Sit in deputati Usa contro le armi come ai tempi di Luther King

Si sono seduti a terra dinanzi al presidente del Congresso per chiedere di mettere ai voti una norma per il controllo sulla vendita delle armi. Guida la protesta non violenta John Lewis, uno dei leader delle battaglie contro la segregazione razziale
deputati Usa

Come ai tempi delle proteste non violente ideate da Martin Luther King quando alle manganellate della polizia si rispondeva con l’immobilismo. Come nella marcia di Selma e di Washington, quando di fronte alle cariche dei militari ci si sedeva a terra per protestare contro la segregazione razziale a chiedere pari diritti civili per gli afroamericani, anche ieri 50 deputati democratici, uno dopo l’altro si sono inginocchiati e seduti a terra nell’aula parlamentare per chiedere al congresso di votare una norma per il controllo sulla vendita delle armi. I deputati hanno annunciato che non lasceranno l’aula finché non sarà inserita in agenda una votazione e una discussione sul tema, prima della chiusura dei lavori per il giorno dell’indipendenza. L'attività è stata sospesa nonostante i deputati occupassero silenziosamente lo spazio antistante gli scranni della presidenza, ma i repubblicani hanno ritenuto indecoroso il loro comportamento e hanno chiesto e ottenuto che anche le trasmissioni in diretta dei lavori dell’assemblea venissero interrotte.

 

Così è stato, ed infatti le immagini che arrivavano era quelle inviate direttamente dai manifestanti o dai giornalisti ancora presenti nella sala stampa. Paul Ryan, portavoce della Camera, poteva chiedere che la polizia intervenisse con la forza per rimuovere i colleghi, ma le memorie delle cariche dei militari sui manifestanti afroamericani sono ancora ferite aperte nella storia del Paese. Soprattutto perché a guidare la protesta è John Lewis, deputato della Georgia, che negli anni ’60 era a capo del coordinamento degli studenti che organizzavano e sostenevano le proteste non violente ideate da Martin Luther King. Picchiato decine di volte, minacciato di morte, è stato uno dei quattro oratori della marcia di Washington che segnò la fine della segregazione razziale e il diritto di voto per gli afroamericani. Quest’uomo quasi ottantenne ha preso la parola con voce tonante dicendo: «Abbiamo perso centinaia di migliaia di persone: bambini, insegnanti, madri, mogli, padri e amici, fratelli e vicini a causa della violenza delle armi. Dove sono oggi il nostro cuore, la nostra anima, la nostra dirittura morale? Siamo chiamati a guidare il Paese e non ad essere il fanalino di coda. Fateci votare. Il tempo è ora».

 

La manifestazione dei democratici vuole forzare i tempi del Congresso, soprattutto dopo che lunedì il Senato ha bocciato quattro leggi volte a inasprire i controlli. Fra le normative, presentate alla presenza dei familiari delle vittime della strage di Orlando, una prevedeva il divieto di vendita alle persone presenti sulla lista di sospettati di terrorismo in mano all'Fbi, più di un milione di persone alle quali il governo degli Stati Uniti ha proibito di volare fuori dal Paese e che sono quindi già sottoposte a restrizioni di tante libertà, tranne per l’acquisto delle armi.

 

Perché l’iter della legge vada avanti mancano i voti di 14 repubblicani, poiché tutti i senatori democratici e gli indipendenti hanno già votato a favore. La protesta spera di ottenere uno sblocco della situazione, polarizzata sugli interessi di partito più che sul bene del Paese. La Nra, potente lobby delle armi che ha finanziato la campagna di diversi senatori, prima del voto in aula, ha protestato per questa norma, in quanto le leggi avrebbero violato il secondo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, che tra l’altro garantisce ai privati cittadini il diritto di possedere armi da fuoco. Un emendamento che parecchi americani ritengono obsoleto, perché redatto in epoca coloniale e con ben altre condizioni storiche: a quei tempi non c’era polizia e non c’era un esercito a difesa del popolo.

 

Il sit in democratico sembra una lotta impari, simile a quella che negli anni '60 chiedeva la parità di diritti tra bianchi e neri: Lewis e i colleghi ne sono consapevoli, ma sanno anche che l’insperabile può accadere, come avvenne nel 1964 per il Civil right, la legge che di fatto abolì la segregazione razziale. Il 2016 potrebbe essere l’anno per mandare chiari segnali di rivolta alle lobby delle armi e a chi le sostiene.

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