Sogni speranze attese

Enrico Molinari, docente di psicologia clinica all’università Cattolica di Milano, si interroga sul “bisogno dell’altro”. La proposta di Psicologia e comunione.
Enrico Molinari

Per ogni malattia, fisica o mentale, sembra esserci una pillola che risolve. Serve ancora lo psicologo clinico?
«Il lavoro dello psicologo clinico spesso comincia proprio dove la “pillola” finisce. In più cerca di prevenire l'uso o l'abuso di psicofarmaci, operando in sinergia con il medico perché il farmaco raggiunga gli obiettivi per i quali è stato prescritto. In sintesi, la psicologia, insieme con altre discipline, vuole aiutare le persone a trovare la propria realizzazione, che porta al benessere e alla felicità. Tale processo si realizza nella relazione.
«La cultura della modernità, purtroppo, ha spesso eroso il fondamento relazionale dei valori, del reciproco rispetto e del riconoscimento. Su questo argomento si possono leggere pagine molto belle di Charles Taylor, uno scienziato della politica, che ha scritto della “politica del riconoscimento” come possibilità di costruzione autentica dell'individualità soggettiva».
 
Nell’attuale discussione sulla prossima versione del Dsm, il manuale delle malattie, sembra esserci una certa confusione di posizioni e significati. Qual è il suo punto di vista?
«Il Dsm è un manuale a livello internazionale che propone una operazione prevalentemente classificatoria e descrittiva delle malattie psichiatriche. Bisogna però capire anche “perché” una persona è arrivata a quel disagio, ascoltare la sua storia, la sua esperienza di vita. L'origine dei disturbi, infatti, è importante, ma non basta; non bisogna attardarsi solo sul passato, altrimenti si corre il rischio di una interpretazione deterministica (e riduttiva) della complessità dell'essere umano.
«Invece, vanno pure considerate le motivazioni di ordine superiore di ogni persona. Non siamo solo la nostra storia passata, ma anche i nostri desideri, sogni, speranze, aspettative. Siamo il frutto degli incontri, delle relazioni nelle quali ci co-costruiamo con gli altri».
 
Siamo artefici del nostro futuro, quindi…
«L'uomo non è prigioniero delle sue caratteristiche psicofisiche, ma può giocarsi la vita, impegnarsi per costruire una convivenza migliore. Una persona è sana se riesce a realizzarsi, e la vera realizzazione è saper contribuire alla felicità delle persone con le quali è direttamente o indirettamente in contatto».
 
Perché partecipare a Psicologia e comunione, qual è il valore aggiunto?
«Psicologia e Comunione offre nuovi ed arricchenti punti di vista su una disciplina complessa come la psicologia, e nello stesso tempo valorizza il positivo e il bello che l'esperienza umana, la ricerca e la pratica clinica hanno prodotto in questo ambito. La clinica psicologica ci aiuta a comprendere che noi abbiamo bisogno dell'altro per essere da lui riconosciuti, ma anche l'altro ha bisogno di essere riconosciuto da noi per nascere e fiorire. Psicologia e comunione è poi in collegamento con gruppi di studiosi di altre discipline, come sociologia, medicina, ecologia, diritto, economia, che condividono lo stesso spirito.
«Insieme lavoriamo per aiutare le persone a trovare un benessere non solo privato, reificato, fatto di oggetti e di possesso, ma di una qualità della vita che includa anche la cultura del dono, della reciprocità e dei valori civici.
«In tal senso abbiamo una profonda sintonia con l’Economia di Comunione che ha trovato una modalità, a mio avviso affascinate ed originale, di attualizzare il pensiero e le proposte concrete di Chiara Lubich con gli studi sull'economia della felicità di Daniel Kahnemam, psicologo e matematico, Nobel nel 2002».
 
Grande problema delle scienze della persona è cercare di tenere assieme teoria ed esperienza.
«In Psicologia e comunione cerchiamo di collegare la teoria all'esperienza e capita così che si arrivi anche alla consapevolezza che il Dio incarnato, Gesù, portando l'unità dove c'è contrapposizione e frammentazione, consente una rinnovata comprensione e vicinanza alla sofferenza, al disturbo, al disagio, alla disorganizzazione, spingendo a porsi interrogativi sul senso, sul significato, sui valori».
 

Psicologia e comunione
È un percorso culturale nato nel 1999 per favorire il dialogo tra la psicologia e la “spiritualità di comunione” suscitata da Chiara Lubich. Da essa ha avuto origine una esperienza capace di realizzare fra gli individui una “relazione di comunione”, fondata sul dono reciproco di sé e sull’accoglienza incondizionata dell’altro. A questo modo di concepire i rapporti umani, che non inibisce l’identità soggettiva, ma le permette di realizzarsi in modo più autentico, si ispira il progetto culturale di Psicologia e comunione. Non si tratta di una nuova “scuola” di psicologia, ma di una esperienza di dialogo che, col contributo di psicologi credenti e laici, con il sapere e gli strumenti della psicologia, intende osservare una realtà umana già vissuta da milioni di persone. Nel 2013 sono in programma un laboratorio, animato da accademici e ricercatori universitari, e un seminario di studio rivolto a studenti.
Info su www.psy-com.org

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