Sisley, semplicemente un poeta

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Non è morta la poesia, e nemmeno la voglia della poesia. Di essa abbiamo bisogno, come di qualcosa che sveli luminosamente il nostro mondo interiore a noi stessi e a chi ci circonda; e sazi il desiderio insieme di verità, di bellezza che è proprio essa, la poesia, a portare e a contenere. Forse è per questo che l’arte degli Impressionisti, dalla inimitabile forza poetica, risulta affascinante e sempre nuova ad ogni riproposta. Vi si scoprono infatti di continuo orizzonti impensati, tracce di immortalità: parole d’ amore. Guardare in questo modo le tele di Alfred Sisley, forse il più puro fra gli Impressionisti, per chi ha vissuto il variare armonico delle stagioni come una meraviglia o per chi, ancor giovane, desidera scoprirne l’incantesimo, può diventare un’esperienza di gioia. Essa infatti segna il percorso di questi dipinti, in cui la tradizione della pittura paesaggistica ( i vedutisti italiani e francesi, ma anche quelli inglesi come Constable) si condensa e si vivifica con immediatezza spontanea. Non ci si accorge nemmeno che i temi sono pressoché identici. La luce, fissata rapidamente per tocchi aggiuntivi in brillii o in ombre colorate – com’è tipico della pittura en plein air -, ani- ma gli attimi le ore i giorni della natura: la quale si pone come una “presenza” amica, fiduciosa e cordiale. Sempre i poeti lirici hanno riversato in essa la loro carica sentimentale, trasfigurandola in immagini di bellezza: la natura parla così per loro e attraverso di loro: e noi ne siamo partecipi. È quanto accade con Sisley. Come ama, con quale passione si ferma attraverso i luoghi cari al suo cuore: un giardino a Louveciennes, la cittadina sotto la prima nevicata, una mattinata piovosa, una fila di pioppi, un sentiero di castagni presso La Celle-Saint- Cloud. Le splendide vedute di Saint-Mammès con le brezze a scompigliare le rive del fiume, i tramonti che inondano una città, o la chiesa di Moret: soggetto ripetuto infinite volte – come farà l’amico Monet con la cattedrale di Rouen – ma con ben diverso risultato. Lirico puro, Sisley vive, si direbbe, sempre sotto ispirazione: come ai classici greci con il verso, a lui servono frammenti di paese per farci respirare col soffio stesso della natura. Siamo noi a calpestare la neve – ne sentiamo il fruscio – o le foglie di un sentiero boscoso; noi che avvertiamo la primavera “brillare nell’aria” o l’estate scoppiare fra i campi di grano. Emozione fisica ed emozione spirituale s’incontrano da subito, come una musica che va e viene. C’è un ottimismo tranquillo nelle tele di Sisley: quello di una persona che ha trovato il suo mondo, e guarda lo spettacolo della natura con un atteggiamento di amore. Osservando le pennellate ariose, il vento sottile che scivola fra i paesaggi, si avverte il flusso vitale della creazione, tracciato da una mano commossa. Perciò, passeggiando fra queste visioni “innamorate”, può accadere che i nostri orecchi spirituali si riaccendano e contempliamo con occhi diversi, grazie a Sisley, la verità racchiusa nel grande libro della natura. La sua pittura infatti allontana ogni possibile pensiero di tristezza o di morte: i cieli e le terre che l’artista coglie, con sensibilità estrema, nel loro attimo luminoso, ridestano aspirazioni sopite di immortalità. Per questo, la poesia di Sisley non è l’opera di un “romantico” fuori dal tempo, nemmeno solo un canto d’amore alla natura; ma un inno alla vita che non morirà.

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