Siria, Iraq, Ucraina: ferite aperte
«Il numero dei cristiani e la Chiesa si sono indeboliti in Iraq. C’è un complotto per cancellare le minoranze e il cristianesimo. L’Isis, lo scorso giugno, ha distrutto a Ninive la Chiesa del profeta Giona insieme a libri antichissimi e manoscritti preziosi. Nemmeno Gengis Khan aveva fatto tanto quando aveva invaso l’Iraq». È un fiume in piena monsignor Shlemon Warduni, vescovo caldeo ausiliare di Bagdad. Non prende quasi il fiato, tanto è infervorato per il dramma della sua gente e l’indifferenza occidentale. «Non siamo pessimisti ‒ aggiunge ‒, ma l’Europa, gli Usa, cosa hanno fatto per noi? Più volte abbiamo detto di non vendere armi all’Isis perché, poi, verranno, con quelle armi, a bussare alle vostre porte».
In Ucraina, nella sua diocesi di Kharkiv-Zaporizhia, c’è la guerra. Delle 7 regioni che include, in due, Donetsk e Lovansk, si combatte ancora. Monsignor Stanislav Szyrokoradiuk non usa mezzi termini: «In Ucraina non c’è una guerra civile. Sul nostro territorio ci sono più di dieci mila soldati russi bene armati e ben pagati. Dopo la rivoluzione di piazza Maidan abbiamo detto al mondo che vogliamo essere indipendenti e camminare verso l’Europa, che per noi rappresenta una speranza anche contro la corruzione e la criminalità. Ma non siamo liberi. Putin vuole che torniamo in Egitto, in stato di schiavitù. Utilizza gli stessi metodi sovietici di sempre. È un pericolo per tutto il mondo. Da ben 70 anni nelle nostre regioni orientali è in atto un programma di russificazione. Nelle scuole s’insegna solo il russo. Chi emigra qui dalla Russia riceve subito un appartamento, mentre la popolazione aspetta anche 20 anni».
Damasco, in Siria, è nelle mani del governo, ma le periferie sono dei ribelli. «Ci sono combattimenti tutti i giorni ‒ racconta monsignor Samir Nassar, arcivescovo di Damasco dei Maroniti ‒, ma la gente si è come abituata. Continuano ad andare tutti i giorni a lavorare o a cercare come procurarsi il pane quotidiano. Siamo nel quinto anniversario della guerra e anch’io, come tutti, ho paura. Mancano l’acqua, le medicine, la luce elettrica. Il valore della moneta è crollato. I cristiani più ricchi sono andati all’estero egli altri vivono con pochi mezzi e la solidarietà della Chiesa».
Sono le voci di alcuni dei sessanta vescovi cattolici, legati o interessati alla spiritualità dei Focolari, provenienti da 35 Paesi del mondo e presenti al convegno, in corso fino al 6 febbraio a Castel Gandolfo, che ha per tema centrale l’“Eucaristia, mistero di Comunione”.
Mercoledì mattina sono stati ricevuti in udienza da papa Francesco che ha ricordato come «senza l’Eucaristia l’unità perderebbe il suo polo di attrazione divina e si ridurrebbe a un sentimento e ad una dinamica solamente umana, psicologica, sociologica. Invece l’Eucaristia garantisce che al centro ci sia Cristo, e che sia il suo Spirito, lo Spirito Santo a muovere i nostri passi e le nostre iniziative di incontro e di comunione». E ha chiarito come il vescovo «non raduna il popolo intorno alla propria persona, o alle proprie idee, ma intorno a Cristo» e conformato a Lui «diventa Vangelo vivo, diventa Pane spezzato per la vita di molti con la sua predicazione e la sua testimonianza… viene spinto dal suo amore a dare la vita per i fratelli, ad uscire, ad andare incontro a chi è emarginato e disprezzato».
Papa Francesco ha ringraziato, in modo particolare, i vescovi giunti «dalle terre insanguinate della Siria e dell’Iraq, come pure dell’Ucraina». «Nella sofferenza che state vivendo con la vostra gente, voi sperimentate la forza che viene da Gesù Eucaristia, forza di andare avanti uniti nella fede e nella speranza. Nella celebrazione quotidiana della Messa noi siamo uniti a voi, preghiamo per voi offrendo il Sacrificio di Cristo».
Infine un incoraggiamento «a portare avanti l’impegno in favore del cammino ecumenico e del dialogo interreligioso. E vi ringrazio per il contributo che date ad una maggiore comunione tra i vari movimenti ecclesiali».
Il papa «è stato chiaro e breve ‒ commenta monsignor. Samir Nassar, arcivescovo di Damasco dei Maroniti ‒ e ci ha incoraggiato a vivere questa comunione con tutti, non solo con i cristiani, ma anche con i musulmani». «Dall’incontro con il papa ‒ chiosa il vescovo della diocesi di d'Anse-à-Veau et Miragoâne di Haiti Pierre André Dumas ‒ ho capito che bisogna andare incontro agli altri movimenti ecclesiali per far fermentare una pasta buona e creare nella chiesa uno spazio che accoglie».
«Oggi il papa ‒ dice monsignor Shlemon Warduni, vescovo caldeo ausiliare di Bagdad ‒ mi ha chiesto come va? E io ho risposto che i fedeli pregano per lui, chiedono le sue preghiere e lo aspettano. Il papa mi ha detto che spera di venire in Iraq e ha aggiunto che noi vescovi dobbiamo stare attenti a pensare a tutta la popolazione». Per monsignor Stanislav Szyrokoradiuk dell’Ucraina «la spiritualità dei Focolari è importante per saper condividere gioie e dolori con gli altri. Siamo qui per pregare insieme e tra di noi c’è una vera solidarietà cristiana».