – a nome di papa Francesco – un telegramma di cordoglio per le vittime del terremoto che ha colpito ieri l’Albania al presidente Ilir Meta. Nel messaggio, il cardinale Parolin informa che il papa «prega per le anime dei defunti, per i feriti e tutti coloro che sono stati colpiti dal disastro».