Siate umili e liberi

L’incontro che segna l’inizio del periodo quaresimale è stato l’occasione per tornare a chiedere al clero umiltà e unità. Il papa ha parlato a braccio per 40 minuti
Papa omelia

Ha parlato per 40 minuti a braccio. Si può dire un fiume in piena. Non succede spesso. A volte il Papa fuoriesce dal testo scritto ma lo fa per pochi minuti, per aggiungere un pensiero. Ma andare a braccio per l’intera durata di un incontro, succede raramente. E quando succede ne esce un discorso serrato, intenso dove un concetto tira l’altro. E alla fine il Papa riesce a dare voce ad un pensiero così radicato e chissà da quanto tempo pensato da non aver avuto bisogno di seguire un testo scritto.

Giovedì scorso, Benedetto XVI ha incontrato i parroci della sua diocesi. Un avvenimento ormai tradizionale, all’inizio del periodo quaresimale. Alla fine di quei 40 minuti risulta chiaro che il Papa si aspetta molto dai sacerdoti. Li ha esortati ad essere testimoni credibili. A dare per primi il buon esempio, li ha invitati a tenersi lontani dal carrierismo, dalla superbia, dal potere. A tornare ad insegnare la fede alla gente. Li ha definiti "un forte esercito di Dio" ma solo se sapranno restare integri, uniti e con il "cuore buono". Eccolo, di nuovo, il suo binomio preferito: umiltà e unità.

Mancano nella Chiesa di oggi vocazioni sacerdotali e ciò provoca una "grande sofferenza". Ma «il Signore – avverte il Papa – chiama sempre». Ciò che manca oggi non è la chiamata di Dio ma "l’ascolto". E per la seconda volta nel giro di una settimana (l’aveva sottolineato anche ai neo cardinali all’ultimo concistoro), il Santo Padre torna a parlare di umiltà, virtù necessaria per mettersi all’Ascolto dell’Altro. Essere cristiano, dunque, vuol dire anche superare la "tentazione originale" della superbia che è "la radice di tutti i peccati". "Accettare questo" significa anche accettare  «il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo rende liberi». Il Papa incalza: dalla mancanza di umiltà, deriva anche la divisione della Chiesa. Se non siamo umili, ha avvertito, siamo anche divisi.

E via. Il Papa parla. Parla anche della mancanza di conoscenza della fede. La chiama "analfabetismo religioso". E avverte: privati della conoscenza della fede, «non possiamo crescere, non può crescere l’unità». Perché la nostra fede non è "un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma una realtà unica che si rivela nella sua profondità e bellezza". Di qui l’importanza dell’Anno della Fede, che si aprirà ad ottobre e servirà a tutte le diocesi del mondo a mettere in piedi una strategia d’azione per combattere il "relativismo" ma soprattutto per far conoscere e amare Cristo.

«Alla fine – ha avvertito il papa – non rimane la forza del male, ma rimane solo Dio», e questa è la nostra speranza: «Che la luce vince, l’amore vince». E se in questi ultimi decenni si è fatto ricorso alla formula di "fede adulta", per dire "emancipata" dal Magistero della Chiesa, il papa risponde che il risultato finale di questa emancipazione «è la dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione, dall’opinione che tutti pensano e vogliono». La vera emancipazione è liberarsi da questa "dittatura. Solo «nella libertà dei Figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo», ha concluso, siamo veramente liberi e capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo.

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