Sicurezza prima di tutto
Sicurezza prima di tutto. Sembra quasi diventato il “tormentone dell’estate” per i Comuni e per le Pro loco. Un imperativo per tutti coloro che organizzano manifestazioni pubbliche, in piazza e non: la sicurezza prima di tutto. Dei partecipanti, da garantire da parte degli organizzatori. Una necessità che non è derogabile. L’ha sancita lo scorso anno il capo della Polizia Franco Gabrielli, a pochi mesi dai gravi fatti di Torino quando nella finale di Champions che vedeva protagonista la Juventus, una giovane donna, Erika Pioletti, è morta dopo una lunga agonia, oltre mille persone sono rimaste ferite nella fuga da una piazza gremita come in poche altre occasioni, ma non adeguatamente organizzata per superare un allarme come quello che si è creato durante la proiezione del match. E così sono partiti i processi per la sindaca di Torino e altri responsabili dell’organizzazione.
Da allora, nella città che ha vissuto il dramma del cinema Statuto, nulla è stato più come prima. Il capo della Polizia ha emanato una circolare per tutti i prefetti e per tutti i sindaci che ha confermato una regola prima quasi mai applicata: per ogni tipo di evento servono opportuni piani di sicurezza che devono essere scritti da professionisti. Così, Palio di Siena piuttosto che Storico Carnevale di Ivrea hanno visto aumentare i costi per la sicurezza e l’incolumità pubblica di qualche decina di migliaia di euro. Non poco. Tanto più per migliaia di piccoli e piccolissimi eventi anch’essi sottoposti alle regole ferree e rigorose delle grandi iniziative. Poco importa si tratti di una cena in bianco in piazza, di una processione del patrono, di un concerto della rock star internazionale. Regole uguali per tutti definite da una serie di “circolari” di Polizia, ministero degli Interni, Vigili del Fuoco. Risultati, costi lievitati e tanti, troppi eventi saltati. Nell’Italia dei mille campanili, ai sindaci e alle Pro Loco non è andato giù di dover spendere per un piano che mette sullo stesso livello San Rocco e Vasco Rossi.
Mossa dai Sindaci, ci ha pensato la politica a intervenire. Dichiarazioni, interrogazioni parlamentari, incontri con gli amministratori. Tutti d’accordo. La normativa va cambiata. Gli eventi non sono tutti uguali, bisogna differenziare, è stato detto. Un lavoro complesso, perché in molti casi la sicurezza è più di un diktat sulla carta. Va generata nelle fasi organizzative e fatta percepire. Tema complesso, spigoloso ai tempi degli attentati fatti con camion buttati verso la folla come a Nizza. Mesi e mesi di tira e molla qui in Italia, tra Viminale e Palazzo Chigi. Fino a un’ultima circolare, arrivata la scorsa settimana e firmata dal capo di Gabinetto del ministro dell’Interno. Dentro, alcune semplificazioni, la differenza tra eventi, ma non una cosa fortemente richiesta dai sindaci: l’alleggerimento delle loro responsabilità. Sono comunque sempre loro, i primi cittadini anche dei comuni più piccoli, a dover firmare la decisione di “declassare” l’evento perché meno “a rischio”. Sono loro a dover richiedere o meno la Commissione di sicurezza davanti al Prefetto e con tutti vertici delle forze dell’ordine. C’è chi dice, tra i sindaci, che al caos si sia ulteriormente aggiunto caos. Poche certezze, troppe incombenze, costi che restano altissimi anche per una processione. Tutto da rifare? In parte. Servono corsi per gli amministratori e i presidenti di Pro Loco, formazione per gli addetti, capacità di pianificazione, managerialità.
E così, nel Paese che riscopre il turismo di prossimità, tra mare e montagna, borghi e castelli, proprio a causa dell’insicurezza ai viaggi verso mete esotiche più o meno a rischio, anche “l’Italia minore” ragiona di sicurezza come mai prima, per effetto di scelte fatte con leggerezza a Torino un anno fa. Un percorso appena iniziato, già pieno di insidie.