Siria-Giordania, valichi che si riaprono
Dopo brevi trattative, sostanzialmente tecniche, domenica 14 ottobre la portavoce del governo giordano, Jumana Ghunaimat, ha dato l’attesissimo annuncio: il valico di Jaber, o di Naseeb come lo chiamano i siriani, tra Giordania e Siria verrà presto riaperto.
Il tempo di riparare le strade di accesso e di ripristinare le infrastrutture. Il ministro dell’interno siriano Al-Sha’ar, da parte sua ha confermato che l’accordo raggiunto fra i due Paesi rappresenta un importante segnale di normalizzazione dopo la riconquista del territorio di Daraa (il capoluogo, che dista solo una ventina di Km dal valico) e l’allontanamento dei jihadisti che controllavano la zona da 3 anni.
Il valico si trova lungo il più importante percorso commerciale su strada (oltre 1.600 Km) che collega i porti libanesi sul Mediterraneo con il Kuwait e il Golfo Persico, passando per le due capitali, Damasco e Amman.
Il valico di Jaber era stato chiuso dai giordani tre anni fa, a luglio 2015, quando jihadisti e antigovernativi avevano conquistato il governatorato siriano di Daraa tentando di debordare anche in Giordania. La regione è stata riunita al resto del paese alcuni mesi fa (luglio 2018) dall’esercito governativo con il supporto russo e iraniano.
La riapertura del valico rappresenta una grande opportunità per la Siria, consentendo la ripresa delle esportazioni e del traffico di merci verso la Giordania, l’Arabia, i Paesi arabi, e viceversa.
Ma è anche un importante segnale di superamento dell’isolamento del Paese che era iniziato con lo scoppio della guerra nel 2011.
Da allora sono passati quasi 8 anni e ci sono stati mezzo milione di morti, un milione di feriti, 6 milioni di sfollati interni e altri 6 milioni di profughi che si sono rifugiati nei Paesi vicini (soprattutto Turchia, Libano e Giordania) o che hanno chiesto asilo in mezzo mondo.
Anche per la Giordania la riapertura del valico è importante per il traffico commerciale, ma anche per la speranza che i profughi siriani comincino a tornare in patria.
La situazione del regno hashemita è infatti al limite: ci sono in Giordania più di 1,4 milioni di profughi siriani: 740 mila registrati e altri 700 mila invisibili, senza documenti e diritti, ammassati nei campi informali di Rukban e Haladat e in un’infinità di altri piccoli campi illegali (tollerati) e di tende sparse nelle campagne al Nord del Paese.
Tenendo conto che in Giordania sono rifugiati anche 2,6 milioni di palestinesi, 300 mila iraqeni e 11 mila fra yemeniti, sudanesi e somali, non è affatto esagerata l’affermazione che il Paese è al limite.
Anche i campi ufficiali come Zaatari (80-100 mila persone su un’area di 5 Kmq), Azraq e Zarqa non possono reggere ancora a lungo, e la Giordania, pur con gli aiuti che riceve, è sempre meno in grado di assicurare anche solo le infrastrutture minime: per fare soltanto un esempio, per rifornire d’acqua il campo di Zaatari (a meno di 40 Km dal valico di Jaber) ci vogliono un’ottantina di camion che facciano quotidianamente la spola dai pozzi ai serbatoi del campo.
Sempre domenica scorsa, i media israeliani segnalavano la decisione delle Nazioni unite di riaprire il valico di Qunaytra, nel Golan, naturalmente in accordo con i rispettivi governi, israeliano e siriano.
Il Golan è la regione collinare che dal 1967 segna di fatto il confine tra Israele e Siria. Con una differenza: mentre Jaber-Naseeb sarà aperto per uomini e merci in transito, il valico di Qunaytra sarà riservato, come avveniva fino al 2014, al personale della missione Onu (Undof) che da oltre 40 anni svolge nell’area contesa compiti di controllo e pacekeeping.
Questo consenso israeliano alla richiesta dell’Onu ha una forte valenza politica, perché indica implicitamente un riconoscimento della rinnovata leadership del presidente Bashar al-Assad, dopo il tentativo messo in atto in questi anni dalle monarchie del Golfo e alcuni Paesi occidentali di estromettere Assad, e ciò che rappresenta, dal governo della Siria. Tentativo com’è noto appoggiato ufficiosamente anche dal governo israeliano, che da sempre vede come fumo negli occhi l’alleanza della Siria di Assad con l’Iran sciita degli ayatollah e le milizie libanesi di Hezbollah.
La riapertura del valico di Jaber-Naseeb consentirà un collegamento stradale diretto di soli 200 Km tra Amman e Damasco, con un tempo di percorrenza controlli compresi che potrebbe non superare le 3-4 ore. Attualmente ci vuole un viaggio di 1.200 Km e almeno 2 giorni: in aereo per sorvolare il Sinai e il mare, e in taxi per i 120 Km da e per Beirut.