Società civile e buona politica

Le idee dell’Alleanza per la società civile e il prossimo Intergruppo parlamentare come strumento di dialogo permanente.
Leonardo Becchetti

L’Alleanza della società civile, riunita a Roma il 6 settembre, su impulso di Next e di Leonardo Becchetti, offre uno “spartito” alla politica, ma non vuole essere un “partito”, in vista delle elezioni del 25 settembre.

Essa propone a tutti gli schieramenti idee sul versante povertà-welfare, generatività, ambiente e rinnovabili, fisco equo, diritti, Europa unita. Non, quindi, sullo schema novecentesco destra- sinistra- centro.

È nato un luogo, un contenitore che mira ad accorciare la distanza tra politica e cittadini attraverso un prossimo Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà con la società civile, come strumento di dialogo permanente con Parlamento, Governo, partiti, chiunque vinca.

Viene aggregata la domanda politica della cittadinanza attiva per allearsi con la buona politica e trasformare il Paese. Sarà importante infatti ridare corpo, fisicità alla politica con i sindaci e con la partecipazione di milioni di cittadini attivi e volontari, in associazioni, cooperative, imprese, economia civile, circolare e sociale, comunità energetiche.

Nessuna forza politica da sola riuscirà a superare la crisi epocale senza la pietra miliare della società civile e senza la Comunità europea. La prossima legislatura sia costituente anche per la seconda Ricostruzione della Repubblica.

In questo contesto possiamo parlare di Neomutualismo? Possiamo ridisegnare dal basso competitività e welfare? «Nell’ ottica coesiva di un nuovo mutualismo del territorio, i tradizionali stakeholder (portatori di interesse) sono chiamati a diventare assetholder (portatori di risorse), all’interno di catene di produzione e redistribuzione, dove il valore è autenticamente condiviso in un’ottica di trasformazione sociale» (Paolo Venturi, Flaviano Zandonai – Neomutualismo – Egea 2022).

È intorno a questa sfida che si gioca il vantaggio cooperativo delle imprese coesive. Ne deriva un impatto positivo sui mercati, che si arricchiscono di elementi di socialità, e sul benessere nei contesti abitati dalle imprese. Gli elementi valoriali e culturali qualificano così i processi economici. In questo momento difficile della storia del Paese, il Terzo settore può essere un elemento innovativo per la ripresa dello sviluppo. Terzo non significa residuale, ma fonte di energie per una rivoluzione civile.

Esso è centrale perché senza il principio di reciprocità, senza pratiche di gratuità neppure Stato e mercato possono funzionare. Occorre considerare poi che la pandemia ha favorito il ritorno del mutualismo. Sono sorte risposte terze rispetto alle transazioni di mercato e alla redistribuzione pubblica.

Va ripensata pertanto la natura del legame sociale per rifondare le istituzioni. Il potenziamento del Terzo Pilastro passa attraverso il digitale come area principale di innovazione. Digitale e locale sono i vettori del Neomutualismo. Lavoro, cura, educazione sono stati ridisegnati da una intelligenza collettiva sul territorio. Il mutualismo riemerge come forma originaria del welfare, fondata appunto sul mutuo supporto.

Sorgono nuove governance ed economie basate sulla condivisione e che rompono con il sistema dominante. Viste le risorse in calo sarà necessario potenziare poi queste infrastrutture sociali del futuro, con comunità e digitale motori propulsivi, mediante modelli organizzativi agili.

Sta avvenendo una trasformazione sociale che spinge dal basso. Si realizza il passaggio dal non profit a Terzo Settore. L’impresa sociale è uno dei più importanti fattori di trasformazione. Si configura una economia sociale per una Europa mutualistica.

La coprogettazione diviene lo strumento principale di innovazione della sfera pubblica. Così si delinea il carattere coesivo del capitalismo di territorio con dimensione sistemica di imprese coesive.

Cambia anche il futuro del lavoro nella prospettiva neomutualistica. Si arricchisce il lavoro di motivazioni, capacità e risorse. Come fare Neomutualismo nei prossimi decenni? Parliamo di mutuo aiuto nell’epoca delle piattaforme. Con il digitale cambiano prossimità e welfare. Servono allora nuove infrastrutture socio-tecnologiche del welfare, nuovi corpi intermedi, change-makers, una economia consortile delle filiere.

È l’innovazione aperta, dopo la pandemia, come fatto cooperativo, ad incrementare produttività e socialità. Pertanto dobbiamo accompagnare il cambiamento operando sulle interdipendenze, attraverso nuove reti e incubando imprese ad impatto sociale. Troviamo modelli organizzativi avanzati in avanguardie come le cooperative di comunità e le comunità energetiche. Va sbloccato l’ecosistema con progetti Pnrr, ma anche con investimenti dal basso e finanza etica. Ovviamente è la nuova cultura che può innescare i processi di cambiamento.

In conclusione, dobbiamo ridisegnare dal basso welfare e competitività. Servono progetti per il dopo crisi ed un dialogo forte con la politica, come sta cercando di fare l’Alleanza della società civile.

Il Rapporto post pandemia dell’Osservatorio di Banca Etica su duemila imprese ci dice che l’occupazione nel Terzo Settore ancora tiene, ma la crescita è lenta. È insufficiente la collaborazione con il settore pubblico e con la finanza. Manca un’idea condivisa di società.

Eccessiva è la polarizzazione tra poche grandi cooperative e una miriade di associazioni che vivono di solo volontariato. Tuttavia l’aumento del numero dei lavoratori dà una idea della vivacità del Terzo Settore. Parliamo di 362 mila Ets con 861 mila dipendenti.

Nelle Giornate di Bertinoro, il 14 e 15 ottobre, verrà affrontato opportunamente il tema del “riconoscimento”. Possiamo allearci e collaborare solo se ci “riconosciamo”. Le importanti trasformazioni in atto vanno sostenute con un nuovo patto tra politica, economia e società civile.

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