Simone e Alessio, proteste per la sentenza
La condanna per omicidio stradale era attesa. Il giudice Ivano Infarinato ha inflitto martedì la condanna a nove anni di reclusione a Rosario Greco, l’uomo che, alla guida di un suv l’11 luglio scorso, travolse e uccise due cuginetti, Simone e Alessio D’Antonio, entrambi di 11 anni.
Sui social network si è scatenata una dura reazione. Si grida allo scandalo per una condanna ritenuta troppo lieve. «Avrebbero dovuto dargli l’ergastolo», afferma qualcuno. «Dovevano buttare la chiave», aggiungono altri. «La giustizia umana e quella divina non sono la stessa cosa».
Tuttavia, per l’ordinamento giudiziario italiano, la condanna è severa. Per questo tipo di reati il massimo della pena prevista è di 18 anni di reclusione. La legge 41 del 2016 ha introdotto il reato di “omicidio stradale” (in precedenza il Codice penale non lo prevedeva). Il massimo della pena si può applicare per l’omicidio stradale plurimo.
Greco, assistito dagli avvocati Salvatore e Nunzio Citrella, aveva chiesto il rito abbreviato, che dà diritto allo sconto di un terzo. In aula, il procuratore Fabio D’Anna, aveva chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. Il giudice, Ivano Infarinato, ha condannato Greco a 9 anni. Una pena che si situa comunque in un range molto alto: difficilmente, per reati simili, si raggiunge una tale soglia. Greco potrà comunque ricorrere in appello.
Dura lex, sed lex! verrebbe da dire. Gli addetti ai lavori sapevano che la condanna da infliggere a Rosario Greco non poteva superare i limiti previsti dalla legge. Ma l’alta risonanza, il clamore, il dolore provocato da questo duplice delitto (anche per le circostanze particolarmente cruente, visti i due corpicini dilaniati) avevano creato una riprovazione generale che ora si è trasformata in una protesta generalizzata.
«La sentenza ha riconosciuto la gravità del delitto – spiega l’avvocato Daniele Scrofani, che assiste le due famiglie D’Antonio, presenti nel processo come parte offesa– è stata riconosciuta la doppia aggravante, il tasso alcoolemico , l’uso della droga e l’alta velocità. Ma nessuna pena, neanche quella massima, avrebbe lenito il dolore e dato pace ai genitori». Il comune si è costituito parte civile.
Ma in molti chiedono maggiore severità ai giudici. Giuseppa Cassaniti, presidente dell’Associazione Familiari Vittime della Strada, è perentoria: «La legge del 2016 – afferma – prevede per l’omicidio plurimo una pena non superiore ai 18 anni e, se il rito abbreviato prevede la riduzione di un terzo e quindi una pena di 12 anni, non riusciamo a capire come abbiano fatto i giudici a dare all’imputato un’ulteriore diminuzione di 3 anni di pena. Quali attenuanti hanno considerato degne di valutazione? Ci chiediamo se il giudice, per applicare la pena congrua, abbia considerato tutti gli elementi stabiliti nell’articolo 133 del Codice penale, che prevede di valutare la gravità del danno, il grado della colpa e il comportamento del reo, prima, durante e dopo. Aspettiamo di conoscere il contenuto della sentenza, ma abbiamo dubbi sulle decisioni dei magistrati e sull’adeguatezza della legge. Per quest’ultima proponiamo che, quando si tratta di conseguenze irreversibili, la pena sia applicata integralmente, senza alcuna riduzione, annullando il rito abbreviato. Rivolgiamo il nostro appello al ministro della Giustizia per apportare le necessarie modifiche».
Ed è proprio sulla richiesta di modifica della legge che si orienta gran parte del dibattito. Nell’immediatezza del delitto, che tanto clamore suscitò in Italia, il ministro Alfonso Bonafede aveva parlato della necessità di un adeguamento. Finora nulla è accaduto. Qualche giorno fa, i genitori di Simone ed Alessio avevano scritto al Guardasigilli chiedendo una condanna severa per Greco e una modifica della legge.
la stessa richiesta viene fatta da più parti. Ad appena 4 anni dall’introduzione della nuova norma sull’omicidio stradale (in precedenza le condanne per questo tipo di reati erano molto più lievi), essa appare già inadeguata. Perché questi omicidi colpiscono persone ignare e innocenti, spesso giovani e bambini, e questo colpisce l’opinione pubblica. Che non accetta che un folle, o una persona che abbia bevuto o che prema sconsideratamente sull’acceleratore, possa togliere la vita a una persona. E molti vorrebbero un inasprimento della pena.
«Il sistema giudiziario oggi ha solo applicato le norme – commenta Manuela Pepi, giovane avvocato di Comiso e assessore nella sua città –, ma la giustizia, nel suo senso più elevato, è altro. Oggi alcuna giustizia è stata fatta». Manuela Pepi auspica una riforma della legge, da dedicare proprio ai due bambini. «Neppure l’ergastolo avrebbe mai potuto bilanciare la loro perdita. Bisogna ripartire da loro, con una legge che porti il loronome». #alessio #simone