Sicilia spezzata
L’ultimo tassello di un mosaico di crolli che hanno coinvolto negli ultimi due anni le strade siciliane e che sono finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, e nello sconforto dei siciliani: venerdì 10 aprile al chilometro 61, tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, si è frantumato un pilone dell’autostrada A19 Palermo-Catania.
La Procura della Repubblica di Termini Imerese come prima ipotesi di reato ha parlato di “disastro colposo”, lo stesso per il quale s’indaga sul cedimento a Capodanno della struttura di accesso al viadotto Scorciavacche della Palermo-Agrigento. L’inchiesta sarà seguita dal procuratore Alfredo Morvillo e dal sostituto Giacomo Brandini. I magistrati hanno nominato propri consulenti e acquisito un’informativa dell’Anas, sul fronte degli interventi.
Dalle ricostruzioni degli esperti del sopralluogo, il pilone parrebbe essersi spezzato alla base e, inclinandosi, si è poi adagiato sull’altra campana. I lavori di ripristino potrebbero durare diversi anni. Ciò produrrà enormi disagi per tutti i siciliani, costretti a dover percorrere strade e stradine statali anch’esse dissestate per raggiungere i vari capoluoghi di provincia.
Davide Candia, un viandante che ha fatto in questi giorni il “viaggio della speranza” per raggiungere Caltanissetta da Palermo, ha voluto raccontarci la sua desolante esperienza: «Un sentito ringraziamento vorrei rivolgerlo a tutti coloro che con il loro ruolo politico, il loro egoismo, la loro incompetenza stanno permettendo alla nostra splendida (lo era un tempo) Sicilia di sprofondare nel baratro sociale economico e strutturale. Li ringrazio perché ieri ho dovuto spiegare ai miei tre figli il perché, nel portarli a Caltanissetta per un incontro già programmato, abbia dovuto far digerire loro 1 ora e 30 di tornanti ricchi di avvallamenti, frane e smottamenti anziché percorrere l’autostrada. Ho dovuto spiegare, e ho avuto tutto il tempo perché il tragitto Palermo – Caltanissetta in tutto è durato quasi tre ore, come chi è deputato a occuparsi della manutenzione di quelle stesse strade che stavamo percorrendo, non si sa cosa faccia giornalmente per guadagnarsi il suo lauto stipendio».
Candia, incalza: «Dirigenti, funzionari, impiegati, operai, politici, burocrati, Anas, Ministero, Assessorati, Governo Regionale, Governi nazionali nel corso degli ultimi decenni si sono dimenticati di come la Sicilia sarebbe potuta divenire il fulcro di una ricrescita economica nazionale. Tutti e ribadisco tutti, indistintamente responsabili di quest'ultimo prevedibile scempio; andrebbero licenziati in tronco sostituiti magari con quei giovani cervelli che oggi si trovano in giro per il mondo a prestare la loro opera intellettuale mentre qui dobbiamo continuare ad accettare l’incompetenza diffusa a tutti i livelli. La speranza che devo trasmettere ai miei figli è che qualcuno prima o poi pagherà per tutto quello che in questo paese sta accadendo».
Parole forti. Simili arringhe saranno arrivate al governatore siciliano, Rosario Crocetta, che ha sentenziato: «Inoltrerò formale protesta al premier Renzi: prima di parlare è opportuno riflettere e magari studiare le vicende. Il mio governo non c’entra un fico secco col cedimento del pilone. Invece di fare chiacchiere e di togliere soldi alle Regioni, Roma ci dia i fondi».
Intanto il presidente dell’Anas Pietro Cucci, comprensibilmente stressato, ha annunciato le sue dimissioni, che avverranno a metà maggio, durante l’assemblea degli azionisti per approvare il bilancio. Nel marasma, c’è però chi è riuscito a fare dell’ironia sulla difficoltà dei collegamenti tra i due capoluoghi di provincia, riaccendendo le diatribe pacifiche tra palermitani e catanesi. «Stiamo meglio così – scrive Marco Maggio su Facebook – perché mai un palermitano dovrebbe andare a Catania? Solo al pensiero di sentir chiamare le arancine al maschile mi vengono i brividi».