Siria, rapiti dall’Isis
Padre Jacques Mourad, è il protagonista del romanzo di un monaco rapito dall’Isis, Il mare nel deserto, che sarà presentato mercoledì 29 luglio alle ore 19. Saranno presenti: Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo, Salvatore D’Antona, autore del libro, Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore, Gianni Piccinelli, docente Università della Campania e amico della comunità monastica Deir Mar Musa. Segui la diretta su Facebook e acquista il libro nel sito di Città Nuova.
Intervista all’autore Salvatore D’Antona.
Come nasce l’idea del libro?
Ogni racconto nasce da una suggestione che diventa idea e, dopo una lunga maturazione, assume la forma del romanzo. In questo caso la vicenda di Padre Jacques Mourad, il drammatico rapimento e il rilascio per volere del califfo Abu Bakr al-Baghdadi, ha suscitato in me una profonda impressione e generato l’urgenza di un racconto. Ho letto il suo libro Un monaco in ostaggio, l’ho chiamato, mi sono confrontato con lui e ho capito, dalle sue parole, che poteva avere un senso raccontare quel dolore che aveva attraversato la carne e la mente di Padre Jacques. Così come la capacità sua di riscoprire il valore della preghiera nei momenti più bui del rapimento. Quella esperienza può avere un valore per chi segue molto da lontano le vicende mediorientali? Può essere utile per chi vive nella parte fortunata del mondo? La risposta è stata affermativa e ho deciso di costruire un personaggio femminile di pura fantasia, con la sua angoscia occidentale e di metterla in contatto con la storia di Padre Jacques.
Ha conosciuto padre Jacques?
Probabilmente ci siamo incrociati alla fine degli anni ’80 a Mar Musa. Quando ci siamo sentiti recentemente per il racconto abbiamo cercato di ricostruire i ricordi. Ma sono passati troppi anni e tutto appare fuori fuoco. Certamente abbiamo vissuto entrambi, e contemporaneamente, gli anni della prima ricostruzione del monastero di Mar Musa: tanta polvere, tanta buona volontà, tanta voglia di stare insieme tra ragazzi cristiani e musulmani. La guida e l’amicizia di padre Paolo Dall’Oglio. Sono convinto che i nostri occhi si fossero già incrociati molti anni fa in una nuvola di polvere del cantiere di Mar Musa.
Che esperienza ha fatto a Mar Musa?
È stata un’esperienza fondamentale per la mia vita personale. Ero andato lì semplicemente per imparare l’arabo. Alcuni amici gesuiti mi avevano detto che padre Paolo Dall’Oglio offriva vitto e alloggio nel deserto della Siria in cambio di lavoro manuale per la ricostruzione di un antico monastero ritrovato a 80 km da Damasco. Studiavo arabo all’università e questa era l’occasione per praticarlo senza spendere troppi soldi. Tutto mi sarei aspettato, a vent’anni, tranne che di trovarmi stremato, a fine giornata, davanti al crocifisso a farmi domande sul senso della mia vita. Mar Musa è l’esperienza del deserto vero, quello che non sopporti, che non ti da punti di riferimento, che ti acceca perché c’è troppa luce e ti scioglie in un calore infernale. Eppure, è proprio in quel vuoto di tutto ciò che appare necessario altrove, che si riesce a ritrovare il senso delle cose essenziali, dei sentimenti più profondi, delle prospettive non condizionate. Una cosa che mi ha sconvolto quando sono arrivato lì era la foga con la quale i cristiani siriani parlavano delle Sacre Scritture. Ero abituato ad ascoltare la Parola di Dio a messa, spesso con distrazione. A Mar Musa ragazzi come me restavano per ore a interpretare le parole scritte nella Bibbia. Per loro in quel libro c’erano le indicazioni per gli atteggiamenti quotidiani, per le scelte di vita, per le posizioni da prendere sui vari temi della vita. Per la prima volta in vita mia ho visto quella Parola diventare carne.
Qual è l’attualità di questa storia?
