Siria: quello che resta dopo le bombe
Quando qualche giorno fa ho sentito la notizia che un’altra guerra era iniziata in Ucraina, non potevo crederci. Vivo in Siria da quattro anni e attraverso il mio lavoro psicoterapeutico tocco in prima persona le conseguenze della guerra sulla popolazione civile.
La guerra, nell’esperienza che verifico ogni giorno, non è solo miopia politica, irrazionalità, stupidità, irresponsabilità, è soprattutto un abisso di conseguenze. Sicuramente tutti conoscono le immagini della Siria: l’immensa distruzione, gli edifici scheletrici, gli innumerevoli rifugiati con i loro averi sulle spalle, la disperazione dei bambini spesso soli in strada.
Il più delle volte, la battaglia inizia con attacchi ad obiettivi strategici: fonti di energia, centrali elettriche e idriche. Ma passare a distruggere tutto il resto è immediato: forniture alimentari, ospedali, scuole, luoghi pubblici, edifici storici, siti archeologici. E le case. Naturalmente in cima alla lista di distruzione c’è l’apparato di sicurezza con tutte le sue strutture militari, gli arsenali nascosti di armi (comprese quelle per la guerra chimica). Ma quello che viene spazzato via è in realtà il sistema economico, con le opportunità di lavoro e di reddito, che era stato costruito in molti anni. Anche la sicurezza, il controllo e la rete sociale si disintegrano, e la natura stessa subisce enormi danni dai bombardamenti.
Per i superstiti, le regole sociali che rendono possibile la convivenza non si applicano più: prevalgono le leggi del selvaggio west dove la rapina, la corruzione e la violenza determinano la vita quotidiana. La gente segue sempre di più i propri istinti animali: omicidio, rapimento, estorsione, imprigionamento, frode, stupro di donne e bambini, prostituzione forzata avvengono in pubblico. Oltre alle ferite dovute alle armi, aumentano a passi da gigante anche le malattie: stress, disturbi cardiovascolari, diabete, cancro, patologie ambientali causate da scarsa igiene…
Ma con il mio lavoro sono soprattutto i pesi psicologici invisibili e i problemi di relazione che incontro continuamente: dolore per la morte di membri della famiglia, partner, amici; perdita di identità e stabilità (chi sono io adesso dopo 11 anni di guerra?); mancanza di speranza, dolore, preoccupazione, disperazione, paura, stati di shock, impotenza, vendetta, depressione e pensieri suicidi, aggressività, traumi di ogni genere… E la violenza all’interno delle famiglie, che è in aumento.
Le ragioni di questo sono disturbi nelle relazioni; perdita del contesto sociale, della coesione e della solidarietà; dilemma nella lealtà allo Stato, distruzione dei progetti educativi e delle prospettive professionali; mancanza di funzioni stabilizzanti, perdita di persone di riferimento. E i bambini sono molto spesso le vittime principali.
La lista delle conseguenze della guerra è tutt’altro che completa, perché la sensibilità delle persone è profondamente disturbata: rabbia verso tutti, profonda tristezza e disperazione, scoppi di pianto, disturbi alimentari, paura costante, incubi, desiderio di morte sono onnipresenti.
A livello individuale e collettivo questo significa anche che i bambini perdono ogni base sicura e le persone non possono svilupparsi durante la guerra, la creatività è persa (musica, canto, pittura…). Sì, quando il terreno e la storia vengono strappati da sotto i piedi, l’assenza di radici diventa inevitabile. La storia non può più guardare al futuro, ma cade in un abisso profondo dove crolla anche il passato.
Ma oltre a tutta questa sofferenza scatenata dalla guerra, qui in Siria c’è anche un drastico e crudele embargo economico che sta affondando l’intera popolazione – attualmente intorno a 12 milioni di persone – nella povertà e nella disperazione.
I costi militari di un attacco si possono calcolare, ma la sofferenza umana di una guerra non può essere calcolata da nessuno, e supererebbe qualunque cifra.
Per favore, possiamo cambiare il nostro modello di pensiero comprendendo il mondo come una sostanziale unità dell’umanità, dove insieme cerchiamo di rendere possibile la convivenza, dove i conflitti e le crisi vengono disinnescati attraverso un dialogo rispettoso in modo che non possano degenerare in uno scenario di scontro e disastro in primo luogo?