Sindrome da nido vuoto
Si parla di sindrome da nido vuoto quando, dopo essersi occupati in maniera costante e privilegiata della famiglia, la coppia o uno dei genitori si ritrova a temere la così detta uscita di casa dei figli. Quando i figli vanno a vivere per conto loro, si ritrova a non saper più come impiegare il proprio tempo, con evidenti ricadute sul tono dell’umore. Nei casi più estremi i sintomi possono essere paragonabili a quelli del lutto, con dolore e depressione.
In questo momento della vita della famiglia si percepisce chiaramente quale sia l’importanza di non trascurare la relazione di coppia. In realtà questo passaggio così naturale nell’evoluzione umana (lo svincolo dei figli) può essere rallentato o addirittura ostacolato da una relazione di coppia troppo incentrata sull’accudimento dei figli. È necessario infatti che questo passaggio venga preparato per fasi, sin da quando i figli sono piccoli, non perdendosi mai di vista come partner e cercando di curare la relazione di coppia in ciascuna fase della vita della famiglia.
Già durante la fase dell’adolescenza i figli chiedono maggiore indipendenza, di poter essere considerati più autosufficienti. Allo stesso tempo molti genitori avvertono che dietro questa richiesta c’è comunque ancora un messaggio ambivalente, ed effettivamente è così. Ma è un’ambivalenza che va tollerata, in quanto parte di una fase di passaggio. I figli hanno bisogno di libertà di azione, di fiducia, di ricevere permessi utili allo svincolo e contemporaneamente di trovare un porto sicuro quando ritornano dopo l’esperienza maturata.
I figli si separano più serenamente se sanno che il genitore sa prendersi cura di sé, sa come impiegare il tempo libero che ha a disposizione ed è autenticamente felice per il futuro che essi si costruiscono. Dal loro canto sono contenti di vedere che i genitori si scambiano attenzioni reciproche.
Dall’altra parte i genitori hanno necessità di volgere la loro attenzione verso qualcos’altro per impegnare il tempo prima dedicato al figlio, altrimenti il rischio è quello di trasmettere un messaggio a metà non accompagnato da un permesso interiore e che finisce per comunicare: «tu sei grande, ma se te ne vai io soffro». Con un messaggio di questo tipo, i figli non sentono mai un’autorizzazione piena a essere autonomi, per cui o non si allontanano oppure restano sempre alle pendici di casa, divisi a metà.
Questo maggiore tempo per sé apre una fase nuova della vita di coppia. Alcuni si ritrovano dopo anni per la prima volta a cenare da soli, a doversi organizzare le vacanze o un fine settimana in due, a dover ricreare una rete sociale a loro misura. È necessario imparare ad utilizzare un tempo a cui non si era più abituati. La coppia ha l’occasione di reinventare un proprio spazio e di riscoprirsi. Ci sono coppie che hanno sempre custodito la relazione a due e per loro può non essere immediato il percepire che c’è un cambiamento. Eppure a ben vedere si cambia anche nel modo di dedicarsi attenzione.
Farsi promotori di questo benessere a due rinvigorisce la relazione e fa sentire le persone sempre nuove, dinamiche e contemporaneamente permette di costruire una giusta distanza tra la dimensione coppia e la dimensione famiglia, tra la funzione partner e la funzione genitoriale, tra la relazione col coniuge e quella col figlio.
Per non farsi cogliere impreparati dalle trasformazioni che il ciclo naturale di vita della famiglia comporta, è importante rimanere sempre sintonizzati sui diversi livelli a cui si vive: il livello personale, di coppia, familiare e sociale.
Arriva sempre l’ora di spolverare vecchi sogni nel cassetto, progetti o desideri non ancora realizzati, nuove idee da cogliere al volo, proposte da fare o da accettare. Per evitare di incorrere nella sindrome da nido vuoto, occorre essere in sintonia con sé stessi e mantenere o riprendere il ritmo della vita di coppia.
Al bando il «ma questo non l’abbiamo mai fatto», piuttosto questo può essere un motivo in più per fare nuove esperienze ed aprirsi a nuove conoscenze. E se è uno dei due genitori ad avere maggiori difficoltà a separarsi dal figlio, vuol dire che sarà l’altro ad aiutarlo e sostenerlo, in primis riconquistandosi proprio quello spazio che nel tempo aveva ceduto e ricominciando a dare attenzioni al partner.
Prepararsi per tempo all’uscita dei figli da casa, è per la coppia un esercizio di complicità, l’occasione di riscoprirsi e di ri-innamorarsi, di rimettere mano alle cose mai fatte. E al contempo è una bella testimonianza di come ci si prende cura della relazione per i figli, che dal loro canto non aspettano altro.