Siamo rimasti indietro
Disattese le promesse fatte dai governi per assicurare cure adeguate contro l’Hiv nei Paesi poveri. L’intervento di mons, Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu.
È fortemente in dubbio la capacità di rispettare le promesse fatte sulla lotta globale all’Aids. A lanciare l’allarme all’assemblea plenaria della Nazioni Unite è stato lo scorso 9 giugno l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa sede presso l’Onu. Più di una le dichiarazioni di impegno sull’Hiv prese da capi di Stato e di governo citate dal presule e che ancora non hanno trovato adeguata applicazione.
Qualche cifra del dramma: 7.400 persone vengono ogni giorno contagiate dall’Hiv; 4 milioni sono attualmente in trattamento e per ogni due che lo iniziano cinque vengono infettate; 9,7 milioni stanno aspettando di essere prese in cura. Quali le indicazioni offerte da mons. Migliore per affrontare in modo realistico le cause e assicurare le cure? «Offrire alle persone maggiore conoscenza, capacità, competenza tecnica e strumenti», indica l’inviato della Santa Sede, che continua: «La mia delegazione raccomanda con forza che si dedichino maggiore attenzione e risorse al sostegno di un approccio basato sui valori e sulla dimensione umana della sessualità, ovvero, su un rinnovamento spirituale e umano che conduca a un nuovo modo di comportarsi con gli altri».
La preoccupazione «per il divario della disponibilità di fondi per i trattamenti antiretrovirali fra i poveri e nelle popolazioni emarginate» è molto forte. I donatori internazionali hanno comunicato ai fornitori legati alla Chiesa cattolica in Uganda, Sudafrica, Papua Nuova Guinea e Haiti di non inserire nuove persone nei loro programmi e che potrebbero anzi esserci nuovi tagli alle cure per chi già le riceve.
Ancora più drammatica la situazione degli interventi sulla popolazione minorile, bisognosa di una diagnosi precoce e di un intervento tempestivo. «Senza questo accesso – sottolinea mons. Migliore – almeno un terzo di questi bambini morirà prima di compiere un anno e almeno metà di essi morirà entro il secondo anno di vita. Questa perdita di future generazioni e di leader non si può più affrontare con il silenzio e l’indifferenza».
Forte il richiamo finale ad una «onesta valutazione delle modalità utilizzate in passato, che potrebbero essersi basate più sull’ideologia che sulla scienza e sui valori» e l’invito ad una «azione determinata che rispetti la dignità umana e promuova lo sviluppo integrale di ogni persona e di tutta la società».