Silenzio indomito

Elena Hoehn. Aspetti inediti della storia dei Focolari.
Elena Hoehn con Chiara Lubich

Edita dalla San Paolo, Elena Hoehn è la biografia di una donna tedesca che scelse l’Italia e visse da protagonista la nostra storia recente. Durante l’ultimo conflitto nascose in casa sua Giovanni Frignani, l’ufficiale dei carabinieri che arrestò Mussolini, prima di essere scoperto e incluso tra i destinati alle Fosse Ardeatine. Accusata di delazione, visse dal 23 marzo al 19 maggio 1946 nel carcere romano delle Mantellate, dove conobbe Celeste Di Porto, la famigerata Pantera nera: un incontro decisivo per la conversione al cattolicesimo della giovane ebrea responsabile – come erroneamente si credeva – della morte di tanti suoi correligionari, da lei denunciati ai nazisti. Altro elemento fondamentale nella vita della Hohen: l’incontro, agli albori del Movimento dei focolari, con Chiara Lubich con cui Elena stabilì una intensa e duratura comunione spirituale: da lei, per il materno servizio verso tutti,  ricevette il nome nuovo di Frate Jacopa, la nobildonna romana fedele seguace di san Francesco.

Non autore di questa biografia puntigliosamente documentata, ma coordinatore degli apporti di quanti l’hanno resa possibile si ritiene Armando Droghetti, chiamato a tale compito per la sua lunga frequentazione col personaggio. 
«Si voleva che fosse Elena stessa a parlare – racconta –, come un’amica che si confida con totale apertura. L’autrice è lei. Il libro chiarisce aspetti storici inediti, situazioni molto difficili ma vissute nella piena libertà. Quella di Elena è stata infatti una vita completamente abbandonata a Dio e al contempo condotta da lei, che per il suo carattere focoso ricordava i due discepoli soprannominati da Gesù “figli del tuono”».
 
Come hai conosciuto la Hoehn? 
«Da Roma, dopo la morte del marito Luigi Alvino, avvenuta nel 1967, Elena si era trasferita presso Assisi. Essendo io dal ’75 residente a Firenze, frequenti erano le occasioni per farle visita. Elena si faceva in quattro per aiutare la preparazione dei convegni estivi dei Focolari. La sua stessa casa era sovente luogo d’incontri, nei quali aveva modo di raccontare di sé. Anche dopo la mia partenza per Catania nel ’95, continuammo a rimanere in contatto telefonico o epistolare; le visite invece si ridussero, ma almeno una volta all’anno accompagnavo da lei gruppi di giovani della Sicilia, Calabria e Malta desiderosi di approfondire le radici dell’Ideale dell’unità. Con quale fuoco Frate Jacopa trasmetteva il suo amore verso Chiara e il carisma di cui lei era portatrice, e verso l’umanità più sofferente! Diceva parole così ispirate che tanti desideravano registrarle. Glielo chiesi e ottenni anche di incidere le sue telefonate, a patto però di farle conoscere solo dopo la sua morte».
 
A cosa era dovuta questa ritrosia?
«Agli inizi della sua conoscenza con la “diletta” Chiara, da lei si sentì indicare la missione di Maria: silenzio e amore. Silenzio per ascoltare Dio e amore per dare concretezza, col servizio ai fratelli, a quanto ascoltato. Una consegna vissuta da Elena sempre, con estrema fedeltà».
 
Nel libro è tratteggiata una figura significativa per lei: Giovanni Frignani, l’ufficiale dei carabinieri che rimase nascosto per un periodo presso gli Alvino.
«In effetti, non badando a rischi per salvarlo, Elena fece l’esperienza di anteporre la vita altrui alla propria. Fu la spogliazione del proprio a favore del prossimo. Dopo la tragedia delle Fosse Ardeatine e durante la sua carcerazione alle Mantellate con l’accusa di delazione, per lei ci fu la spogliazione di Dio: sperimentò l’assenza totale della sua paternità. Questa prova terribile durò pochissimo: un po’ di più, a suo dire, e sarebbe morta».
 
A sbloccare la situazione fu l’incontro con Celeste di Porto, lei pure reclusa alle Mantellate…
«Esatto. Elena si sentì spinta a incontrare la ragazza con cui aveva litigato qualche giorno prima, convinta che Dio l’aveva mandata in quel carcere per lei e incurante che l’altra avrebbe potuto farle del male. Poco prima, infatti, Celeste era stata una settimana legata al letto perché aveva compiuto delle intemperanze incredibili (aveva un carattere forte e le accuse infondate che le venivano mosse scatenavano la sua rabbia). E a questo punto avvenne la rinascita di quella creatura che, incontrando Elena, non capì quasi nulla delle sue parole, solo rimase sconvolta da quel volto pieno di lacrime e di amore. Fu l’inizio di una ininterrotta vicinanza punteggiata da un carteggio di amicizia cristiana fra i più belli del secolo. Elena non si diede mai pace nel tentativo di ottenere il riconoscimento anche giuridico dell’innocenza della sua protetta».

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