Azzardopatia. Prevenire è meglio che curare

Non è un gioco ma una malattia. L'iniziativa nel liceo classico-linguistico G. Mazzini di Sampierdarena a Genova con esperti e testimoni per conoscere il fenomeno  
Una delegazione del liceo Mazzini di Genova al Quirinale

Angela. Davide e Teresa, tre giovani tra i tanti che negli anni passati hanno dato vita ad alcuni Slot Mob in diversi punti della città di Genova e che continuano con decisione la loro lotta di sensibilizzazione contro questo gioco infame sponsorizzato dallo Stato, ora sono al liceo Mazzini di Sampierdarena per parlare agli studenti del danno che questo particolare tipo di gioco procura alle persone. «L’iniziativa – ci spiega il professor Algeri –, è maturata nella scorsa primavera, quando il dott. Brovero, impegnato nella sensibilizzazione sul problema del gioco d’azzardo mi chiese se fosse possibile parlare del problema nel liceo classico-linguistico G. Mazzini,  dove da quasi dieci anni presto servizio come docente di filosofia e storia. Il dirigente scolastico, al quale avevo prospettato la cosa, si era dimostrato interessato, così siamo arrivati a questa giornata che ha costituito, per un gruppo di studenti delle classi  prime e seconde Liceo classico e  terzo e quarto anno della succursale, l’occasione  per essere coinvolti in una giornata di studio, per così dire alternativa, di educazione alla legalità e alla socialità».

 

La giornata ha visto, oltre all’intervento sui danni provocati dal gioco d’azzardo, anche la partecipazione nella prima parte di due tributaristi e un’avvocatessa, i quali hanno sottolineato ai giovani, ciascuno in una particolare prospettiva, l’importanza di far proprio un atteggiamento mentale volto al rispetto della legalità; a fronte di comportamenti  diffusi nel nostro Paese che si configurano spesso in senso opposto, favoriti anche da inefficienze burocratiche  e insufficiente volontà di intervenire per contrastarli. Infine, c’è stato l’intervento di un docente di matematica e fisica, che ha proposto agli studenti un “gioco matematico” basato sul calcolo delle probabilità, dimostrando come le probabilità’ di vittoria nel gioco d’azzardo risultano sempre inferiori  a quelle di  vincita.

 

L’aula Magna è affollata e gli studenti seguono con attenzione ed interesse, Angela. Davide e Teresa che con precisione professionale illustrano le caratteristiche del gioco. Spiegano che le vincite non sono mai dovute all’abilità del giocatore, come a volte si tenta di far credere, ma solo e sempre al caso. Raccontano del successo riscosso durante le giornate promosse per sensibilizzare i cittadini a non usare le macchinette mangia-soldi. Parlano del sostegno da dare ai titolari dei locali che si rifiutano di installare le slot machine. Per tanti dei presenti questi discorsi sono recepiti per la prima volta. Si parla di danni veri e propri agli individui per i quali il gioco diventa dipendenza. L’interesse è Tanto anche perché un PowerPoint e poi un successivo video risultano molto efficaci.

 

Ma quando poi Maurizio e Alfredo due ex giocatori, ora appartenenti all’associazione “Giocatori Anonimi” iniziano a raccontare le loro storie  l’attenzione sale a mille. Entrambi hanno un percorso nell’associazione che li ha accolti e li sta sostenendo, l’uno da più di tre anni, mentre il secondo da centoundici giorni. Entrambi erano  giocatori compulsivi, persone molto malate che si sono potuti recuperare solamente perché hanno seguito con tutte le loro forze un programma specifico di sostegno. «Il giocatore compulsivo deve voler accettare il fatto che è alle prese con una malattia progressiva e deve avere il desiderio di star meglio. La nostra esperienza ha dimostrato che il programma funziona sempre per qualunque persona che abbia il desiderio di smettere di giocare». Mentre non darà alcun risultato per la persona che non affronterà decisamente i fatti di questa malattia. «Il gioco d‘azzardo ti priva delle emozioni, del gusto delle cose belle, dei figli, della famiglia – scandisce con forza Alfredo – penso solo al gioco da quando ti svegli a quando vai a letto. Diventi bugiardo, inventi storie per nasconderti ai familiari. Distruggete la vostra vita e il vostro futuro».

 

Parole forti che piombano come lame di fuoco sui ragazzi attoniti. Maurizio racconta di aver iniziato a giocare prima dei diciotto anni con super Mario poi con i videopoker. «Tutti i soldi che avevo li mettevo nelle macchinette. E una volta ho realizzato una buonissima vincita. I problemi sono cominciatI quando un giorno, arrivato a casa, pigio l’interruttore e la luce non s’accende. Non è che non ci fosse corrente, il gestore dell’energia me l’aveva staccata, perché le bollette da un po’ erano inevase.  Da lì ad accettare di avere un problema col gioco non è stato facile. Il gioco vedete ragazzi, non è un vizio è una malattia: io giocavo finché avevo un euro in tasca! È una malattia e per curarla non ci sono farmaci, non puoi sciogliere la capsula nell’acqua e provare beneficio. Solo con la tua volontà e l’aiuto di persone di ti ascoltano e ti sostengono nel tuo sforzo ne puoi venire fuori».  E Maurizio ce l’ha fatta. È qui a raccontare il suo passato.  Allora mentre la mattinata si chiude ci si porta a casa una buona dose di educazione alla socialità. In fondo per dirla con termini da non giocatore, da non scommettitore: ragazzi avete una vita sola. Spendetela nel sociale. Pensate a quanto è bello fare qualcosa per gli altri. Impegnare il tempo libero per essere utile a chi può aver bisogno di voi. Giocare, scommettere, rischiare è chiudere la porta agli altri. Ritirarsi in una vita egoistica e in azioni dal non senso. Mentre vivere per gli altri è bello meraviglioso affascinante. È sognare la propria vita in grande.

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