Sicilia: alluvione e (inevitabili) polemiche

La situazione, i danni strutturali, la mancata manutenzione del territorio. La proposta di istituire presidi geologici territoriali

La conta dei danni delle città ferite. Ma soprattutto delle aziende agricole. A Lentini, Catania, Palagonia, Scordia, Ramacca, Ferla, Buccheri, Cassaro, la furia delle acque ha travolto tutto. Nella piana di Catania e fino a Lentini sono andati distrutti gli agrumeti. Nelle cittadine dell’entroterra, Buccheri e Ferla, le strade sono impraticabili, in alcuni casi sono andati distrutte le colture, o le aziende zootecniche.

Un violento acquazzone nella notte tra il 17 ed il 18 ottobre e poi nella giornata di giovedì. L’acqua, come spesso accade, si è riversata sui letti dei torrenti che si sono ingrossati e poi sono esondati. Nella zona di Lentini interi agrumeti sono stati invasi dalle acque. A ridosso del momento clou della stagione, a pochi giorni dall’inizio della raccolta, gli agricoltori hanno visto sparire le loro produzioni: le arance e i mandarini. in alcuni casi, persino gli alberi sono stati sradicati.

«I danni sono enormi – spiega il sindaco di Lentini, Saverio Bosco – migliaia di produttori sono sul lastrico. Le aziende stavano per iniziare il raccolto delle arance e ora non esiste più nulla. I danni sono strutturali, in alcuni casi non esistono più nemmeno gli agrumeti o comunque le piante hanno subito danni importanti, non sarà possibile recuperarli in tempi brevi. Impiantare un nuovo agrumeto significa dover attendere almeno 4 o 5 anni per avere la produzione».

I danni hanno riguardato, gli uliveti dell’entroterra, i carciofeti di Ramacca, le colture a cielo aperto. I campi allagati creeranno difficoltà anche per i mesi futuri. In questi mesi, si avvia la semina di cereali, leguminose e foraggi. Ma i campi allagati rimarranno inutilizzati a lungo.

Sotto accusa, la mancata manutenzione degli alvei di fiumi e torrenti. La maggior parte dei danni è stata provocata dalle esondazioni del fiume San Leonardo e del torrente Gornalunga. «Il Gornalunga è un torrente apparentemente secco – continua Bosco – in realtà, in caso di piogge, diventa un collettore di acque molto pericoloso. Anche il fiume San Leonardo è esondato e le acque hanno invasi i campi per chilometri». Bosco non ha dubbi: oltre alla furia delle acque, ha colpito e provocato danni anche l’incuria dell’uomo. «Manca la dovuta manutenzione degli alvei dei torrenti – spiega – l’ultima pulizia dei nostri torrenti è stata effettuata nel 2013, ma l’intervento importante, con una buona escavazione dei fondali, risale al 2003. Se poi accadono queste cose, le conseguenze sono inevitabili».

Il direttore di Confagricoltura di Catania, Giovanni Selvaggi, aggiunge: «Nel 2015 sono state stanziate delle somme dell’Unione Europea per la manutenzione dei canali e torrenti. Non mi risulta che siano stati avviati degli interventi». «I danni hanno riguardato gli agrumeti, ma anche molte colture a cielo aperto – spiega Giovanni Aglieco, direttore della Cia del Sud Est – l’esondazione del fiume San Leonardo ha determinato un’invasione delle campagne. Le acque hanno trasportato di tutto: canne, detriti, alberi che sono stati sradicati, ma anche copertoni e rifiuti vari. La Cia sta raccogliendo le segnalazioni dei propri associati e chiederemo lo stato di calamità».

In ginocchio anche i centri abitati di Scordia e Palagonia. Le strade sono diventate dei fiumi in piena che hanno trascinato le auto e quanto si trovava sul loro cammino. Danni anche nel comune di Agira (provincia di Enna) dove si sono allagate case e negozi. Alcune strade sono state temporaneamente chiuse al traffico: la strada 514 (tra Lentini e l’imbocco dell’autostrada, dove è straripato il San Leonardo), la ss 417 Catania – Gela (all’altezza di Mineo), la statale 385 di Palagonia e la SS 280 Catania – Enna. Danni anche nel porto Grande di Siracusa: l’Anapo e il Ciane si sono ingrossati e nella rada di Siracusa sono arrivati tronchi d’albero e piante che si sono riversati nel tratto di mare antistante.