Nel mio racconto padre Jacques è anziano e incontra, a Mar Musa, una giovane donna che vive tra Milano e Londra e ha perso tutto, amore, lavoro, famiglia. Le è rimasta solo una figlia di otto anni che soffre di autismo. Aurora, questo è il nome del personaggio, non sa niente della Siria, niente delle guerre interne tra gruppi di fondamentalisti islamici, non sa neppure quale sia la differenza tra sciiti e sunniti. Insomma Aurora somiglia a milioni di persone che conosciamo e che vedono le vicende che accadono nel Vicino Oriente con indifferenza, quando va bene, o, nel peggiore dei casi, con fastidio e pregiudizio (spesso condito con dosi massicce di assoluta ignoranza sulle questioni). Eppure Aurora, quando ascolta la storia del rapimento di padre Jacques e riesce a comprendere le infinite pieghe emotive che la compongono, si accorge che c’è empatia con i suoi dolori, così diversi. L’attualità di una storia non va confusa con la sua capacità di trattare argomenti di moda, coincidenti con la cronaca. L’attualità di un romanzo sta, secondo me, nel riuscire a entrare in empatia con le sensazioni e i sentimenti di un lettore. Ci sono romanzi scritti duecento anni fa incredibilmente attuali perché sanno rispondere alle esigenze più profonde dell’essere umano. E ci sono romanzi scritti ieri, su argomenti di grido, che incontrano solo l’epidermide del lettore (magari con successo). Il mare nel deserto ha l’ambizione di trattare un tema, il dolore di un uomo e le strade per elaborarlo, facendone un elemento importante per andare avanti ancora, e per questo ritengo sia di grande attualità.
Che speranze ci sono per la Siria?
Nel mio romanzo ho immaginato una Siria senza guerra. Le città che ho visto splendere, come Aleppo, Palmira e tante altre oggi distrutte dalla lunga guerra, nel mio romanzo tornano vive e festose. La mia fantasia attribuisce il nuovo scenario all’esaurimento dei pozzi petroliferi. Se in Siria non ci fosse petrolio, nessuno si sognerebbe di bombardare, distruggere, affamare, spesso addirittura tirando in ballo il nome di Dio. In Siria si sta consumando una tragedia assurda: più di 270 mila morti, 13.500 bambini uccisi, migliaia di dispersi, metà della popolazione senza casa, macerie e rovine dappertutto. Padre Paolo Dall’Oglio ha pagato anche per la sua scelta di indicare una strada alla primavera siriana che non è mai sbocciata. La sua voce più volte si era espressa a favore di una stagione nuova nella quale la cultura, la tolleranza tra le varie confessioni religiose, l’abbandono di pratiche aggressive e oscurantiste, fossero i pilastri di una nuova società siriana. Il regime non ha digerito quelle parole e lo ha cacciato. Poi, quando era tornato a Raqqa, convinto che stesse cominciando la primavera siriana, è stato inghiottito nel buco nero dello Stato Islamico. Credo che la profezia di padre Paolo Dall’Oglio sia una via per la salvezza della Siria, ma non riesco a essere troppo ottimista per il prossimo futuro.
Qual è la struttura narrativa del romanzo?
Parto dallo sgretolamento della vita di Aurora. Una vita praticamente perfetta, piena di affetti, certezze, calore che, a poco a poco, diventa buia, gelida, totalmente incerta. Rimasta sola con una figlia che soffre della sindrome di Asperger, decide di compiere un viaggio apparentemente senza senso. Si ricorda che il padre le aveva parlato molto tempo prima di un suo viaggio giovanile in Siria, a Mar Musa, in mezzo al deserto. Il padre le aveva detto che lì aveva trovato molte risposte alle domande della vita. Aurora decide di mettersi in viaggio alla ricerca di qualche risposta. A Mar Musa incontrerà un vecchio Padre Jacques che le racconterà la sua vicenda dolorosa e altri personaggi alla ricerca di se stessi. Il romanzo ruota intorno al contatto fortuito tra le sofferenze inflitte dalla vita ad Aurora e quelle provocate dai terroristi dell’Isis a Padre Jacques. Poi c’è la figura di un vecchio misterioso e, soprattutto, di Asha, la figlia di Aurora, che ha un rapporto magico con le pietre. E ho scelto proprio Asha, una bambina di appena otto anni affetta da una particolare forma di autismo, come personaggio centrale per indicare la strada per il futuro di tutti. Perché una strada da percorrere c’è sempre e, qualche volta, occorre qualcuno che abbia occhi giusti per vederla e abbia voglia e amore per indicarcela.