Sinodalità, cioè essere Chiesa
«Si è svolto in Vaticano il Sinodo dei vescovi delle Chiese cattoliche orientali. Sento parlare, ogni tanto, di “sinodalità” come caratteristica della Chiesa intera. Che cosa significa in concreto?».
A.G.
Sinodalità è un termine che amplifica quello di sinodo, combinazione di due parole greche: syn (con, insieme) e odòs (strada, cammino), cioè un cammino da compiere insieme. Il Concilio ha unito questa immagine a quella del popolo di Dio: la Chiesa è un popolo che cammina insieme nella storia, per essere segno del regno di Dio offerto a tutta l’umanità.
La radice non è altro che il battesimo: ogni credente in Gesù, e ogni uomo potenzialmente, di diritto fa parte di questo popolo e si trova in cammino con tutti gli altri. Non c’è qualcuno che vi si trovi inserito a maggior ragione di un altro, neppure la gerarchia.
Il fatto che la parola sia abbinata per lo più ad adunanze di membri della gerarchia ecclesiale (Sinodo dei vescovi) può ingenerare l’idea che i battezzati in genere siano chiamati ad altre cose. E invece ogni assemblea liturgica è un sinodo, ogni riunione di consiglio pastorale, ogni preghiera comunitaria, ogni incontro di catechismo, ogni momento di confronto e di dialogo.
In molte parrocchie è senz’altro cresciuto il senso di partecipazione e di collaborazione, i consigli pastorali stanno diventando luoghi di confronto per prospettive comuni. Si tratta di inserire ciò che rimane a livello di intuizione, ciò che aggrega alcuni ma non tutti, nella riscoperta di ciò che l’Eucaristia ci mette dentro come dono affascinante: lo Spirito Santo ci riunisce in un corpo solo. La sinodalità diventa così un modo di essere, di esprimersi, di incontrarsi, in cui si vive gli uni per altri, si cerca il bene altrui come il proprio, si fa a gara nello stimarsi a vicenda, per farne lo stile di vita da offrire come speranza al cammino degli uomini.