In contrada Cuccumella (tra Lentini, Catania e Scordia) i soccorsi sono stati attivati in un’azienda agricola dove erano a rischio le persone e il bestiame, a causa dell’acqua alta. Altri salvataggi sono stati effettuati dai vigili del fuoco e dalla Protezione civile nella zona di Sigonella. Non ci sono vittime, né dispersi e, per certi aspetti, si grida al miracolo. Ma i danni per l’economia locale sono ingenti.

«La mia città e la mia terra sono in ginocchio – racconta Gianni Conti, ortopedico all’ospedale di Lentini – i nostri fiumi, i nostri torrenti, si sono ingrossati, il letto del fiume si è allargato fino a venti /trenta volte. Nel nostro territorio, però, manca la manutenzione. Da giovane, ho vissuto e lavorato a Torino. Ricordo i periodi dell’anno in cui, in ospedale, soccorrevamo gli agricoltori vittime di incidenti perché ripulivano gli argini dei torrenti e mettevano in sicurezza i loro poderi. Non era solo iniziativa volontaria, delle disposizioni stringenti della Regione li obbligavano. Non ho mai visto nulla di simile in Sicilia. Ovviamente, le conseguenze sono quelle che vediamo in questi giorni. I danni sono dovuti agli agenti atmosferici, ma sono aggravati dall’incuria dell’uomo». Si fa la conta dei danni, quindi, ma si analizza la situazione e si guarda al futuro. «Non abbiamo ancora effettuato una conta definitiva dei danni – aggiunge Selvaggi – I campi sono invasi dalle acque, ma si preannuncia un’altra ondata di maltempo nei prossimi giorni. Speriamo di non dover aggravare questo bilancio».

L’analisi è anche nelle parole di Antonio Alba, consigliere nazionale dei geologi. «Il nubifragio che si è abbattuto sulla zona del catanese e siracusano – spiega – ha evidenziato tutte le criticità di un territorio da troppo tempo trascurato e maltrattato» ha scritto sul sito del Consiglio nazionale dei geologi». «Le zone colpite, tra la parte terminale della provincia di Catania e quella di Siracusa (Lentini), nelle aree prospicienti al fiume Simeto – prosegue Alba –, si sono rivelate inadeguate allo smaltimento delle acque di pioggia arrecando gravi danni alle attività commerciali, agricole e produttive e il livello dell’acqua esondata ha raggiunto in alcuni casi anche l’altezza di due metri e mezzo dal piano campagna». Ciò che accade ha varie cause e vari fattori: su tutti, i cambiamenti climatici e l’incuria del territorio. «I cambiamenti climatici interessano un territorio già fragile – afferma Alba – tant’è che il 91,3 per cento dei comuni italiani è a rischio frane e alluvioni, secondo i dati dell’Ispra». Si va, via via, verso un clima tropicale «con elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali: dalle precipitazioni brevi e intense alle ondate di siccità».

Settembre, infatti, era stato particolarmente asciutto. Allo stesso modo, lo scorso anno, di questi tempi l’isola faceva i conti con un problema opposto: quello della siccità, della mancanza di pioggia, degli invasi a secco, della penuria di acqua per le campagne. E le cronache dei giornali non raccontavano di esondazioni, bensì di fiumi a secco e di “sete” delle campagne.

Se questa è la situazione, bisogna prestare molta attenzione anche a questo settore ed assumere i provvedimenti necessari. Ma questo chiama in causa i governi nazionale e regionale. «L’attenzione da riservare al territorio deve essere massima – aggiunge Alba – è necessario procedere a un piano straordinario di interventi sia da parte del Governo che da parte della Regione Sicilia. La manutenzione dei corsi d’acqua maggiori e minori e il monitoraggio di aree in dissesto o potenzialmente tali sono interventi inderogabili, anche se in tutto il Paese mancano strutture tecniche geologiche tali da poter affrontare in pieno un discorso di prevenzione serio e a lunga gittata».

E lancia una proposta precisa: quella di «istituire presidi geologici territoriali, una lotta che il Consiglio Nazionale dei Geologi sta portando avanti da anni, ma purtroppo in maniera solitaria e inascoltata».

 

 

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