Sogni in volo
I cavalli bruciano di rosso, le case aprono gli occhi, gli amanti volano sulla città. Ciò che stava sopra ora è sotto, e ciò che stava dentro è uscito di fuori.Tutto sembra in fuga dalle leggi fisse: niente gravità, niente proporzioni; cose, case e colori, vengono consegnate alle regole volanti della fantasia. Il mondo che troviamo sulle tele di Chagall non è però meno vero del reale; è un mondo fatto di ricordi che ricompaiono come sogni ricorrenti. Veri sono i tetti, le case e la chiesa ortodossa di Vitebsk, il paese natale; veri sono i candelabri, i rotoli della Torà, e le lunghe barbe nere appartenenti alla sua comunità ebraica chassid.Veri gli innamorati, le spose e i bouquet di fiori dai mille colori, e ancora il cavallo azzurro, la capra rossa e il galletto giallo. Per toccare questo mondo non sarebbe sufficiente chiudere gli occhi e lasciar volare la fantasia, ma qui è facile, basta aprirli sulle tele di Chagall e perdersi nel mondo in cui abita, e che lo abita dentro: …Fioriscono in me giardini, dove i fiori sono inventati. Le strade mi appartengono, (…) e gli abitanti vagabondano nell’aria alla ricerca di un appartamento.Abitano l’anima mia…. A cinquant’anni dalla grande mostra che l’artista curò personalmente a Torino, la città ospita nuovamente l’opera di Chagall: centoquaranta tele, che presentano l’uomo e l’artista, i suoi sogni e la sua memoria. I soggetti sono sempre quelli del suo mondo, ma lo stile pittorico testimonia un pittore sensibile ai mutamenti dell’epoca. Nei suoi quadri è quasi possibile fare un excursus delle avanguardie storiche che l’hanno sfiorato senza mai catturarlo: così possiamo trovare le tinte piatte del Sintetismo, le forme multisfaccettate del Cubismo e del Futurismo, le composizioni equilibriste del Suprematismo, ma tutti questi ismi non diventano mai un’etichetta; Chagall rimane un battitore libero. Non è stato schiavo della propria comunità chassid intraprendendo una strada, quella dell’artista, decisamente controcorrente per la sua tradizione, eppure ogni quadro trasuda l’amore per il suo popolo, di cui resta debitore e cantore. Nelle sue tele si mescolano cose che per la sua tradizioni erano inconciliabili; oriente e occidente, nudi e soggetti sacri. È vissuto a Parigi e New York senza restarne schiavo e prendendo solo ciò che in certo modo già apparteneva alla poesia dei suoi desideri. Un’indipendenza e un equilibrio mantenuti fino alla fine sia nella persona che nello stile pittorico; vi si può leggere la fedeltà ad una missione, probabilmente quella indicatagli dall’angelo nella sua grande Apparizione, quasi un’annunciazione in cui alla Madonna si è sostituito lo stesso artista con tavolozza, pennello e cavalletto. Da quel momento le sue figure prendono il volo; forse proprio da quel dialogo col divino e con sé stesso, Chagall libera sulle tele i personaggi del proprio mondo, quelli della memoria e quelli più intimi che lo portano a dipingere mezzi uomini e mezzi animali carichi di energie positive. La donna è un uccello, lo stesso artista si ritrae spesso con una testa umana e una di capra: forse un capro, un agnello che si è immolato alla causa dell’arte e che per dipingere un mondo di sogni, deve pagare per primo tutto ciò che sogno non è; lo si vede dalla gravità che a volte s’impone sulla leggiadria dei quadri, lo si legge sui muri della mostra, da alcune parole dell’artista che accompagnano, e riempiono di luce anche i quadri più scuri: Mi sveglio disperato per il nuovo giorno, per i desideri non ancora disegnati, non ancora coperti di colori. E corro lassù, ai miei pennelli secchi. E come il Cristo vengo crocifisso, fissato con i chiodi sul cavalletto…. Le tele sono sempre più un’altalena di emozioni; nella musica dolce e soave dei quadri si fanno strada le note tristi, a volte cupe, ma sono sempre registri più bassi della stessa melodia. Chagall resta fedele alla sua missione, anche quando la vita riempie la memoria di ricordi duri; dipinge un mondo di sogni, anche quando la tavolozza si fa scura; continua a far sentire la musica dei propri quadri, con l’immancabile violino che è suonato dagli uomini, dagli angeli, dagli uccelli, dalle capre.A volte è l’uomo a trasformarsi in un violino, e comincia a suonare sé stesso: è quello che ha fatto Chagall per darci la sua musica, i suoi voli, il suo mondo. L’ultima produzione, quella che alla critica francese pare ripetitiva, decorativa e commerciale, si presenta invece come una summa di emozioni, colori e personaggi dispiegati nei linguaggi più vari: ai dipinti e agli acquarelli si aggiungono gli allegri collage, i grandi arazzi, e ancora ceramiche, bronzi e marmi. Sembra instancabile Chagall nel voler cantare fino all’ultimo il proprio mondo interiore. E alla fine, dopo aver bevuto i suoi colori, ballato la sua musica, volato sui suoi quadri, diventa davvero possibile chiudere gli occhi, toccare quel mondo, scoprirlo vero, e lasciarsi volare. Marc Chagall, un maestro del ‘900. Torino, Galleria d’Arte Moderna, fino al 4/7 (catalogo ArtificioSkira)