Simeone “in verticale”
Quando, dopo il bagno di sangue provocato dai jihadisti dell’Isis, in Siria tornerà finalmente la pace, nulla sarà più come prima. Alle vittime umane andranno aggiunte le ferite inferte al patrimonio storico e archeologico del Paese: quasi 300 siti – alcuni dei quali segnalati dall’Unesco – depredati, danneggiati o parzialmente distrutti. In molti casi non è stato ancora possibile fare la verifica dei danni. Qualcosa si potrà restaurare e ricostruire, ma c’è anche chi si chiede se valga la pena rialzare un minareto distrutto in una zona dove è stato creato il deserto, senza un piano di ricostruzione di case, scuole, ospedali e infrastrutture che permettano alle popolazioni di tornare a vivervi. Nel caos attuale, cui si aggiungono gli ostacoli posti dai governi interessati a che la Siria non si risollevi, i primi disordinati lavori edilizi causano la sparizione a colpi di bulldozer dei monumenti crollati, senza che alcuno intervenga; mentre da parte degli scavatori clandestini continua l’opera di devastazione dei siti archeologici già fatti segno di bombardamenti.
Duramente provato dal conflitto è anche il celebre santuario di Qal‘at Sim‘ān (Rocca di Simeone), dedicato a san Simeone Stilita: la sua posizione strategica in cima a uno sperone roccioso dominante la piana di Qatūrah, 30 chilometri a Nord-Ovest dalla martoriata Aleppo, non poteva sfuggire ai terroristi, che sembra l’abbiano in parte demolito per ricavarne blocchi da costruzione. Stringe il cuore la notizia, perché oltre ad essere un meraviglioso esempio di arte paleocristiana del V secolo, questo complesso eretto per volere dell’imperatore Zenone, anche se ridotto a rovina, tramandava la memoria e l’insegnamento di un uomo di pace, pioniere di una nuova esperienza spirituale nella Chiesa – esperienza più da ammirare che da imitare per noi uomini moderni, e che comunque esercitò un influsso benefico in tutto l’Impero d’Oriente.
Questa, in breve, la sua vita, che si direbbe quasi incredibile se non fosse suffragata dall’autorevolezza di Teodoreto di Cirro, che di Simeone fu amico e storico imparziale.
Simeone nacque a Sis in Cilicia (Siria del nord) intorno al 389 dopo Cristo, da una famiglia di pastori. Giovanissimo, si convertì all’ascolto delle Beatitudini evangeliche e per seguire Cristo si fece inizialmente monaco, creando imbarazzo nei confratelli a motivo delle sue penitenze estreme e della sua tendenza a isolarsi.
Qualche anno dopo egli venne attirato da un tipo di vita ancora più radicale: quella dei numerosissimi eremiti che, nella zona tra Aleppo e Antiochia sull’Oronte, cercavano Dio fuori dal consorzio umano, nella solitudine di luoghi inospitali e selvaggi. Vero è che la vita esemplare di alcuni di questi asceti non passava inosservata e molti ricorrevano ad essi per un sostegno spirituale o per diventare loro discepoli.
Per imitare il loro itinerario di perfezione cristiana, Simeone si scelse un rifugio isolato su una roccia dello Sheik Barakat, presso il villaggio di Talanis. Per qualche tempo riuscì a vivere ignorato, ma la fama della sua santità fece presto a diffondersi e…addio solitudine!
Ebbe allora un’idea originale, decisamente stravagante per i gusti d’oggi: fuggire dal mondo “in verticale”, relegandosi sopra un pilastro roccioso che ricordava vagamente una colonna. Su una piattaforma in cima, dove poteva stare appena raggomitolato, senza un riparo che lo difendesse dai calori diurni e dai rigori notturni, il primo stilita (da stylos, colonna) iniziò la sua nuova vita. Non immaginava che quella scelta eroica avrebbe attirato ancora più gente, tanto riusciva strabiliante lo spettacolo di un eremita appollaiato su un pinnacolo dal quale non scendeva mai. Ogni settimana riceveva la Comunione e ancora più raramente prendeva un po’ di cibo, calando un paniere che qualcuno provvedeva a rifornire.
Nel corso degli anni, per salvaguardare il proprio isolamento, Simeone fu costretto per ben tre volte a trasferirsi sempre più in alto, fino ad abitare – col consenso dell’imperatore – sopra una colonna di oltre 13 metri, il cui fusto formato da tre rocchi simboleggiava la Trinità. Più vicino al cielo, più vicino a Dio, pensava. Ma più vicino a Dio, il cuore gli si scioglieva in misericordia per l’accozzaglia di miserie umane che vedeva ai suoi piedi: quasi un gregge in cerca di un pastore.
Che fare? si dovette chiedere il santo asceta, cui sembrava ormai di stare nell’affollata agorà di Antiochia. Rimandare indietro quanti aspettavano da lui una parola d’incoraggiamento non sarebbe stato secondo il Vangelo. Ma neppure se la sentiva di rinunciare a quel modello di vita che gli sembrava fatto su misura per lui. La carità fece trovare a Simeone un compromesso che conciliava l’una e l’altra esigenza: due volte al giorno si rivolgeva al popolo per consolare afflitti, far da paciere tra litiganti, ricordare la necessità del distacco dai beni terreni e ammonire circa il destino eterno; acconsentiva anche a far salire fino a lui, mediante una scaletta, chi aveva bisogno di un colloquio privato.
Il resto della giornata lo riservava alla preghiera: la sola sua figura scarna e austera, prostrata o con le mani tese in alto, bastava da sola a convertire i cuori. Convertì infatti con la sua dolcezza saraceni, persiani, georgiani, armeni, eretici e pagani richiamati da tutte le parti dell’Impero bizantino. La sua autorevolezza mosse anche vescovi e imperatori a consultarlo su gravi questioni politiche ed ecclesiali. A nessuno negò consigli e rimproveri, pur considerando sé stesso «un vile e abietto verme e l’aborto dei monaci».
Intanto, di bocca in bocca correva la fama dei miracoli operati da Simeone: oltre alle conversioni, guarigioni di esseri umani e di animali, predizioni di guerre e carestie, dominio sugli elementi naturali, quali siccità, terremoti e tempeste marine…
Complessivamente, lo stilita trascorse ben 37 anni sul suo rifugio aereo. Quando morì settantenne, il 2 settembre del 459, dovette intervenire il prefetto militare di Antiochia per evitare che i saraceni, accorsi in armi, s’impadronissero del suo venerato corpo. Oggetto di culto attorno al quale venne costruita una grandiosa basilica, anzi un complesso di quattro basiliche cui s’aggiunse un monastero, rimase la colonna, ridotta oggi alla sola base forse dai devoti che nel corso dei secoli hanno voluto accaparrarsene un pezzetto.
Il modello ascetico “inventato” da Simeone non si estinse con lui, ma dalla Siria si diffuse anche nel resto dell’Impero d’Oriente. Famoso stilita fu un altro Simeone, detto il Giovane per distinguerlo dal Vecchio: trascorse sopra una colonna la bellezza di sessantotto anni, superando di gran lunga il maestro vissuto un secolo prima.
Possa l’intercessione di Simeone e dei tanti testimoni del Vangelo in Siria affrettare il giorno in cui su questa terra e i suoi abitanti tornerà la pace!