Sol Calante?
Le conseguenze economiche del sisma giapponese in Occidente e in Asia. Inizia la lunga ricostruzione
Il terremoto che ha colpito l’11 marzo scorso il nord del Giappone ha avuto conseguenze devastanti da un punto di vista delle perdite umane. Ancora oggi, a due settimane di distanza, si fatica ad avere un’idea del numero preciso di vittime che, in ogni caso, secondo le stime più attendibili, non dovrebbero essere inferiori alle 50 mila.
Le scosse di assestamento continuano a presentarsi con terribile regolarità. La situazione della centrale nucleare di Fukushima non è ancora stata risolta, ma il Giappone e i giapponesi, nonostante questo sia stato il peggior disastro nazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno già iniziato a guardare avanti e a pensare alla ricostruzione. In che tempi questa possa avvenire, con quale successo, dipenderà fortemente dall’evoluzione della situazione politica ma soprattutto economica del paese e dei suoi partner commerciali.
Alla vigilia del terremoto il Giappone non se la passava bene: aveva visto avvicendarsi tre primi ministri negli ultimi tre anni. Recentemente un susseguirsi di scandali aveva portato alle dimissioni del ministro degli esteri e offuscato pesantemente l’immagine dello stesso primo ministro in carica, Naoto Kan. Anche da un punto di vista strettamente economico la situazione non era rosea. L’ultimo trimestre del 2010 aveva visto tasso di crescita del PIL negativo, ma soprattutto a pesare sulle prospettive di sviluppo era l’enorme debito pubblico (stimato intorno al 200% sul PIL) accumulato negli ultimi anni di gestione non particolarmente oculata delle finanze pubbliche.
Ora la situazione è naturalmente peggiorata. La ricostruzione, si stima, costerà qualcosa come trecento miliardi di dollari che dovranno essere reperiti attraverso sottoscrizioni pubbliche, il che non farà altro che far schizzare ulteriormente il debito. Se teniamo conto del fatto, poi, che i tassi d’interesse sono in una fase di crescita in tutto il mondo, si capisce come il peso di tale debito non potrà che crescere nel prossimo futuro.
Un ulteriore aspetto di criticità è quello legato all’approvvigionamento energetico. Il rischio contaminazione che l’incidente di Fukushima ha così drammaticamente reso evidente porterà ad un ridimensionamento della dipendenza nucleare del Giappone, ma anche di molti altri paesi nel mondo. Nel breve periodo questo significa un innalzamento del costo del petrolio e di tutti i prodotti ad esso associati, compresi i trasporti. Se in più consideriamo che l’area più duramente colpita dal sisma e dallo tsunami è un’area altamente produttiva e che colossi come la Toyota, la Nissan e la Honda hanno sospeso la produzione in tutti gli stabilimenti nazionali, il quadro, se possibile, si aggrava ulteriormente.
Per quanto riguarda le ricadute economiche a livello mondiale, si è immediatamente verificata una riduzione nella disponibilità di componenti elettronici, indispensabili nella produzione di molti apparecchi tecnologici. Ma questo sarà un fenomeno assolutamente transitorio. Sul piano internazionale le ricadute saranno con tutta probabilità limitate. Il Giappone rappresenta il 5% delle esportazioni USA, l’8% di quelle cinesi e solo il 2% di quelle europee. Il crollo della domanda non avrà dunque ripercussioni su queste economie. Diverso è il discorso per l’Australia che esporta il 19% del suoi prodotti in Giappone e per le altre economie asiatiche che complessivamente esportano circa il 22%. Il grande tema quindi non sembra essere quello internazionale, quanto piuttosto quello domestico.
Eppure, nonostante tutte le difficoltà e le sfide che attendono il futuro del Giappone, ad una analisi attenta non possono sfuggire elementi di cauto ottimismo. Consideriamo innanzitutto l’immediato: la borsa di Tokyo ha retto bene all’impatto del sisma e i listini non hanno perso in maniera rilevante. Anche la moneta sembra reggere bene. La Banca Centrale è intervenuta prontamente a sostegno della valuta con l’aiuto di altre istituzioni monetarie internazionali. Il recente passato ha già mostrato, per esempio in occasione del terribile terremoto di Kobe del 1995, quanto la capacità di ripresa del popolo giapponese dopo una catastrofe, abbia saputo superare anche le più rosee previsioni. E poi non si possono non sottolineare alcuni elementi dell’ethos giapponese che hanno colpito gli spettatori di tutto il mondo in questi giorni di sofferenza: l’estrema compostezza nel dolore, l’ordine delle file circondate dalle macerie, la pressoché totale assenza di atti di sciacallaggio. Sono manifestazioni esteriori di una cultura individuale e sociale che sicuramente aiuterà la nazione in questa fase critica. La capacità di sopportare le avversità, il grande senso dell’onore, la propensione al lavoro di squadra ed una forte presenza di norme di reciprocità, sono tutti elementi che renderanno sicuramente più spedita l’uscita dalla fase di emergenza, così come la lunga ricostruzione successiva.