Social network e politica, tutte le sfide

La trasparenza, il rapporto con i cittadini, fino alla legge elettorale: in un dibattito al Senato a Roma, tutte le questioni che i nuovi media pongono
Social network

«Ormai, persino le dichiarazioni dei politici vengono fatte via Facebook o Twitter»: Benedetto Adragna, questore del Senato, ha aperto con questa constatazione il dibattito da lui moderato su “Politica e social network”, organizzato in occasione della presentazione di Combook: una sorta di “guida pratica” all’uso dei nuovi media, scritta dai giornalisti Andrea Benvenuti e Salvo Guglielmino. Un confronto tra esponenti del mondo della politica e della comunicazione su un tema centrale in un mondo in cui pare che nulla esista se non passa per questi canali, spesso evocati come mezzo migliore per garantire il collegamento tra Palazzo e cittadini.
 
La loro indubbia efficacia, tuttavia, non deve far dimenticare che «non possono sostituire né gli altri media, né il rapporto reale con le persone – ha osservato l’on. Antonio Palmieri, responsabile della comunicazione web del Pdl –: devono servire a stimolare questo rapporto, perché ne nasca una relazione. Che in quanto tale, vive se la si alimenta». Il fatto che Internet sia economicamente il mezzo più conveniente non deve pertanto illudere: si tratta infatti «di quello più costoso in termini di tempo, perché, appunto in virtù della relazione che si crea, richiede un’attenzione costante».
 
Ancor prima però, secondo il giornalista del Corriere Sergio Rizzo, viene la questione della trasparenza. Fronte sul quale «il paragone con altri Paesi risulta avvilente: negli Stati Uniti, è possibile sapere con un click l’elenco dei finanziatori dei partiti, e in Gran Bretagna sul sito del governo è disponibile l’elenco spese dettagliato dell’esecutivo». In Italia, invece, «l’unico modo per avere queste informazioni è recarsi di persona a Roma», e affrontare una lunga trafila burocratica per avere accesso ai documenti.
 
La trasparenza non è peraltro l’unica sfida che il web pone alla politica: come ha fatto notare il vicesegretario del Partito democratico Enrico Letta, «le nuove tecnologie hanno impresso una notevole rapidità agli eventi. Però si vota ogni cinque anni: per cui il Parlamento che abbiamo oggi fotografa la situazione del 2008, ben diversa da quella attuale». Sempre più urgente risulta dunque la riforma della legge elettorale, in quanto «una legge inefficace esaspera questo problema». Di qui l’invito a non attendere che siano passate le elezioni amministrative prima di mettervi mano, in quanto rimarrebbe soltanto un semestre prima della fine della legislatura: un tempo insufficiente, a detta dell’on. Letta, per un’elaborazione attenta e condivisa.
 
A frenare sull’elogio più o meno acritico dei social network è stato il direttore de Il tempo, Mario Sechi. Pur riconoscendone le potenzialità, è altrettanto vero che «non c’è nulla di nuovo: Twitter è l’evoluzione del vecchio telegrafo, Facebook quella della lavagna di casa dove lasciavamo i messaggi ai familiari, e YouTube quella della nuova videoteca. Tutto parte comunque da un’esperienza reale». Lecita quindi la domanda: quando e fino a che punto queste esperienze virtuali riescono a tramutarsi in realtà? Sechi ha portato l’esempio delle Primavere arabe e delle proteste in Iran, nate via social network, ma dagli esiti ancora dubbi: per quanto i nuovi mezzi di informazione offrano ottime possibilità in questo senso, «perché degli altri si sono già impossessati i poteri forti – ha affermato il leader Cisl Raffaele Bonanni, che ha inoltre sollevato il problema del digital divide in Italia  – l’equazione tra Internet e libertà è falsa: la libertà vera, la vita vera è quella reale», ha proseguito Sechi. Per questo, ha concluso, «twittate finché volete, curate la vostra pagine Facebook, scoprite il vostro talento letterario tramite un blog: ma poi, telefonate al vostro migliore amico per invitarlo a cena a fare due chiacchiere». 
 

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