Siamo tutti diversi
Hanno fatto scalpore le dichiarazioni di un assessore di Chieri, che si sarebbe espresso contro la presenza in classe di alunni con disabilità. La loro integrazione, fiore all'occhiello della scuola italiana, registra in effetti alcune difficoltà.
La nonna diceva che la fretta è brutta consigliera. Mai come oggi lo è per il giornalismo. Tanti hanno letto le dichiarazioni di un assessore di Chieri (Torino), Giuseppe Pellegrino, che avrebbe detto: «Basta disabili a scuola; non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato». Ma il condizionale è d’obbligo perché, secondo l’interessato, la cosa non corrisponderebbe al vero. Meno male che Città Nuova non segue la cattiva consigliera ed ha atteso per sentire anche un’altra voce.
Questo ci pone una prima domanda: quanto riportato da giornali corrisponde a verità? Direi che non sempre accade. L’assessore “incriminato” ha spiegato poi in conferenza stampa che, se avesse letto dell’accaduto su un quotidiano, avrebbe certamente detto: «Ma chi è costui che fa dichiarazioni così idiote e cattive?». E giù ad assicurare che per lui la scuola è un complesso sistema volto alla formazione culturale, civile e sociale. Quindi ha dichiarato con rammarico che le sue parole non solo sono state travisate, ma persino trasformate in prospettiva di un attacco politico. Ha inoltre aggiunto che nel suo discorso aveva riportato l’episodio di un ragazzo, affetto da grave disabilità psichica, abbandonato a passare le sue giornate a scuola a camminare avanti ed indietro nel corridoio. Infine, rivolgendosi a chi gli ha riservato ingiurie, ha chiesto una mano in questa sua battaglia facendo appello alla loro sensibilità giustamente turbata.
Fin qui la cronaca. Ma non possiamo non constatare che l’episodio di Chieri, indipendentemente dalla buona fede dell’assessore, è figlio legittimo di un clima affumicato che il nostro Paese sta emanando da più parti. Stiamo mandando a fuoco valori, impegni e battaglie che ci hanno contraddistinto negli anni. A livello legislativo, specie nel campo socio-educativo, abbiamo un corpus notevole e significativo che tante nazioni ci invidiano. Ma purtroppo tra il dire (della legge) ed il fare (delle istituzioni chiamate a concretizzare) ci passa un mare…di incertezze. Altra fuliggine che annerisce i nostri valori è data dal clima di riflusso nel privato, di paura della diversità, di messa in discussione di tutto e del suo contrario che vibra nell’italico stivale da nord a sud.
Tornando all’integrazione degli studenti disabili, dobbiamo registrare oltre 30 anni di progressi. Infatti nel 1977 veniva promulgata la legge 517, formalizzazione di una delle conquiste più importanti della scuola italiana: l’inserimento nelle classi normali degli alunni con disabilità. Una conquista che ha dato alle famiglie, agli alunni e alla scuola contenuti, opportunità e approcci nuovi, che hanno cambiato modi di insegnare, di educare, e soprattutto fornito una nuova prospettiva culturale nei confronti di queste persone. Queste conquiste hanno migliorato la scuola e la società civile e tale processo, tra spinte in avanti e qualche passetto indietro, ha dato senso e motivazione al lavoro di tanti operatori scolastici, alle famiglie, ai bambini e ragazzi.
Marco Espa, consigliere regionale della Sardegna e papà di una ragazza con grave disabilità, afferma che «la scuola italiana è tra le più inclusive nel panorama internazionale, con una serie di risultati da parte di un sistema educativo che ha regalato dignità e promozione a tantissimi ragazzi e famiglie». Fa eco Salvatore Nocera, vicepresidente della Federazione italiana superamento dell’handicap (Fish) e tra i massimi esperti nazionali di integrazione scolastica: «Voglio insistere sul valore dell’integrazione come frutto dello scambio relazionale fra alunni con disabilità e compagni, e sul senso pedagogico di questo rapporto che si realizza in classe». Nocera mette anche il dito nella piaga delle difficoltà: «Oggi vi sono almeno tre punti di criticità: il sovraffollamento delle classi, la mancata formazione dei docenti per poter realizzare interventi didattici anche quando non sia presente l’insegnante di sostegno, e i tagli agli enti locali e alle Asl per tutte quelle azioni di supporto agli alunni disabili che la scuola non può fornire».
Sembra dunque di cogliere qualche segnale di stanchezza e di parziale disimpegno. Letizia De Torre, deputato del Pd e già sottosegretario all’istruzione, segnala un allarme per «un’onda di cultura discriminatoria pericolosamente dilagante, che va a minare profondamente la natura inclusiva della scuola italiana che tanto di positivo ha creato».
Ci sembra di individuare almeno tre dimensioni importanti. Una più generica sul fatto che bisogna leggere i giornali con un grande beneficio di inventario, non solo in tema di spiagge monegasche, ma anche di consigli comunali e dintorni. La seconda è che abbiamo un patrimonio scolastico e civile che nessuno ha il diritto di minare, anche se tanti si stanno attrezzando con pale e picconi. Terzo, occorre rimboccarsi le maniche per superare questa politica di paura verso chi è diverso da noi, anche perché tutti siamo diversi da tutti e tutti siamo ricchezza per l’altro. Un grazie al consigliere Pellegrino che, nonostante la brutta scivolata, ci ha dato modo di rinsaldare le fila.