Siria, il caos
«Gradirei, e penso anche molti altri lettori, aggiornamenti sulla situazione siriana vista dal vostro privilegiato osservatorio».
Gianpiero da Milano
Negli ultimi mesi abbiamo seguito attentamente il conflitto che si sta svolgendo in Siria, prendendo delle posizioni non sempre allineate su quelle della grande stampa internazionale e di numerose cancellerie occidentali, schierate totalmente contro Assad. Abbiamo ricevuto critiche e plausi, al punto che in questi ultimi giorni diversi lettori ci chiedono lumi.
A sintetizzare queste posizioni “allineate” contro Assad, val la pena di ricordare l’appello lanciato l’altro ieri da Bernard Henri-Lévi, noto intellettuale francese, che ora invita Hollande a fare come Sarkozy in Libia: intervento militare improvviso, con un certo disprezzo delle convenzioni diplomatiche occidentali, anche se dietro mandato Onu. Sappiamo però come sta andando in Libia: divisioni, scontri, vendette, conflitti tribali, a cui però la stampa internazionale dà pochissimo risalto. L’intellettuale francese non è nuovo a incidenti di percorso, come accadde durante la guerra tra georgiani e russi, in occasione della quale scrisse ad esempio di una sua visita a Gori mai realmente avvenuta, e quindi totalmente ideologica.
Da tempo sottolineiamo come sia invece fondamentale non ripetere con la Libia gli errori commessi in Libia. Speriamo che effettivamente si riesca a capire che, nella degenerazione degli avvenimenti, nelle manipolazioni che continuano – è di ieri la bufala di una foto scattata in Iraq nel 2003 utilizzata per accusare Assad dell’assalto alla città di Hula, con conseguente terribile massacro –, la sola soluzione ormai pare un intervento internazionale concordato, in cui non vi sia però la scelta di una parte ma il desiderio di una vera riconciliazione nazionale.
Per mesi e mesi non si è capita la complessità della situazione siriana, come in infinite occasioni gli uomini di Chiesa avevano sostenuto: da una parte c’è un dittatore difficilmente sostenibile che governa con un partito unico, sostenuto dalla minoranza alawita, avendo in mano tutte o quasi le leve del potere; ma dall’altra c’è un’opposizione manipolata da mille parti, dai quaedisti come dai servizi segreti occidentali, infarcita di mercenari (che avevano “lavorato” in Libia) accanto ad idealisti sinceri, che fa leva sul malcontento sunnita e su indiscutibili discriminazioni di altre parti della popolazione. In tale situazione andava e va cercata una riconciliazione nazionale, per evitare il peggio alla nazione araba. Peggio che ora sembra arrivato.
Come sostiene il gesuita Paolo Dall’Oglio, monaco a Mar Mousa, vicino ad Homs, bisogna che la comunità internazionale aiuti la Siria a venire fuori dalla guerra civile che s’è scatenata. Da soli i siriani non ce la farebbero a trovare una via di soluzione. Serve quindi un pronunciamento equilibrato delle istanze internazionali (Kofi Annan, inviato speciale Onu, non risparmia i suoi sforzi in questa direzione), e un loro concreto intervento – forse anche militare – ma con chiare finalità di pacificazione. Qualcuno comincia a parlarne, anche negli ambiti diplomatici internazionali.